Kaïs Saïed: il trionfo dell’autocrazia

Kaïs Saïed: il trionfo dell’autocrazia
Kaïs Saïed: il trionfo dell’autocrazia
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la rielezione di Kaïs Saïed alla presidenza tunisina con uno schiacciante 90,7% dei voti non sorprende. Al contrario, è profondamente preoccupante. Perché questo dato, per quanto impressionante, rivela meno un plebiscito che un ritorno a pratiche che ricordano i tempi bui dell’autoritarismo tunisino.

Con un tasso di partecipazione appena intorno al 28%, queste elezioni riflettono un profondo disincanto tra i cittadini, in particolare i giovani, che sembrano respingere in massa un processo democratico che considerano manipolato. Fin dall’inizio, il terreno di queste elezioni è sembrato accidentato. La modifica della legge elettorale, avvenuta all’ultimo minuto, ha sostanzialmente consentito al presidente di blindare lo spettro politico escludendo gli oppositori più credibili.

Gli unici candidati che hanno potuto candidarsi contro Saïed sono figure relativamente minori: Ayachi Zammel, un industriale ora in carcere e soggetto a molteplici condanne, e Zouhair Maghzaoui, un ex deputato che non ha la forza politica per costituire una reale alternativa. Lo stretto controllo dell’Alta Autorità Indipendente per le Elezioni (ISIE), ora ampiamente considerata come un organismo al servizio del presidente, ha aggravato i sospetti di parzialità. Le organizzazioni della società civile tunisina, un tempo punta di diamante della rivoluzione, si ritrovano con la museruola, senza accreditamento e sotto costante sorveglianza da parte delle autorità.

Questa crescente influenza di Kaïs Saïed sulle istituzioni tunisine non è una semplice deriva; incarna un chiaro desiderio di trasformare il paese in uno stato autocratico. Dopo aver sciolto il parlamento nel 2021, aver riscritto la Costituzione a suo vantaggio e aver governato per decreto, Saïed ha ora la strada chiara per sradicare tutta l’opposizione. L’Unione Europea, come diverse organizzazioni internazionali, ha espresso la propria preoccupazione per un processo elettorale ampiamente considerato non conforme agli standard democratici. Ad oggi, più di 170 persone, tra oppositori politici, giornalisti e membri della società civile, sono detenute per motivi politici, una cifra allarmante che sembra destinata a crescere se il regime di Saïed continua su questa traiettoria.

L’argomentazione di Saïed, che promette un ritorno agli ideali della rivoluzione del 2011 “ripulendo” il paese dagli elementi corruttori, suona vuota di fronte alle persistenti difficoltà economiche. I tunisini vedono così erose le loro speranze di giustizia e di sviluppo, mentre le libertà pubbliche diventano ogni giorno più limitate. Questo modello autocratico che il presidente tunisino sembra abbracciare ricorda quello della vicina Algeria, dove le proteste popolari vengono cancellate sotto la copertura di piombo del regime.

Kaïs Saïed potrebbe aver ottenuto una vittoria elettorale, ma a costo della legittimità democratica. I tunisini, molti dei quali hanno deciso di boicottare queste elezioni, lanciano un messaggio chiaro: questa vittoria potrebbe essere quella della facciata democratica di un regime che, dietro le promesse di una “nuova Tunisia”, sembra soprattutto riportarli indietro alle parti più oscure della sua storia recente.

Par FZ Ouriaghli

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