Siamo davvero ancora Charlie?

Siamo davvero ancora Charlie?
Siamo davvero ancora Charlie?
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Dieci anni. Già. Il 7 gennaio 2015 terroristi jihadisti sbarcarono negli uffici di Charlie Hebdouna rivista di umorismo politico rinomata per il suo feroce anticlericalismo.

Per punirlo per aver pubblicato una caricatura di Maometto, hanno giustiziato dieci persone, tra cui otto suoi artigiani e, più avanti, un agente di polizia.

L’8 gennaio un complice ha ucciso una poliziotta. Il giorno successivo uccise quattro ebrei in un negozio di alimentari kosher. Tre giorni di terrore. Ben oltre i confini della Francia, stanno scuotendo l’Occidente.

È shock, rabbia e disgusto. Per le strade la gente grida: “Io sono Charlie!” Lo facciamo perché comprendiamo che l’obiettivo ultimo di questi pazzi per Dio è la libertà.

Libertà di pensiero, di espressione, di coscienza e di stampa. Questa luce, conquistata con una dura lotta, i terroristi hanno cercato di spegnerla.

Giustiziando gli ebrei, servirono anche a ricordare l’orribile persistenza dell’antisemitismo. E da allora? Siamo davvero ancora Charlie? Il dubbio è consentito.

Le nostre libertà, infatti, si indeboliscono mentre guadagnano terreno la censura e la violenza, fisica o verbale. La paura, la disinformazione e la polarizzazione hanno preso piede.

La pandemia ha accelerato il movimento. Il potere del denaro, presto reinstallato a Washington con Trump e il suo clan di multimiliardari, corona tutto questo.

Non banale

Questo potere non è banale. Cerca di dividere le popolazioni in segmenti avversari. L’immigrato funge da capro espiatorio. Un vecchio classico della destra autoritaria.

Questo potere lavora per erodere le libertà, inclusa quella dei cosiddetti media tradizionali e dei loro artigiani. Le stesse persone che Trump da anni denigra come “nemici del popolo”.

I social media e le loro camere di risonanza fanno il resto. Risultato: come riportato Dovere“L’ostilità nei confronti dei giornalisti sta crescendo in tutto il mondo”.

Essendo l’informazione fattuale e la sua analisi uno dei fondamenti della democrazia, essa è necessariamente indebolita. Anche Pierre Poilievre si diverte a minare la credibilità dei media tradizionali.

Allora, siamo già Charlie? Ann Telnaes, famosa fumettista di Washington Post per quindici anni, certamente lo è.

All’inizio dell’anno si è dimessa perché la direzione si è rifiutata di pubblicare il suo disegno che raffigurava i multimiliardari del clan Trump, tra cui Jeff Bezos, capo di Amazon e il Washington Postin ginocchio davanti a Trump.

Plutocrazia

Il suo peccato? Per aver illustrato perfettamente cosa sia una plutocrazia. Questi grandi baroni della stampa americana – senza dimenticare Elon Musk con la sua rete X – stanno minando le libertà senza le quali i loro media un giorno non potranno più funzionare.

Charlie, per loro, non esiste. Lo stesso vale per la nozione di giustizia sociale. Era dai tempi della Grande Depressione che non vedevamo tanta miseria umana e disordine nelle strade dei paesi più ricchi, compreso il nostro.

Quando il potere del denaro e il denaro del potere si incontrano, è inevitabile. Le loro vittime sono sempre la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Per fortuna, il motto della Repubblica francese.

Un’altra coincidenza ha fatto sì che proprio il 7 gennaio, ricorrendo il decennale dell’attentato Charlie HebdoÈ morto Jean-Marie Le Pen, figura di spicco dell’estrema destra francese. Che ironia.

Perché il fanatismo religioso e l’estrema destra sono vecchi compagni di viaggio che, da moltissimo tempo, si alimentano politicamente a vicenda…

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