Premi letterari, cosa regalano?

Premi letterari, cosa regalano?
Premi letterari, cosa regalano?
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È la stagione delle foglie… Questo periodo dell’anno frenetico per i lettori e per chi lavora nell’editoria, delle grandi uscite autunnali, delle fiere e dei festival, della raccolta dei premi letterari.

Per l’autore, questo si manifesta innanzitutto attraverso una nomination. Molto spesso non lo sa in anticipo, apprendendolo sui giornali contemporaneamente a tutti gli altri. Trascorreranno una bellissima giornata, su una piacevole nuvoletta, in una zona dove ogni speranza è consentita. Quando vinciamo un premio, è il nostro libro a vincere, non noi. Ho imparato negli anni a fare questa piccola distinzione. È bello ricordare le sfumature quando si morde la polvere.

La prima volta che ci succede è meraviglioso. Ci sentiamo amati, coccolati, al nostro posto. Dobbiamo allora addentare il frutto maturo che ci viene consegnato, assaporandolo fino all’ultimo seme. Scopriamo che un premio può innescare una serie di felici “incidenti”: vendite, denaro poiché i premi, e talvolta anche nomine, sono spesso accompagnati da una borsa di studio, inviti a incontrare studenti, lettori, in vari eventi celebrativi del libro – a volte come ospite d’onore.

L’illuminazione di cui il libro beneficia attira un’attenzione favorevole sull’autore, tanto da rischiare di raccogliere altre nomination che magari si trasformeranno anche in premi; i prezzi a volte arrivano in gruppi. Successivamente arriveranno le traduzioni, che permetteranno all’opera di raggiungere altri mercati, di incontrare nuovi lettori, e seguiranno inviti a festival internazionali… Attraverso tutto questo, ristampiamo, gioiamo, cavalchiamo l’onda. Vediamo il suo editore sorridere. Apprendiamo che una società di produzione ha optato per un adattamento cinematografico.

Quando si risveglia il desiderio di scrivere un nuovo libro, diventa più facile ottenere una borsa di studio per la scrittura quando la nostra stella brilla. Un giorno riceviamo un invito a Tutti ne parlano. Il libro viene nuovamente ristampato, raggiungendo la fase di best-seller. Vengono pubblicati articoli in cui stiamo bene. L’ego è così lusingato che l’autore comincia a fare le fusa. È un periodo prospero, un ciclo elogiativo, piacevole e dolce poiché riceviamo amore, ma soprattutto, abbiamo diritto a qualcosa di ancora più esaltante di un flute di champagne: una piccola pausa dal dubbio. È una droga squisita, anche se la droga della creazione è più forte e crea maggiore dipendenza. “Un premio letterario ti dà le ali per scrivere”, mi ha detto la poetessa Louise Dupré. All’improvviso smettiamo di chiederci se abbiamo il nostro posto in questo ambiente, se abbiamo il diritto di continuare. L’impostore resta in silenzio per un po’, e questo silenzio lo fa sentire bene.

Vincere un premio letterario non è come vincere una maratona. C’è un certo allineamento delle stelle, lo spirito dei tempi, gli effetti della moda, un po’ di fortuna, la giuria al suo posto. La qualità di un’opera non si misura, come una corsa, con un cronometro. Può succedere che un autore pubblichi la sua opera più compiuta, ma che, per tutti i motivi elencati, il suo libro fallisca. Fa male, può anche farti star male. Il frutto dolce, il sapore del miele e della gloria si trasforma tutto in una volta, trasformandosi in qualcosa di amaro.

Questo è il lato più oscuro della vincita di un premio, che appare quando la luce si affievolisce e di cui si parla meno. Come la seconda ondata che non vedevamo arrivare… Il problema con queste caramelle è che una volta che le hai assaggiate, ne vuoi ancora. La prima volta è in assoluto la migliore, perché spesso è un avvenimento inaspettato, una sorpresa.

Ripenso a quello che ha detto Alain Farah, di cui il romanzo Mille segreti, mille pericoli ho preso tutto due anni fa, dentro Urbania : “Se decidi di scrivere un romanzo, devi davvero avere l’umiltà di accettare che non importi a nessuno. La prima cosa che differenzia chi lo farà da chi non lo farà è lavorare su qualcosa che nessuno si aspetta, di cui nessuno ha bisogno e che nessuno vuole, e mettersi al lavoro questi parametri. […] Inoltre, quando un libro arriva alla pubblicazione, è certo che non darà mai un ritorno proporzionale all’investimento. Ci arrendiamo invano, ed è normale. »

Penso a mia figlia, un’adolescente di 17 anni, autosufficiente nel rapporto con la lettura e la scrittura. Un po’ monomaniacale nelle sue passioni, legge da diversi anni lo stesso libro, e questa autofiction sembra assolutamente affascinante, piena di colpi di scena. Penso anche a mio suocero, che scrive, compone e registra brani che rielabora con grande cura, per riunire il meglio in album che offrono una cronaca sensibile del mondo così come lo vive, lo vede, lo attraversa .

Le canzoni di Marc e il diario di Charlotte li ancorano senza distrarli all’obiettivo primario della creazione e dell’espressione di sé. L’orgoglio e l’arroganza non hanno posto lì. Il tempo passa, li vedo mantenere questo rapporto umile ed entusiasta con le storie che tessono, al riparo dal turbinio di premi, lodi e lusinghe. Nessuno potrà togliere loro questo rapporto sano che li lega ad un disco con una colomba in copertina per l’uno, ad un giornale blu con un lucchetto dorato per l’altro.

Ma per tornare alla domanda iniziale: un premio letterario, cosa dà finalmente Oss? È un giro bellissimo, inebriante, inebriante – non direi mai il contrario. E anche se è vertiginoso, dà fiducia, conferma, una pacca sulla spalla per andare avanti… Non conosco molte persone che possano affermare di essere al di sopra di tutto ciò.

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