“Interpretare la Costituzione americana. La lettera o lo spirito” (Leggere la Costituzione. Perché ho scelto il pragmatismo, non il testualismo), di Stephen Breyer, tradotto dall'inglese (Stati Uniti) da Patrick Hersant, ed. Odile Jacob, 368 pag., 39€, digitale 25€.
Stephen Breyer aveva appena assunto la sua prima carica di giudice quando un collega esperto gli diede questo consiglio: se mai non ti piace un parere legale, inizia scrivendo una risposta arrabbiata, «sans [vous] vietate gli insulti”. Poi buttalo via e scrivi un testo “degno di un giudice”. Quarant'anni dopo, continua a seguire questa regola. Come evidenziato dal suo nuovo libro, Interpretare la Costituzione americanadi cui il minimo che possiamo dire è che, attraverso la sua precisione, la sua calma, il suo rifiuto di trattare l'avversario come un nemico, appare in ogni pagina “degno di un giudice”.
È però difficile leggere questa magistrale somma, in cui Breyer concentra l'eredità che intende lasciare al pensiero giuridico americano, senza immaginare l'opuscolo incendiario che forse giace nel suo cestino. A dire il vero, spesso viene a galla, così forte e difficile da nascondere, è il senso di urgenza che trasporta il libro. Perché, nominato nel 1994 alla Corte Suprema, dalla quale si è dimesso nel 2022 – si trattava di rafforzare la minoranza progressista consentendo la nomina di un giudice più giovane – il magistrato l'ha visto trasformarsi in un campo di battaglia, e una battaglia che tocca l’essenza stessa della democrazia.
C'è quello che tutti sappiamo: lo squilibrio partigiano nella composizione della Corte. Dei nove giudici, sei sono stati nominati dai presidenti repubblicani, di cui tre da Donald Trump. Ma dobbiamo qui assumere un pleonasmo: i dibattiti di questa Corte di giustizia, per quanto importanti possano essere le questioni politiche, sono di natura giuridica, ed è su questo piano che dobbiamo analizzarli. Le divisioni ideologiche emergeranno ancora più chiaramente.
Questo è ciò che accade dentro Interpretare la Costituzione americana. Stephen Breyer difende una dottrina giuridica, l'”intenzionalismo”, contro un'altra, l'”originalismo”, che è alla base di molte recenti decisioni della Corte Suprema. Così l'annullamento, nel 2022, della sentenza Roe contro Wade, che dal 1973 difendeva il diritto all’aborto. Questa sentenza si basava sul Quattordicesimo Emendamento della Costituzione, che garantisce libertà e uguaglianza a ogni cittadino. Sì, stimano i giudici per il 2022, ma nulla dice che gli autori ne prevedessero un'estensione anche ai diritti riproduttivi. Pertanto, scrive Breyer, riassumendo la loro posizione, “Non possiamo affermarlo oggi [l’amendement] tutela questi diritti».
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