L’OPINIONE DEL “MONDO” – PERCHÉ NO
Autrice di una lunga cinematografia iniziata alla fine degli anni ’80 sotto l’egida di Pedro Almodovar, la catalana Isabel Coixet, 64 anni, fa parte di una generazione di cineasti spagnoli che precede quella degli esordienti Rodrigo Sorogoyen, Jonas Trueba o Albert Serra. Coixet conduce una carriera mista, tra film spagnoli indipendenti e produzioni internazionali anglosassoni, uno dei motivi inquietanti della quale è la messa alla prova di un’eroina solitaria.
La ragione continuò l’amore di unoe in qualche modo mescolato al tema dell’inquietante sfondo rurale, così come Rodrigo Sorogoyen aveva eccelso a rappresentarlo nel suo recente film di successo Le Bestie (2022). Adattamento dell’omonimo romanzo di Sara Mesa pubblicato in Spagna nel 2020 (tradotto in francese nel 2022 da Grasset), la storia ha come protagonista Natalia (Laia Costa), una trentenne sistemata, non sappiamo esattamente per quale motivo, in un angolo di campagna sperduta del paese circondato dalle montagne, affitta una casa buia che sta più o meno cadendo in rovina. La presenza della bella e malinconica ragazza di città non passa inosservata, soprattutto agli uomini che la circondano.
C’è il proprietario della baracca, uomo inquietante se mai ce n’è stato uno, che la rimprovera e la disprezza, rifiutandosi di compiere il minimo gesto per migliorare le sue condizioni abitative, offrendole, non sappiamo bene perché, un orrendo, picchiato cane, possibilmente aggressivo. La cosa più sorprendente è che Natalia, paralizzata, accetta tutto da questo miscredente, ma ignora il seduttore locale, Piter (Hugo Silva), il virile tipo artigiano che è arrivato tardi a riconnettersi con i sapori della madre terra e del vino naturale nel paese profondo – che tuttavia lo circonda di dolce verbosità.
Mercato scabroso
Il motivo per cui cede alle avances oscene del suo vicino Andreas (Hovik Keuchkerian), soprannominato con diffidenza “il tedesco” nel villaggio, è ancora più misterioso. Il colosso panciuto, diretto negli affari, si offre di riparare il tetto della sua casa in cui piove, e che il proprietario non vuole riparare, in cambio della sua autorizzazione a“entra” in lei. Un patto scabroso e tuttavia concluso, al termine del quale la giovane, sicuramente bisognosa di compagnia e protezione, intraprende con il bruto una storia d’amore a sfondo sessuale.
Se lasciassimo lì le avventure di Natalia, un forte sospetto di masochismo finirebbe, nella mente dello spettatore, a pesare su di lei. Una tale propensione alla macerazione, in epoca di movimento #metoo e di celebrazione delle donne potenti, avrebbe avuto almeno il merito della singolarità. Non accadrà. Nonostante questo stratagemma retorico, questa storia, che non entra nei dettagli nella descrizione di genere, ci invita a raccontare la storia dell’alienazione femminile e della liberazione dalle grinfie di una fallocrazia violentemente imbecille. La favola, tuttavia, manca di sottigliezza e ne usciamo sollevati quasi quanto l’eroina del villaggio.
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