Da gennaio, cinque influencer algerini e un franco-algerino sono stati presi di mira in Francia da procedure per incitamento all’odio, in un contesto di tensioni diplomatiche tra Parigi e Algeri. Queste tensioni sono aumentate ulteriormente con il tentativo di rimandare in Algeria, lo scorso 9 gennaio, il tiktoker “Doualemn”, accusato di aver incitato “dare una severa correzione” ad un avversario algerino, che si è conclusa con un fallimento.
Il Ministero dell’Interno francese ha precisato che Algeri aveva vietato all’uomo di entrare nel Paese, nonostante avesse un passaporto algerino. Da parte sua, Algeri ha affermato che questa reazione mira a garantire il rispetto del diritto al processo di questa persona, che vive in Francia da trentasei anni.
Lo ha affermato, in reazione il 10 gennaio, il ministro degli Interni Bruno Retailleau “L’Algeria cerca di umiliare la Francia”, aggiungendo quello“mantenere la calma (…) dobbiamo ora valutare tutti i mezzi a nostra disposizione nei confronti dell’Algeria”. Il suo collega agli affari esteri, Jean-Noël Barrot, ha aggiunto affermando ciò “La Francia non avrà altra scelta che reagire” E “Gli algerini continuano in questa posizione di escalation”. Ma di quali mezzi dispone la Francia?
► Visti contro lasciapassare consolari
Prima leva: restrizioni sui visti. Nel 2023, la Francia ha rilasciato 209.708 visti agli algerini, al quarto posto dietro a cinesi, marocchini e indiani. Si tratta del 59,8% in più rispetto al 2022. Nel 2021 Parigi aveva infatti annunciato una riduzione del 50% del numero di visti concessi da Algeri, come ritorsione per la sua mancata collaborazione nel rilascio dei lasciapassare consolari, obbligatori per espellere gli algerini privi di documenti. La misura non è rimasta priva di risultati poiché nel 2022 sono stati effettuati 1.876 traslochi e 2.567 nel 2023, contro i soli 828 del 2020.
Ma il tasso rimane basso se sappiamo che il numero di provvedimenti di espulsione emessi nei confronti dell’Algeria supera i 25.000 ogni anno. Inoltre, la misura richiede ancora una volta di entrare in un vero e proprio stallo con Algeri. Può anche creare tensioni in Francia sapendo che quasi 900.000 immigrati algerini, potenzialmente desiderosi di accogliere le loro famiglie, risiedono nel territorio, formando la più grande comunità del paese.
► Mettere in discussione l’accordo del 1968
Firmato all’epoca per definire nuove regole, dopo l’accordo di Evian che consentiva la libera circolazione tra i due paesi dopo l’indipendenza, questo testo conferisce ancora un certo numero di vantaggi agli algerini: in particolare per quanto riguarda il ricongiungimento familiare, più facile; accelerata la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno decennale per il coniuge; o addirittura la regolarizzazione degli immigrati legalmente privi di documenti dopo dieci anni.
A destra, molti chiedono regolarmente la denuncia o la rinegoziazione. Ci ha provato anche Nicolas Sarkozy nel 2010, prima di arrendersi, minacciando ad Algeri di mettere in discussione la cooperazione nella lotta al terrorismo.
► Altre leve citate da Jean-Noël Barrot
Anche gli aiuti allo sviluppo rappresentano una classica leva sulla quale la Francia intende regolarmente esercitare pressioni. Nel 2022, la Francia ha pagato 131,79 milioni di euro per promuovere programmi nel campo della sanità, delle risorse idriche, della diversificazione economica… Ma questa somma, relativamente modesta rispetto al PIL dell’Algeria, lascia sperare solo in un’efficacia relativa.
D’altro canto, la Francia non può decidere unilateralmente di aumentare i suoi dazi doganali nei confronti dell’Algeria, che rientra nell’Unione Europea. Soprattutto perché ciò aumenterebbe il costo dell’importazione di idrocarburi, in un contesto in cui l’Europa cerca di fare a meno del gas russo. Né può congelare i beni dei dignitari algerini, come propone una petizione, senza basi giuridiche legittime.
D’altra parte, ha indicato il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot, Parigi sì “un intero arsenale di risposte diplomatiche, alcune cose diciamo, altre no”.
Tra le leve discrete, mentre molti dignitari algerini vengono a curarsi in Francia o mandano i loro figli a studiare lì, il governo potrebbe essere tentato di ridurre il rubinetto in modo mirato. Ad esempio limitando il numero di passaporti diplomatici concessi ai funzionari algerini.
Ma in ogni caso, Parigi dovrà misurare i benefici e i rischi di queste misure di ritorsione, in un contesto geopolitico in cui Algeri si è avvicinata militarmente alla Russia ed economicamente alla Cina.