Il Consiglio federale farebbe arrestare il primo ministro israeliano su mandato d’arresto della Corte penale internazionale (CPI) dell’Aia? Il 10 dicembre Berna non ha risposto alla domanda del consigliere nazionale Daniel Sormanni (MCG/GE). Tuttavia, fa ancora notizia in vista del World Economic Forum (WEF), dove generalmente si recano i capi di stato. In un’intervista a “SonntagsBlick”, l’ex diplomatico svizzero Didier Pfirter – che ha partecipato alla creazione della CPI – ha ricordato che la Svizzera sarebbe tenuta ad arrestare Benyamin Netanyahu se si fosse recato a Davos. In quanto Stato parte della Corte penale internazionale (CPI), la Svizzera deve eseguire i suoi mandati di arresto incondizionatamente. “Non spetta a noi giudicare se la decisione della Corte sia giustificata o meno”, precisa.
“Netanyahu si guarderà bene dal recarsi in Svizzera senza avere la certezza che non verrà arrestato”, osserva Didier Pfirter. Ma, precisa, se Berna gli concedesse tale immunità, ciò costituirebbe una violazione degli obblighi del nostro Paese, il che sarebbe “disastroso”.
Se la Svizzera non percepisse più i propri obblighi «solo selettivamente, a seconda della vicinanza politica che un imputato avrebbe con noi, si verificherebbe una politicizzazione della CPI», sostiene il diplomatico in pensione. Per lui la messa al bando di Hamas da parte del Parlamento rappresenta quindi una rottura con l’attuale pratica svizzera che consiste nel mettere al bando atti e non organizzazioni. Teme che ora il nostro Paese venga messo sotto pressione affinché bandiscano anche altre organizzazioni, come il PKK curdo. “Avremo difficoltà a discutere se non lo facciamo”, conclude.