È una crisi che angoscia i leader della Terza Repubblica. Non solo abbiamo sempre meno bambini in Francia, ma ne abbiamo anche meno dei nostri vicini. Assimilato ad una forma di “decadenza morale”, questo spopolamento fu molto evidente durante tutto il XIX secolo, poiché la crescita demografica fu solo del 23% in Francia tra il 1820 e il 1870, rispetto al 48% in Gran Bretagna e al 57% in Germania.
Risultato: nel 1900 la Francia contava solo 39 milioni di abitanti, ben lungi dal competere con la Germania (56 milioni) e la Russia (126 milioni). Perché questa mancanza di respiro? Vengono avanzate diverse ipotesi: elevata mortalità infantile, epidemie e condizioni antigeniche legate alla recente industrializzazione, alcolismo, malnutrizione, impatto della guerra del 1870, ecc.
Riusciamo perfino a convincerci che questa crisi testimonia una superiorità morale: “la razza francese, più intellettuale, più artistica, più cerebrale, è, in generale, meno soggetta di ogni altra a questo riflesso di spontaneità che porta tutte le specie a riprodursi”, ha affermato la filosofa e scienziata Clémence Royer davanti alla Società Antropologica di Parigi nel 1890.
Ovaie e contro tutti
Ma i politici non sono tanto interessati alle cause della crisi demografica quanto alle sue conseguenze: un tasso di natalità inferiore a quello dei vicini europei potrebbe avere gravi ripercussioni. Penalizzerebbe la crescita della popolazione nel medio termine e quindi arresterebbe la crescita della produzione industriale e agricola.
Inoltre, indebolirebbe la forza dell’esercito – una prospettiva pericolosa in un contesto di rivalità franco-tedesca acuita dalla guerra del 1870. “I nostri eserciti non riuniscono più i soldati essenziali per la sicurezza del paese”, avverte uno giornalista nel 1913. “Siamo minacciati di sommersione definitiva nel diluvio delle nazioni vicine, che sono troppo prolifiche”.
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