Queste fotografe sotto i riflettori ad Arles

Queste fotografe sotto i riflettori ad Arles
Queste fotografe sotto i riflettori ad Arles
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Hvergogna per le donne! Molte delle mostre proposte ai Rencontres d’Arles, nell’estate 2024, mettono in risalto le prospettive femminili. Da Mary Ellen Mark a Sophie Calle, da Cristina De Middel a Kourtney Roy passando per Ishiuchi Miyako, Punto te ne porta dieci da non perdere in nessuna circostanza.

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Meraviglie giapponesi

È una parte poco conosciuta della fotografia giapponese, dagli anni Cinquanta a oggi, che viene svelata attraverso la mostra collettiva “What a joy to see you” in programma al Palazzo Arcivescovile. Gli artisti che scopriamo hanno una cosa in comune: sono tutte donne. Ma appartengono a tutte le generazioni della fotografia giapponese. Da Yamazawa Eiko (1899-1995) a Katayama Mari (nato nel 1987), i 25 creatori di immagini selezionati offrono un sontuoso panorama della creazione giapponese contemporanea. Surrealiste o documentaristiche, analitiche o poetiche, le loro opere abbracciano tutti gli stili e mescolano una bellissima varietà di sensibilità. Riuniti per la prima volta, offrono una visione caleidoscopica della vita nell’arcipelago. Ci siamo innamorati dei paesaggi miracolosi di Narahashi Asako (foto) e delle miniature poetiche di Rinko Kawauchi.

*Palazzo Arcivescovile, 35, Place de la République.

Inclassificabile Mary Ellen Mark

Al confine tra reportage e fotografia documentaria, il lavoro di Mary Ellen Mark (1940-2015) è inclassificabile. “È difficile qualificare il suo lavoro, mettergli un’etichetta”, riconosce Caroline Bénichou che gli dedica una monografia nella collezione Photo Poche (Actes Sud). Dopo aver studiato pittura e storia dell’arte all’Università della Pennsylvania, un viaggio in Europa e poi in Turchia nel 1965 spinse la giovane a diventare reporter freelance per Vita e il New York Times. Reclutata dall’agenzia Magnum nel 1977, Mary Ellen Mark non si è limitata a coprire le notizie del suo tempo. Imposta il fotografo sul set di Satyricon di Federico Fellini o di Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman, moltiplica anche gli argomenti di approfondimento sui bordelli di Bombay o sui circhi di Madras. Il suo talento è espresso in modo unico nei ritratti che ha creato nel corso della sua vita. Testimoniano la sua straordinaria capacità di farsi dimenticare dai suoi modelli e di far emergere, in essi, un fascino insospettabile al crocevia tra lo strano e il sublime.

*Espace Van Gogh, piazza del Dottor Félix-Rey.

La scomoda Kourtney Roy

Il mondo di Kourtney Roy (classe 1981) dispiega un immaginario segnato dal cinema hollywoodiano di David Lynch e influenzato da una coppia di grandi fotografi: Guy Bourdin e Cindy Sherman. In ciascuna delle sue immagini, disegnate come i figurini della prima, assume un ruolo diverso, come la seconda! Così facendo, disegna i contorni di un universo intimo abitato da una moltitudine di enigmatici avatar. Originaria del Canada, dove è cresciuta accanto a un padre cowboy, la fotografa qui confronta il suo teatro interiore con le composizioni musicali di Mathias Delplanque. La coppia è la sesta vincitrice del premio Swiss Life dalla sua creazione nel 2014.

*L’Aire, 25, rue Porte-de-Laure.

Le divertenti finzioni di Debi Cornwall

Le finzioni offrono uno strano specchio alle nostre società. La mostra “Model Citizens” di Debi Cornwall ce ne fornisce la prova esplorando tre tipologie di mondi immaginari. Il primo è tratto da scenari di guerra simulati militari utilizzati per addestrare le truppe americane. In una decina di basi, Debi Cornwall ha cercato le tracce di un paese immaginario (chiamato “Atropia”) la cui popolazione, a volte incarnata da soldati, a volte da comparse, è ostile agli Stati Uniti. Il secondo proviene dai musei di storia che presentano sistematicamente gli Stati Uniti come un paese eroico, vittima innocente di aggressioni esterne. L’ultimo è quello trasmesso dai comizi conservatori di Donald Trump… In che misura queste performance modellano il modo, l’identità di un popolo e il suo modo di considerare il concetto di cittadinanza? Spetta a ogni spettatore rispondere a questa domanda delicata.

*Espace Monoprix, Place Lamartine.

Sophie Calle: vita e morte delle foto

La questione della fine ossessiona Sophie Calle. Il fotografo lo riconosce facilmente, avendo acquisito tre tombe funerarie in tre cimiteri diversi, in Francia e negli Stati Uniti. Quando, l’estate scorsa, piogge tempestose si sono infiltrate nel magazzino dove conservava le sue stampe e su alcune delle sue foto ha cominciato ad apparire della muffa, l’artista ha voluto vedere questo come un segno. Soprattutto perché il disastro ha colpito solo alcune delle sue opere. La serie più colpita dai funghi (Il cieco) riunisce i ritratti di ciechi realizzati a metà degli anni ’80, non potendo buttare via queste immagini come suggerivano coloro a lui vicini, l’artista le espone nei Criptoportici. Scarsamente illuminate, le gallerie sotterranee che corrono sotto il municipio offrono lo scenario ideale per questa installazione crepuscolare, chiamata “Finishing in beauty”.

