L’ultima biografia dell’uomo che cercò di unire i socialisti sottolinea che il suo successo come politico e pensatore è legato al suo attaccamento alla sua terra natale, il Tarn. Affronta temi come la lotta all’antisemitismo, le battaglie parlamentari e la difesa del mondo del lavoro, che hanno una forte risonanza con l’attualità.
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Jean-Numa Ducange colloca fin dalla sua introduzione “l’uomo di Carmaux”, come lo chiama, in relazione al suo territorio, “la sua piccola patria”, “usando l’occitano quando è necessario comunicare con gli abitanti della sua regione. Chi otterrà l’aggregazione filosofica al terzo posto dietro a Bergson, sceglierà anche di occupare il primo posto di insegnante ad Albi.
Non è certo un figlio del popolo, ma non è il discendente di una grande stirpe. È una sorta di via di mezzo che gli dà un’idea di come sono le élite politiche e militari… senza essere disconnesso dalla piccola gente provinciale e contadina che incontra. La sua terra natale gli permette in definitiva di sperimentare realtà molto diverse.
E quando si sposò, Jaurès si stabilì con la moglie nella tenuta Bessoulet a Villefranche-d’Albigeois, “la sua base posteriore, il luogo dove trascorre ogni estate e dove va quando può”. La necessità di riforme sociali non gli fu rivelata dalle miniere di Carmausin ma da quelle di Decazeville. Nel gennaio 1886, Jules Watrin, un ingegnere, fu gettato dalla finestra da operai arrabbiati. “Jaurès non sarà mai un sostenitore dello sradicamento dei datori di lavoro” commenta Ducange.
Altro segno del suo attaccamento regionale, il futuro capo de “l’Humanité” si unirà un anno dopo come giornalista a una testata tolosa e non parigina, “La Dépêche”, confermando definitivamente la sua distanza da “coloro che non vogliono sentire parlare dei socialisti e dei sindacalisti. Il giornalista che scende alla miniera di Carmaux “per scoprirlo” chiede deputati più vicini al popolo e “rappresentanza democratica del lavoro”.
Sconfitto nel 1889, si trasferì a Tolosa per insegnare all’università. Non essendo troppo pesante il suo carico di studi, poté continuare le sue ricerche politiche e affinare la sua già consolidata reputazione di tribuno. Allo stesso tempo, divenne vicesindaco della città insieme alla sua amica Camille Ournac.
La sua delegazione riguarda l’istruzione pubblica ma quando viene inaugurata la borsa del lavoro, diversi sindacalisti chiedono al sindaco che tenga un discorso anche lì. Già attraverso la sua tesi stanno prendendo forma “i ponti intellettuali” che vuole costruire tra Germania e Francia, vent’anni dopo il conflitto franco-prussiano.
Un’altra posizione diversa per l’epoca, ma che la avvicina ancora di più alla sua terra: il protezionismo. Vuole applicarlo in particolare ai Vignerons du Midi e così senza dubbio unire al suo brio le voci contadine che gli sono mancate durante le precedenti elezioni legislative. E per completare questo ancoraggio nelle terre del Tarn, Jean Numa Ducange afferma che “Carmaux gioca un ruolo importante nella “conversione” dei tribuni al socialismo”.
Jean-Baptiste Calvignac, un ex lavoratore perseguitato, diventa sindaco della città mineraria. Il presidente della società che gestisce il sito, Jérôme Ludovic de Solages, è il vice uscente. Il barone locale getterà la spugna per queste elezioni ma avrà altre occasioni per confrontarsi con Jaurès che sarà eletto nel 1892. Il convertito al socialismo che, per tutta la sua vita, punterà all’unità, finisce per incontrare a Tolosa anche Jules Guesdes . Tolosa, dove qualche anno dopo conobbe una vittoria simbolica al congresso socialista tenutosi nel refettorio dei Giacobini.
È necessario insistere sul fatto che “Tolosa 1908” costituisce, nella memoria socialista, un momento chiave. Sarebbe addirittura “all’origine del pensiero del socialismo democratico così come è stato applicato in Francia per più di un secolo” dichiara Lionel Jospin, primo ministro socialista dal 1997 al 2002.
Il suo collegio elettorale rurale di Carmausin e i suoi elettori spesso lo hanno deluso. Non era facile difendere Dreyfus, la separazione dei poteri tra Chiesa e Stato, l’anticolonialismo e nemmeno l’amicizia franco-tedesca. D’altronde era sempre lì per gli avanzi di Mazamet o i megissiers di Graulhet che già allora dovevano lottare contro la meccanizzazione e una forma di deindustrializzazione.
Visitò più volte il Pantheon durante la sua vita, sicuramente non sospettando che vi sarebbe stato portato 10 anni dopo il suo assassinio (il cui autore fu assolto). Un Pantheon di cui vide le mura mentre studiava al Collège Sainte-Barbe e il cui collegio elettorale più facile gli fu quasi assegnato quando fu diffamato e minacciato nel suo. Circoscrizione che rifiutò. “Forse non voleva apparire come un “traditore” agli abitanti della sua regione”, scrive Ducange.
Un monumento ai Grandi Uomini per il quale si batté anche per ottenere l’accesso a Émile Zola. E attorno al quale la sinistra ha continuato a dilaniarsi per il suo ingresso o meno in questa costruzione della nazione. Molti facevano parlare il morto. Per alcuni apparteneva ai comunisti e ai rivoluzionari, non alla Repubblica. Per altri ancora “avrebbe chiesto di poter dormire nella sua terra di Albi” oppure “avrebbe rifiutato questo onore”.
In retrospettiva, si è tentati di descrivere gli ultimi anni di Jaurès come quelli che hanno portato a un inesorabile fallimento. Ma è innegabile che, durante la sua vita, il deputato filosofo fece tutto il possibile per evitare la guerra con energia e mobilitazione insolite. Questo è soprattutto ciò di cui lo storico deve rendere conto.
“Aveva accettato il compito più difficile di rimanere saggio in un paese di appassionati”, ha detto di lui Stefan Zweig. Jean Jaurès, che difese la pace fino al suo ultimo respiro, fu uno dei rari membri della sua famiglia a non intraprendere la carriera militare.
Anche quando scomparve, anche il deputato filosofo pagò il proprio tributo sul campo di battaglia. Suo figlio Louis, che era riuscito a farsi incorporare quando non aveva ancora 18 anni, morì cinque mesi prima della fine della prima guerra mondiale.
“Jean Jaurès” di Jean-Numa Ducange, biografia di Perrin