UÈ passato un decennio, ma la Francia non è più stata la stessa. Gli attentati jihadisti del 7, 8 e 9 gennaio 2015, a Parigi e a Montrouge (Hauts-de-Seine), hanno costituito, per la “patria dei diritti umani”, uno shock di violenza comparabile, tutto sommato. , a quello dell’11 settembre 2001 per gli Stati Uniti. In Francia non è stato preso di mira il simbolo del potere finanziario, ma un duplice patrimonio inestimabile e fondamentale, quello della libertà di espressione e quello del diritto degli ebrei francesi a vivere in pace nel loro Paese.
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Durante questi tre giorni terribili, tre terroristi islamici, tutti francesi, hanno voluto farlo “vendicare il profeta Maometto”ha ucciso 17 persone con armi da guerra. Nei locali di Charlie HebdoLa mattina del 7 gennaio, la carneficina lasciò 12 vittime tra cui otto membri della redazione del giornale, personalità popolari, emblematiche della tradizione francese della satira e della libera critica di ogni forma di pensiero, compreso quello religioso. Il giorno successivo, un agente della polizia municipale è stato colpito da colpi di arma da fuoco nei pressi di una scuola ebraica, probabilmente presa di mira dal suo aggressore. Poi, il 9 gennaio, quattro clienti dell’Hyper Cacher di Porte de Vincennes, presi di mira perché ebrei, furono uccisi a sangue freddo.
L’esplosione del gennaio 2015 sarebbe stata meno sorprendente se il segnale tragico che si era udito, nel 2012, fosse stato il massacro compiuto da un altro terrorista islamista nella regione di Tolosa, mortale a tre soldati e poi a quattro ebrei, tra cui tre figli di la scuola di Ozar-Hatorah. Ciò nonostante costituisce “una data cruciale per la gravità degli attentati terroristici, ma anche per l’esportazione del jihad in Europa”secondo l’ex procuratore di Parigi François Molins.
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Da allora, dalla sala parigina del Bataclan allo Stade de France (Seine-Saint-Denis), da Nizza a Magnanville (Yvelines) e da Saint-Etienne-du-Rouvray (Seine-Maritime) a Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines ) ) e Arras, il paese non ha mai smesso di confrontarsi con questa situazione “barbarie assoluta” denunciato dal presidente delle assise incaricato di giudicare l’assassinio di Samuel Paty, professore di storia e geografia assassinato nel 2020.
Vigilanza quotidiana
Di portata eccezionale e apparentemente unanimi, le manifestazioni organizzate in risposta agli attentati del gennaio 2015 sembrano molto distanti. Certamente, e questo è già immenso, sotto questi molteplici colpi, la Francia ha resistito alla tentazione delle leggi eccezionali e della violenza tra comunità. La giustizia ha condannato i complici degli assassini durante processi esemplari. Ma come non paragonare lo choc causato dalle ripetute carneficine commesse dai francesi radicalizzati ai successi elettorali di un’estrema destra che ha fatto il suo miele dall’amalgama tra immigrazione e islamismo?
Come non deplorarlo? “Io sono Charlie” hanno lasciato spazio al relativismo sulla libertà di espressione e sul diritto alla blasfemia, soprattutto tra le generazioni più giovani? Come non notare che queste ripetute tragedie e il loro spesso cinico sfruttamento politico non hanno fatto altro che ampliare il divario sulla laicità, un valore storicamente di sinistra di cui la destra e l’estrema destra stanno cercando di appropriarsi? Come non allarmarsi per le preoccupazioni e il senso di isolamento che provano gli ebrei francesi di fronte all’aumento degli atti e delle espressioni antisemite troppo spesso tollerati con il pretesto della critica a Israele?
Al di là dell’essenziale dovere di memoria nei confronti delle vittime, l’anniversario degli attentati del 2015 dovrebbe servire a ricordare la fragilità dell’eredità universalista dell’Illuminismo. Né la libertà di espressione – in particolare quella delle vignette stampa – né il principio di laicità, che rispetta le religioni ma si impone su di esse e permette la convivenza, né lo Stato di diritto, che sottopone le incriminazioni alla legge, non sono conquiste definitive. Sono valori che richiedono la vigilanza quotidiana e la mobilitazione di tutti.
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