“Con la memoria te la cavi con tutto. » In questo periodo politico travagliato e incerto, il consiglio di Alfred de Musset, tratto dalla sua poesia “Namouna”, resta una bussola. Dopo i due volumi di Catherine Nay, lo sfolgorante trittico di Franz-Olivier Giesbert, tocca a Michèle Cotta consegnare la seconda parte delle sue Memorie della Quinta Repubblica, una vecchia signora con le orecchie, strizzata e in pieno dubbio . In questa epopea giornalistica, l’ex scrittore di “L’Express” racconta, in uno stile clinico e raffinato, “Gli ultimi grandi” (ed. Plon), ovvero François Mitterrand e Jacques Chirac. Questa seconda opera inizia con questa divertente giornata del 21 maggio 1981: la grandiosa intronizzazione di François Mitterrand; si conclude, quattrocento pagine dopo, il 21 aprile 2002 con l’adesione al secondo turno delle elezioni presidenziali di Jean-Marie Le Pen.
Tra questi due momenti: l’ebbrezza della vittoria del PS, la sua cecità ideologica, il ritorno alla realtà economica, le illusioni, le negazioni, le dissimulazioni, le convivenze, gli affari… Giornalista, caporedattore (Radio France, TF1 ) e presidente dell’Alta Autorità per la Comunicazione Audiovisiva, Michèle Cotta scruta la vita pubblica cambiando punti di vista, ma rimanendo sempre perfettamente informata. E ci dà le chiavi per comprendere questa eterna ripartenza che è la politica.
Estratti
La malattia del presidente, dicembre 1981
Quando entro nel suo ufficio rimango colpito dal suo pallore, dalla pergamena che è diventata la sua pelle. Chissà se vuole parlarmi del Congresso di Valencia e di come l’ho interpretato, ma comincia parlandomi del cancelliere austriaco, anche lui socialista, Bruno Kreisky: “È malato”, mi dice . Poi mi guarda con gli occhi, che trovo quasi limpidi, slavati, e aggiunge: “Anch’io”. Ilme dice che gli fa male la schiena, che soffre da diversi mesi. È abbastanza buio per capire che c’è qualcosa di seriamente sbagliato in lui. A quanto pare voleva parlarmi solo di questo perché, dopo appena un quarto d’ora, accompagnandomi alla porta del suo ufficio, disse questa frase che mi inchiodò a terra: “Quando penso che per sessantacinque anni, non sono mai stato malato! È intelligente!” Cosa rispondere, cosa dire? Me ne vado senza dire una parola. In macchina, percorrendo le rive della Senna, ho le lacrime agli occhi […]
Pochi giorni prima del 9, arriviamo [avec le journaliste Pierre Desgraupes, NDLR] parlare con Pierre Bérégovoy, che ci ha interpellato, dei punti principali della nostra intervista. Questo è quello che stiamo facendo, quando qualcuno bussa alla porta ed entra senza aspettare risposta: appare Mitterrand. Sempre la stessa carnagione giallastra, gli stessi occhi infossati. La sua voce, ironica, non cambia: “Devi farmi domande sulla mia salute, vero?” […] Il giorno della trasmissione comincio con la domanda, formulata nel modo più banale possibile: “Come sta, signor Presidente?” Non possiamo essere più neutrali. Ha preparato la sua risposta, e senza dubbio a lungo. Risponde con diverse dichiarazioni successive. […] Mentre ascolto mi dico, tornando a quello che mi frulla per la testa, addirittura galoppante, nella mia testa da due settimane, che non è possibile che il presidente sia malato, davvero. Un colpo di calore, un colpo di freddo, forse qualcosa di più grave, ma una “malattia maligna”, come dice lui, non sembra possibile. Inoltre, più parla, più ritrova il suo volto di prima, offensivo, scrutatore. Non trovo in lui alcuna traccia di sconforto, nessuna angoscia nei suoi occhi come l’altro giorno, nel suo ufficio all’Eliseo. Se recita, è un attore meraviglioso. Se non gioca, è di nuovo se stesso. Sarei incapace di parlare della mia morte davanti a milioni di francesi. Non lo fa.
Il resto dopo questo annuncio
Lo scioglimento del 1997
In genere si dice che in caso di crisi ci sono tre soluzioni: scioglimento, rimpasto o referendum. Un rimpasto con un cambio di primo ministro? In questo caso Chirac ha detto di no. Quindi lo scioglimento? Nel suo tradizionale intervento del 14 luglio, Chirac lo ha completamente escluso […]solo Balladur si interroga, come dice, sul “ramdam” della dissoluzione: trova questa agitazione “molto poco razionale”. Se ci sarà uno scioglimento, a suo parere vincerà la sinistra. Per quello? “Perché la chiamerà truffa e avrà ragione.” […] In risposta alla mia domanda: e se vincesse la sinistra? Jean-Pierre Raffarin mi risponde sinceramente: “Lasciamo che facciano il bilancio 1998, vedremo come ne usciranno!”
“Gli ultimi grandi”, di Michèle Cotta, ed. Plon, 416 pagine, 23 euro.
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