Nel ricco mondo dei giochi di ruolo, la fantasia eroica regna sovrana. I titoli che osano esplorare orizzonti veramente atipici stanno diventando rari e Kingdom Come: Deliverance si muove in questo filone con una chiara ambizione: trarre ispirazione dalla storia e offrire un’esperienza coinvolgente con accenti autenticamente medievali. Sette anni dopo la prima opera, gli sviluppatori di Warhorse Studios, fedeli alla loro visione, tornano con un seguito che promette di affinare una formula già consolidata, spingendo al contempo i limiti dell’immersione.
Una progressione naturale e credibile
L’epopea di Henry riprende da dove si era interrotta la prima opera. La guerra rimbomba ancora all’orizzonte e la necessità di radunare nuovi alleati per la causa del nostro signore rimane fondamentale.
Accompagniamo quindi Henry in missione diplomatica al fianco di Hans Capon, l’eccentrico erede della città di Rattay. È insieme che dovranno trasmettere un messaggio a un signore locale ma il loro viaggio si trasforma in un incubo quando una banda di briganti attacca il loro gruppo. Henry è gravemente ferito ed è grazie all’inaspettato aiuto di Hans che riesce a scampare per un pelo al massacro.
Questo incidente serve abilmente la narrazione spiegando il parziale ripristino delle abilità di Henry acquisite nella prima opera. A differenza di altri giochi in cui questo tipo di reset sembra artificiale, Kingdom Come: Deliverance 2 integra questa perdita di abilità in maniera credibile. Henry quindi parte quasi da zero, ma conserva alcune abilità: sa ancora leggere, ricorda le basi del combattimento e tiene a mente la sua esperienza del mondo.
La narrazione incorpora anche diversi cenni ad eventi passati, richiamando sottilmente la storia del primo gioco e consentendo ai nuovi giocatori di seguire il filo senza difficoltà. Inoltre, la maneggevolezza è stata notevolmente migliorata e i tutorial si integrano in modo naturale nell’avventura, senza mai interrompere l’immersione. Che si tratti della gestione dell’interfaccia, dei menu o delle meccaniche di gioco, tutto è stato attentamente riprogettato per rendere l’esperienza più intuitiva, senza sacrificare la ricchezza e la profondità dei sistemi in atto.
I neofiti possono stare tranquilli, le fasi tutorial, lungi dall’essere semplici interruzioni, si inseriscono armoniosamente nella storia. Qui ogni apprendimento avviene in un contesto narrativo coerente, prolungando l’avventura offrendo spiegazioni chiare. Un approccio che permette di assimilare le meccaniche del gioco rimanendo immersi nella vera storia del gioco e nel suo elaborato universo medievale.
Perché sì, se c’è qualcosa che distingue Kingdom Come: Deliverance 2, è la sua attenzione ai dettagli. Sia nella finezza del suo gameplay, nella coerenza del suo ambiente o nel modo naturale in cui ci attira nel suo mondo, tutto converge per offrire un’esperienza di rara immersione.
Kingdom Come: Deliverance 2 non si limita a raccontare una storia, ci porta in una vera e propria avventura, vibrante di realismo e trasudante la passione degli sviluppatori per il loro argomento. Per gli appassionati dell’epica medievale, il viaggio promette già di essere molto convincente, anche se abbiamo potuto esplorare solo una piccola parte del titolo durante le nostre 15 ore di gioco per la versione di anteprima.
Realismo come parola chiave
L’essenza stessa di un gioco di ruolo si basa sulla sua capacità di affascinare il giocatore fin dai primi minuti e di fargli dimenticare la sedia e il controller per immergerlo anima e corpo nell’universo che offre. Buone notizie, Kingdom Come: Deliverance 2 eccelle in quest’arte proprio come la prima opera. Fin dai primi istanti, il gioco ci affascina già con i suoi paesaggi mozzafiato, ispirati alla Boemia dell’inizio del XV secolo. Una semplice carrellata di un castello fortificato arroccato su una collina, un volo sopra un bosco dove passano i cervi, e subito avviene l’immersione.
Come sequel, Kingdom Come: Deliverance 2 spinge necessariamente ancora più in là la preoccupazione per il realismo, sia nelle meccaniche di gioco che nel rispetto dei dettagli storici. Henry, il nostro protagonista, deve mangiare, dormire e prendersi cura della propria igiene e del proprio abbigliamento, perché questi elementi influenzano direttamente le sue interazioni sociali. Così, un Henry trascurato e puzzolente potrà ammaliare certe contadine sensibili al suo odore “virile”, ma la sua discrezione ne risentirà terribilmente. Al contrario, un abbigliamento curato faciliterà gli scambi con i membri della nobiltà. Queste meccaniche, lungi dall’essere semplici artifici, arricchiscono profondamente il gioco e ovviamente rafforzano l’immersione. Alcune abilità, una volta sbloccate, permettono anche di modulare questi vincoli, ma sempre con ricompense che invitano a scelte strategiche.
Queste relazioni sociali, particolarmente ben integrate, aggiungono un’evidente ricchezza narrativa e ludica all’esperienza di gioco e ogni interazione, ogni scelta, trova un’eco in questo universo vivente, rafforzando il sentimento di appartenenza al mondo che il gioco ci dispiega davanti.
