l’essenziale
A dieci anni dagli attacchi terroristici a Charlie Hebdo, Montrouge e Hyper Kosher, il ricordo e la persistenza di “Je suis Charlie. »
Dieci anni fa, il 7 gennaio 2015, la Francia entrava in un terribile tunnel di attentati terroristici che volevano distruggere la nostra democrazia, il nostro modo di vivere, la nostra libertà di pensare, di credere o di non credere, il nostro modo di convivere, tutto noi, cittadini liberi ed uguali dalla Rivoluzione del 1789. I terroristi Daesh non avranno raggiunto i loro obiettivi perché si sono trovati di fronte un popolo che si è opposto, immensamente resiliente, sostenuto da paesi di tutto il mondo, pronto a resistere al suo fianco in il viso dell’oscurantismo.
I francesi forse non percepivano ancora in sé questa forza, il 7 gennaio 2015, quando le notifiche sui loro smartphone, poi i flash speciali delle radio e i continui notiziari raccontarono l’impensabile. La redazione di Charlie Hebdo, l’impertinente settimanale satirico, era appena stata aggredita nei suoi locali di rue Nicolas Appert l’11e quartiere di Parigi.
Una redazione decimata
I jihadisti, vestiti tutti di nero e armati di kalashnikov, entrano prima al numero 6, ma non è l’indirizzo giusto. Bersagliato da minacce ricorrenti dopo la pubblicazione delle caricature del profeta Maometto, disegnate da Charb, Charlie Hebdo temeva per la sua sicurezza e i suoi locali erano quasi segreti, con porte blindate e protezione rinforzata della polizia… Minacciando un impiegato vicino, i fratelli Chérif e Saïd Kouachi finiscono per entrare al numero 10. Nell’atrio dell’edificio, uccidono un addetto alla manutenzione, Frédéric Boisseau, quindi costringono il designer Coco ad aprire la porta alla scritta.
Atterrando nel bel mezzo di una riunione, al grido di “Allahu Akbar”, i terroristi hanno ucciso 10 persone. Michel Renaud, ospite di passaggio e l’ufficiale di polizia Franck Brinsolaro responsabile della stretta sicurezza di Charb, poi i membri della redazione: Cabu, Charb, Tignous, Honoré, Wolinski, Bernard Maris, Mustapha Ourrad e Elsa Cayat. Dopo cinque minuti di sparatoria, Chérif e Saïd Kouachi sono fuggiti, hanno sventato i posti di blocco della polizia e hanno sparato ad Ahmed Merabet, uno dei due agenti di polizia che cercavano di disarmarli. Al termine di questa giornata che ha provocato 12 morti e 11 feriti, François Hollande ha annunciato che il piano Vigipirate “Attack Alert” era stato attivato in tutta l’Île-de-France.
Ma l’odio terroristico continua anche il giorno successivo. Mentre l’attenzione è concentrata sulla tragedia che ha colpito Charlie Hebdo, Amedy Coulibaly uccide un’agente di polizia, Clarissa Jean-Philippe, a Montrouge, poi prende in ostaggio personale e clienti del supermercato Hyper kosher a Porte de Vincennes e uccide quattro persone di fede ebraica, Yohan Cohen, Yoav Hattab, Philippe Braham e François-Michel Saada. Coulibaly viene ucciso a colpi di arma da fuoco durante il RAID e l’assalto BRI.
A nord di Parigi, i fratelli Kouachi continuano il loro viaggio e trovano rifugio in una tipografia dove prendono in ostaggio il manager prima di liberarlo. Un dipendente dell’azienda, rimasto nascosto nei locali, è riuscito a comunicare informazioni preziose al GIGN, che ha ricevuto il via libera da François Hollande per attaccare e uccidere i terroristi dopo ore di trattative infruttuose.
Unità nazionale intorno a “Je suis Charlie”
Trent’anni dopo gli attentati che, da rue des Rosiers a rue de Renness, avevano devastato il Paese, la Francia è ancora una volta toccata al cuore dal terrorismo. Un terrorismo che sceglie i suoi obiettivi: giornalisti, ebrei, agenti di polizia. Lo shock è tanto più immenso in quanto tutti possono sentire quasi personalmente la perdita delle vittime, poiché Cabu e Wolinski erano conosciuti e apprezzati da diverse generazioni.
I francesi hanno scoperto anche il pubblico ministero François Molins, la cui franchezza, freddezza e spiegazioni precise fornite con la sua voce calda hanno rassicurato i francesi e hanno impedito la frenesia dei media e il panico generale. La Francia, minacciata più volte per le sue operazioni esterne in Africa e in Medio Oriente da Al-Qaeda o Daesh, misura in ogni caso quanto la minaccia terroristica possa concretizzarsi sul suo territorio ma anche quanto, dietro questi assassinii, ci sia la posta in gioco. anche altro, dell’ordine del simbolo e dei valori fondativi della Repubblica.
È giunto il momento dell’unità nazionale e i francesi, istintivamente, carnalmente, spontaneamente lo hanno capito. Questa unità alla quale spesso corriamo è costruita questa volta in modo naturale dai raduni di francesi in tutta la Francia che, con penne e matite in mano, dicono no al terrorismo e vogliono difendere la libertà di espressione e la libertà di criticare le religioni. .
Poi appare e si diffonde ovunque uno slogan: “Je suis Charlie” in lettere bianche su sfondo nero. Un grido del cuore, un segnale d’allarme che andrà oltre i nostri confini, echeggiato nelle redazioni dei giornali di tutto il mondo e dai loro lettori. Ciò che è accaduto in Francia diventa allora un fatto internazionale di grande portata, che riguarda il mondo intero, perché tutto il mondo è minacciato dal terrorismo.
Il mondo con un popolo in piedi
E il mondo intero si incontrerà a Parigi l’11 gennaio per una marcia repubblicana silenziosa, solenne, toccante. In mezzo ai francesi accorsi in massa per le strade della capitale e mentre dal giorno prima si organizzano centinaia di manifestazioni in tutto il Paese, François Hollande fa breccia tra la folla con al suo fianco decine di capi di Stato e di governo, da Angela Merkel a Benyamin Netanyahu, da Mahmoud Abbas a David Cameron, da Macky Sall a Ibrahim Boubacar Keïta, sono venuti a manifestare la loro solidarietà e il loro desiderio di lottare contro il terrorismo.
Dieci anni dopo vediamo quanto storica sia stata questa marcia, dieci anni dopo vediamo anche come il “Je suis Charlie” sia svanito di fronte all’assalto della disinformazione manipolata sui social network, di fronte ai dibattiti odiosi esacerbati da alcuni media, di fronte alla polarizzazione della società provocata dai populisti di ogni genere.
Ma dieci anni dopo Charlie – poi il Bataclan e Nizza – resta l’idea che di fronte alla barbarie, di fronte all’intolleranza, di fronte all’oscurantismo religioso, nella Francia, erede di Voltaire e dell’Illuminismo, di Jean Jaurès e Jean Moulin, ci sarà sempre un popolo in piedi.