Incontro con Rachel Kushner che questo gennaio scriverà un affascinante romanzo sui nostri tempi: Il Lago della Creazione. Quando una scrittrice californiana si immerge nei movimenti dell’ultrasinistra francese, ciò che emerge è un avvincente romanzo di spionaggio e una riflessione sulle nostre origini.
Rachel Kushner possiede questa rara qualità propria dei grandi scrittori: l’arte dell’evasione. In movimento perpetuo, si muove non appena pensiamo di afferrarlo. Lo sapevamo almeno da allora Lanciafiamme, il suo secondo romanzo, che è stato per molti di noi la scoperta di una scrittrice straordinaria: motociclista e appassionata d’Europa, attenta alla vita intellettuale italiana degli anni ’70 come all’America contemporanea, ha descritto un’Italia degli anni di piombo e dell’apprendistato di un artista alla ricerca della radicalità. Oscillando tra un presunto intellettualismo, ricerca formale e senso narrativo, Kushner sembrava molto più vicino al romanzo riflessivo europeo che al romanzo americano contemporaneo. Il suo quarto romanzo, Il lago della creazione si rivela un’opera virtuosa: romanzo politico, romanzo di spionaggio, romanzo filosofico? Non è un caso che quest’anno sia stato finalista al Booker Prize e al National Book Award negli Stati Uniti, poiché tocca con finezza questioni contemporanee. Impossibile collocare questo libro che ci immerge in una Francia di estrema sinistra, all’interno di una comunità solitaria del sud-ovest che ricorda il gruppo Tarnac di Julien Coupat. Ricordiamolo, nel 2007, il caso Tarnac lasciò il segno. Il lago della creazione, per quanto immaginario, ci riporta in questa regione vicina al Périgord, tra attivisti accusati non come all’epoca di possibili sabotaggi sulle linee SNCF, ma mobilitati su un tema a noi più vicino, i mega bacini. Come agire riguardo allo sfruttamento dell’acqua? Questa semplice domanda apre prospettive più ampie, filosofiche, morali, ma anche poetiche, perché l’acqua trattenuta nei suoli e nelle grotte di questa Francia rurale permette a Kushner di sfidarci sul legame dell’individuo contemporaneo con le sue origini. Tutto questo grazie ad un personaggio da lei inventato, Bruno Lacombe. Vicino a Debord nel 68, questo post-situ partito per la campagna per sfuggire al capitalismo urbano, ha scelto, dopo un dramma intimo, di stabilirsi in una grotta. Da lì, ha comunicato con la comunità da lui fondata solo attraverso lunghe e-mail, avviando una riflessione sulle origini dell’uomo, sulla battaglia tra Neanderthal e Homo sapiens e sulla possibilità di costruire una comunità vitale. Questi testi scandiscono la trama del romanzo, dandogli profondità. Perché l’azione è narrata da Sadie, una spia americana, che arriva lì per spingere questa tranquilla comunità a commettere un attentato. Ed eccoci qui, circondati dalla voce formidabile della spia infiltrata con questo giovane idealista, e quella di Bruno. Questo romanzo afferma un gioco tra forma di suspense e dispiegamento del pensiero, che ricorda certi romanzi di Don DeLillo, come il recente ZeroK.Kushner, vicino a DeLillo, sa andare avanti con mistero e lentezza fino a condurre il lettore ad un salutare disorientamento: così, alla fine del romanzo, chi può dire dove si trova Rachel Kushner? Nella grotta con Bruno, cercando di far rivivere l’era di Neanderthal? Con Sadie, in solitudine esistenziale? O all’interno della comunità, tra gli idealisti che cercano di proporre un modo di esistere al di fuori del capitalismo? Attraverso questo romanzo, il romanziere ci offre una lezione romantica, ma anche un quadro del nostro disorientamento morale.
Intervista disponibile sul numero 184, disponibile in versione digitale e in versione cartacea
Il lago della creazioneRachel Kushner, tradotto dall’inglese (Stati Uniti) da Emmanuelle e Philippe Aronson, Stock (La Cosmopolite), 472 p., € 23,90