*Criptoportici. Accesso tramite il municipio.

L’Odissea di Cristina de Middel

Dal Messico dove vive oggi, Cristina de Middel documenta i tentativi dei migranti “illegali” di entrare negli Stati Uniti. Da Tapachula, cittadina al confine con il Guatemala, a Felicity, cittadina della California ribattezzata il “Centro del Mondo”, immortala il viaggio dei latinoamericani che vogliono tentare la fortuna a nord del Rio Grande. Lei inserisce maliziosamente, al centro di questo rapporto, immagini artificiali volte a denunciare l’approccio semplicistico che possiamo avere nei confronti del fenomeno migratorio. Sarai in grado di riconoscerli?

*Chiesa dei Fratelli Predicatori, vicolo cieco Abbé-Grégoire.

Città sotto tensione di Randa Mirza

Randa Mirza espone sette serie fotografiche scattate a Beirut a partire dai primi anni 2000. Riunite sotto il titolo evocativo “Beirutopia”, questa collezione mostra l’evoluzione della capitale libanese nell’arco di due decenni. Con la fine della guerra civile, l’artista sperava che la città tornasse ad essere il centro di attrazione che era negli anni ’60. Ma la crisi politica in cui si trovò il paese significò diversamente. Le immagini che firma, a volte chiamate “Jeanne e Moreau” (un duo che forma con l’artista Lara Tabet che condivide la sua vita), sono particolarmente eloquenti: confrontano gli scatti prima e dopo l’esplosione dal porto del 4 agosto 2020!

*Maison des Peintres, 43, boulevard Émile-Combes.

Les nature morte di Ishiuchi Miyako

Ha uno sguardo scintillante, un senso della formula che colpisce nel segno e la figura di una ragazzina. Ishiuchi Miyako, tuttavia, non è un principiante. A 77 anni, l’artista ha ricevuto il premio Women in Motion di quest’anno dal gruppo Kering (i cui proprietari possiedono anche Punto) e i Rencontres d’Arles. Il fotografo ha sempre lavorato su soggetti seri e dolorosi, dal significato esistenziale. Tre serie emblematiche di questo artista sono visibili nella sala Henri-Comte. Le immagini che le compongono immortalano oggetti lasciati da chi è scomparso: la madre dell’artista, le vittime del bombardamento di Hiroshima o un’amica di Ishiuchi. Un modo per registrare su carta ciò che è invisibile: il tempo che passa e i ricordi che restano.

*Salle Henri-Comte, 28, rue de l’Hôtel-de-Ville.

Vimala Pons sotto la lente di Nhu Xuan Hua

La conoscevamo come attrice, artista circense e regista, ecco che arriva Vimala Pons… artista visiva. Vera donna camaleontica, l’artista oggi incarna, davanti all’obiettivo del fotografo franco-vietnamita Nhu Xuan Hua (classe 1989), diversi modelli di “donne potenti”. Dalla navigatrice Florence Arthaud alla “tata dell’inferno” della serie tv Francine Joy Fine, dall’attrice Drew Barrymore all’ex capo del governo Angela Merkel passando per la Spice Girl Mel C (foto), Vimala Pons coglie le fattezze (e guardaroba) di tutte queste grandi figure femminili a turno. Alcune scene potrebbero essere intriganti. Il duo ha infatti optato per una forma di umorismo burlesque per ravvivare il loro messaggio.

*Paradiso e inferno, nella chiesa Saint-Blaise, 33, rue Vauban.

Coline Jourdan, l’inquinamento negli occhi

Come possiamo spiegare gli effetti dannosi dell’attività mineraria sull’ambiente? Come dimostrare il progressivo avvelenamento della fauna e della flora della valle dell’Aude dove da anni vengono scaricate tonnellate di arsenico? Probabilmente fissando a lungo la natura che ci circonda e concentrando lo sguardo su dettagli significativi. Questa è la scommessa che Coline Jourdan ha fatto con il suo progetto “Raise the Dust”. Negli ultimi tre anni il fotografo ha percorso il territorio dell’ex miniera d’oro e di arsenico Salsigne, situata nella valle dell’Orbiel. Questa miniera ha sicuramente reso prosperi i villaggi circostanti, ma quando ha chiuso nel 2004, ha lasciato dietro di sé anche rifiuti estremamente tossici che ora sono sparsi nel paesaggio. Rilevare gli indizi di questa complessa realtà è l’obiettivo dell’artista che ha accompagnato squadre di scienziati durante le campagne di campionamento effettuate per comprendere la portata della tragedia ambientale in corso. Un’opera premiata dal premio Scoperta del luogo della fotografia a Lorient con il sostegno della Fondazione Louis-Roederer e della rivista Polka.

*Espace Monoprix, Place Lamartine.

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