L’attenzione ai dettagli che caratterizza Kingdom Come: Deliverance 2 si estende anche alla vita quotidiana degli NPC, le cui interazioni con l’ambiente sono più credibili e varie che mai. Come nella prima opera, è possibile vestire i panni del fabbro, dell’erborista (preparando pozioni) o anche riparare i propri vestiti nei laboratori di tessitura, e va notato che queste attività sono state riprogettate per essere più accessibili grazie a tutorial chiari e gestione semplificata.
Facciamo un esempio notevole: durante una sessione alla fucina, nei pressi di una movimentata taverna, abbiamo passato un’intera giornata a progettare e riparare vari attrezzi e durante questo periodo, il viavai degli abitanti del villaggio ha dato luogo a una moltitudine di aneddoti . Tra un marito troppo ubriaco che veniva rimproverato dalla moglie e i pettegolezzi che fuoriuscivano dalle conversazioni all’osteria, una vera vita medievale sembrava prendere vita intorno a noi anche se eravamo già molto occupati. Sono questi piccoli momenti, lungi dall’essere ripetitivi, che rafforzano la credibilità del mondo di Kingdom Come: Deliverance 2.
L’arte del dettaglio al servizio dell’avventura
Se queste prime impressioni saranno confermate per l’intero gioco, Kingdom Come: Deliverance 2 è sulla buona strada per farci vivere davvero un viaggio davvero indimenticabile. L’esperienza che abbiamo avuto è dovuta in gran parte anche all’attenta direzione artistica del gioco, ma anche ai suoi progressi tecnici, essendo i bug molto meno presenti rispetto al suo predecessore.
Graficamente i panorami sono semplicemente magnifici e la modalità foto rischia di farci riempire l’SSD a una velocità pazzesca. Sicuramente permangono alcuni problemi di ottimizzazione: l’illuminazione a volte può lampeggiare durante i filmati, soprattutto quando si cambiano le inquadrature della telecamera, la distanza di visualizzazione può causare la comparsa improvvisa di elementi di scenario su grandi aree aperte e la recitazione vocale di alcuni NPC non sempre si attiva correttamente. Tuttavia, queste imperfezioni non hanno nulla a che vedere con il lancio caotico della prima opera. Un mese prima del rilascio ufficiale, questi problemi tecnici rimangono completamente correggibili.
Sulla serie Xbox Abbiamo avuto la possibilità di provare il gioco anche su PC (con una RTX 4070 Super) e lì il gioco gira, ovviamente, in condizioni migliori. È più fine, ha dettagli migliori e, inevitabilmente, un framerate più alto. Anche così, la versione Xbox Series X non ha nulla di cui vergognarsi e offre una copia completamente onorevole.
Per tornare all’aspetto del “viaggio indimenticabile”, Kingdom Come: Deliverance 2 perpetua un’esplorazione organica degna dei più grandi giochi di ruolo e senza prendere per mano il giocatore. Qui non ci sono mappe saturate di punti di interesse artificiali. È il mondo stesso a guidare la nostra curiosità: un villaggio annidato nell’incavo di una collina attira l’attenzione o i pettegolezzi ascoltati all’osteria rivelano l’ubicazione di un tesoro. Un mondo che sembra realizzato con cura e invita in modo del tutto naturale all’avventura.
Quindi ovviamente abbiamo avuto l’opportunità di partecipare ad alcune missioni secondarie, e sono lungi dall’essere aneddotiche, la maggior parte di esse sono davvero pulite e accattivanti. Ma non è solo una questione di gloria o ricchezza: ogni missione ha un valore reale, che si tratti della scrittura, dei colpi di scena narrativi o delle ricompense inaspettate, come risorse preziose o equipaggiamenti unici. È il tipo di gioco in cui una semplice conversazione con un mascalzone può trasformarsi in un’avventura imprevista, sia che finisca male contro i banditi o un signore locale, sia che prenda una piega più leggera nella taverna locale..
Proprio come il suo predecessore, il gioco non manca di umorismo e la situazione comica è onnipresente, sia attraverso dialoghi gustosi che scene grottesche. Hans Capon, fedele a se stesso, è una fonte inesauribile di buffonate che danno regolarmente luogo a situazioni tanto improbabili quanto esilaranti.
Durante questa anteprima abbiamo potuto esplorare solo la prima parte del gioco, prima che la trama principale venisse svelata completamente. I contenuti offerti in queste prime ore sono però già consistenti e ci siamo allegramente persi in questo ricco universo concatenando quest secondarie ed esplorandone ogni angolo. Risultato: ben quindici ore trascorse sul gioco, senza nemmeno concentrarsi sulla quest principale.
Stai tranquillo, niente ti obbliga a intraprendere missioni secondarie. Ma ignorarli significherebbe perdere avventure a volte memorabili, storie avvincenti e personaggi tanto ricchi quanto intriganti.
Come puoi vedere, la nostra prima esperienza in Kingdom Come: Deliverance 2 è stata finora un grande successo e non vediamo l’ora di continuare l’avventura. Vi ricordiamo che il gioco sarà disponibile il 4 febbraio.