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Al processo Mazan, “guardare lo stupro dritto negli occhi”

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CCiò che colpisce innanzitutto è la calma, la grande calma delle scene. Questi movimenti attenti e lenti, questi movimenti lenti. Questo silenzio interrotto dal russare soffocato della vittima. Queste frasi ignobili che avevamo visto trascritte nei verbali, che il presidente del tribunale aveva letto ad alta voce durante i dibattiti, e che questa volta sentiamo sussurrate con molta dolcezza.

Uno stupro. Due, tre, sei. Il corpo inerte di Gisèle Pelicot, a volte vestito con biancheria intima apparentemente seducente, toccato, accarezzato, entrava più e più volte in una stanza normale, dove, a volte, la televisione rimaneva accesa. Dove ci sono le foto di famiglia sul comodino.

Dominique Pelicot, nel suo box, si tiene la testa tra le mani. Alcuni imputati sono piegati sulle loro basi…


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