CRISI LIBICA: L’INFLUENZA DEI POTERI ESTERNI NELLE DIMISSIONI DI BATHILY

CRISI LIBICA: L’INFLUENZA DEI POTERI ESTERNI NELLE DIMISSIONI DI BATHILY
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(SenePlus) – Le dimissioni martedì 16 aprile di Abdoulaye Bathily dalla carica di capo della Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Manul) segnano la fine del mandato dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia. Si tratta delle ottave dimissioni da questo incarico dal 2011, rivelando un’instabilità che solleva interrogativi, secondo Jalel Harchaoui, specialista in Libia presso il Royal United Service Institute di Londra, intervistato da RFI.

Per il ricercatore, il messaggio di Bathily rivolto ai leader libici che pongono “i loro interessi personali al di sopra dei bisogni del Paese” non ha senso perché “se gli attori fossero motivati ​​in modo costruttivo verso il bene collettivo dei libici, non avremmo bisogno una missione delle Nazioni Unite.” Secondo lui, la vera ragione di queste dimissioni è “l’insediamento come vice, vice inviato speciale, paracadutato dagli Stati Uniti, di una diplomatica americana, Stéphanie Koury”. Gli Stati Uniti così “sono riusciti a sostituire un personaggio con un diplomatico americano che gli si addice molto meglio”.

Alla domanda sulla difficoltà delle Nazioni Unite nell’influenzare i leader libici, Harchaoui sottolinea il ruolo di alcuni Stati membri come l’Egitto che, in modo “quasi unilaterale”, ha “messo i bastoni tra le ruote ad Abdoulaye Bathily da quando è arrivato in Libia”. Settembre 2022. Secondo lui, l’Egitto voleva “usare questa nozione di elezione per cercare di rovesciare l’attuale governo di Abdelhamid Dbeibah a Tripoli”, senza elezioni credibili.

Per uscire dall’impasse, secondo il ricercatore, occorre decidere “soprattutto nel contesto della crisi di Gaza” se “frustrare l’Egitto” o “considerare che la crisi libica non sia molto importante”. Una riflessione filosofica che impegna la responsabilità delle grandi democrazie, conclude questo noto specialista.

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