Alfons Cervera, “Claudio, guarda” (La Contre Allée)

Alfons Cervera, “Claudio, guarda” (La Contre Allée)
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L’inventario imperfetto. Fantascienza è il nome dato al genere che ci proietta nel futuro, anticipando nuovi progressi tecnologici come i peggiori incubi, frutto delle nostre incoerenze contemporanee. Come si chiamerebbe un genere che nasce solo da un’attrazione magnetica verso il passato e che sarebbe un continuo rimaneggiamento di ricordi? Perché, in fondo, prima c’era l’Eden, e anche l’orrore, questa ferita fondatrice della tragedia nazionale o della storia familiare. Alfons Cervera è autore di un ciclo di romanzi che rivisita in infinite variazioni l’infanzia – il paradiso dell’innocenza condiviso con il fratello Claudio – e la guerra civile spagnola in cui il padre era un segreto eroe repubblicano.

In Claudio, guarda, il narratore del nuovo romanzo di Alfons Cervera, alter ego dell’autore, va a trovare suo fratello che ha appena subito un intervento di cataratta. I due ragazzi ora sono diventati, anzi disfatti, uomini. Sono passati gli anni ma non il ricordo dei loro giochi, di questa gioventù rude protetta da questo padre fornaio e da questa madre devota. I genitori non esistono più e i figli sono nell’autunno della loro vita. Il narratore ripensa a ” madre “, alla sua fine prima della fine, questa morte che accovaccia un corpo senza mai stabilirvisi con franchezza, mordendone subdolamente la carne e lo spirito. Claudio, il fratello, non vuole morire. Ha temuto la morte fin da quando era piccolo, fin dall’attacco epilettico che lo colpì. L’operazione è stata lieve ma lui è spaventato come mai prima con i dischetti di cotone sugli occhi. Il narratore lo rassicura. Gli ricorda la loro casa, i loro vicini, i loro cari, il silenzio denso degli anni franchisti che fu l’unico velo sopra coloro che scomparvero dalla dittatura fascista… Ma niente si sistema, ci lasciamo cullare da questo voce della maturità a volte soffocata dall’emozione quando evoca il ricordo dei vinti, del villaggio natale di Los Yesares nella provincia di Valencia, dei film sui vampiri che facevano rabbrividire lui e suo fratello da bambini… “I ricordi vanno e vengono, come gli uccelli migratori alla ricerca del luogo più favorevole per continuare a vivere. Il tempo vissuto […] è una mescolanza di tempi diversi, di personaggi che entrano ed escono senza che noi sappiamo molto di loro, cosa erano, cosa secondo alcuni hanno fatto o non hanno fatto, perché vivere è fare un inventario imperfetto di ciò che è rimasto lungo la strada. »

Alfons Cervera ritorna ai suoi libri più vecchi che tessono un ampio affresco auto-immaginario. Mescola aneddoti e descrizioni di foto precedenti al digitale (la pellicola è nostalgica perché anche se l’immagine sopravvive, addirittura sbiadisce). Dipinge il tenero ritratto di questo fratello fragile che tuttavia non smette di fumare sigaretti. Con il suo tono che mescola intimo e collettivo, il suo racconto ossessivo del trauma della guerra civile, l’autore catalano nato nel 1947, che parla castigliano, è uno scrittore unico nel panorama delle lettere spagnole. Come si chiama questo genere di narrativa che è un’instancabile odissea nel passato? Perché dargli un nome? Cervera è semplicemente letteratura.

Alfonso Cervera
Claudio, guarda
Edizioni La Contre Allée
Tiratura: 2.500 copie.
Prezzo: 21€; 192 pagg.
ISBN: 9782376651444

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