La Vestale di Spontini secondo Lydia Steier all’Opéra Bastille – Un’altra occasione mancata! – Rapporto, relazione

-

La Vestale, unica opera ancora eseguita da Spontini, realizzata a Parigi nel 1807, potrebbe essere maledetta? Undici anni fa, al Théâtre des Champs-Elysées, Eric Lacascade non riuscì a mettere in scena quest’opera di transizione, caratteristica dello spirito neoclassico del Primo Impero, sulla quale Lydia Steier – all’origine di un terribile Salomè ripreso il mese scorso (1) – non fa meglio sul palco della Bastiglia. Il libretto di Etienne de Jouy non è sicuramente il più emozionante che ci sia, ma quanti pezzi soffrono di questo handicap senza che questo costituisca un ostacolo.

Lydia Steier © Sandra Poi

Di fronte a questo soggetto classico in cui i sostenitori del potere religioso e militare si scontrano violentemente, Lydia Steier si accontenta di trasporre l’antica Roma dalla trama alla società immaginata da Margaret Atwood nel suo Servo scarlatto (romanzo di fantascienza distopico pubblicato nel 1985 con il titolo originale di racconto dell’ancella). Così i precetti di questo governo teocratico descritti dal romanziere vengono applicati a quelli raffigurati da de Jouy nella sua Vestale: popolazioni sottoposte alla forza, all’oppressione, all’oscurantismo, alle torture, alle esazioni e ai lunghi cortei formano così la cornice di questa lettura allo stampino molto poco sfumato. Mentre il quartier generale della Repubblica di Galaad si trova all’Università di Harvard, quello che ci riguarda si vede trasferito nell’Anfiteatro della Sorbona, mecca del sapere dove ogni speranza è delusa. Tra uno spietato Sovrano Pontefice (che rappresenta i militari) e una sadica Gran Vestale (che rappresenta i religiosi) la coppia Licinio/Giulia, vittime di leggi autoritarie e arbitrarie, si vedono brutalizzati, oltraggiati, maledetti davanti, per miracolo, alla fiamma del fuoco. il sacro che Julia ha dovuto guardare non si riaccende e la salva da una morte predetta.

© Guergana Damianova – OnP

Sebbene Lydia Steier ci assicuri nel programma che “cerca di intrattenere il pubblico” e che “se mai venissi invitata di nuovo qui sarebbe fantastico se fosse per qualcosa di completamente diverso – qualcosa di leggero e comico forse”, non è con questa nuova proposta, sicuramente meno scandalosa, che Salomèma pur sempre molto morbosa, che riuscirà a far apprezzare il suo stile.
Accolto da una bellissima bronca, il suo spettacolo si diletta nella violenza gratuita per ricordarci che l’uomo è sempre stato lupo per l’uomo e che la Storia non fa altro che ripetersi. Quanto ha ragione! Ma non poteva dirsi che queste immagini, viste mille volte sui palcoscenici di tutto il mondo, di parate militari che evocano le ore buie dei regimi dittatoriali, mescolate a quelle dell’Inquisizione (questi roghi, queste persone torturate…) o le processioni passate attraverso il prisma di Hollywood finiscono per risultare noiose… E non è forse sconcertante l’aver sostituito la sacra fiamma del Tempio di Vesta con un magro rogo di libri posto al centro del celebre anfiteatro! A ciò si aggiunge che se la regista si prendesse il tempo per dirigere correttamente i suoi attori, il suo lavoro ne risentirebbe, ma a lei non sembra importare, il che alla fine non è grave.

© Guergana Damianova – OnP

Soffrendo, Elza van den Heever, già protagonista del Salomè già citata, ha lasciato il posto, la sera della première, a una quasi sconosciuta, Elodie Hache. Il soprano, che conosceva chiaramente sia il ruolo che la messa in scena, ha raccolto coraggiosamente la sfida, mostrando evidenti segni di tensione nel famoso “Toi que j’implore” e una tendenza allo strangolamento nella gamma medio-alta prima di ritrovare il tono, padroneggiare la gamma, dimostrano un tono acuto vicino a quello della Devia dell’ultimo decennio e una dizione franca. Perfettamente a suo agio con questa prosodia, questo registro e questo carattere fintamente duro, Michael Spyres (Licinio) è il grande trionfatore di questa rappresentazione con il magnifico Sovrano Pontefice di Jean Teitgen, la cui forza vocale e potenza espressiva suscitano l’ammirazione.

Bertrand de Billy © Marco Borggreve

Stesse riserve di quando ascolta la sua Gertrude (Amleto in questo set nel 2023) nei confronti del mezzo Eve-Maud Hubeaux, Grande Vestale la cui voce rimane tesa negli acuti, i colori acidi e il cui modo di suonare è eccessivamente privo di sottigliezza. Julien Behr si comporta con onore nel ruolo di Cinna, Florent Mbia in quello del Capo degli Aruspici e del Console, i cori (preparati da Ching-Lien Wu) molto richiesti in questa partitura impiegano più tempo del solito per trovare la loro punti e alla fine ha vinto a 3e atto. Giudice dell’eleganza, Bertrand de Billy prova evidente piacere nella regia di Spontini, nella quale infonde la giusta dose di vita, tenerezza e brio, anche se l’ispirazione manca soprattutto nell’ultimo atto, di gran lunga il più discutibile musicalmente e teatralmente.

François Lesueur

(1) www.concertclassic.com/article/salome-lopera-bastille-en-demi-teinte-compte-rendu

Spontini: La Vestale – Parigi, Opéra Bastille, 15 giugno; prossimi spettacoli il 19, 23, 26, 29 giugno, 2, 5, 8 e 11 luglio 2024 // https://www.operadeparis.fr/en/season-23-24/opera/la-vestale

Foto © Guergana Damianova – OnP

-

PREV “Un circolo vizioso davvero terribile”, perché gli outfit continuano a sessualizzare il corpo delle sportive
NEXT ASSE è sulla buona strada per frantumare i suoi record!