“The Stolen Painting”, con Alex Lutz e Léa Drucker: sta andando troppo veloce!

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VIDEO – Ogni settimana, i nostri critici Samuel Douhaire e Marie Sauvion commentano un film uscito nelle sale. Oggi, “Il dipinto rubato”, di Pascal Bonitzer. E non sono d’accordo.

Di Samuel Douhaire, Marie Sauvion

Pubblicato il 4 maggio 2024 alle 10:00

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HAvicino al mondo dell’alta finanza Proprio adesso, Pascal Bonitzer filma il mercato dell’arte nel suo nono lungometraggio, Il dipinto rubato. Inizialmente, una storia vera. Quella del ritrovamento, a metà degli anni 2000, di un dipinto di Egon Schiele, scomparso da più di sessant’anni, e ritrovato da un operaio chimico nella sua casa di Mulhouse. Alcuni mesi dopo, Girasoli viene venduto all’asta a Londra per 17 milioni di euro, a beneficio degli eredi del proprietario ebreo derubato durante la guerra che, in segno di gratitudine, restituirà il 10% della somma allo scopritore del dipinto.

Se Pascal Bonitzer è ancora poco conosciuto come regista, è tuttavia un ottimo dialoghista, secondo Samuel Douhaire, “che sa mettere insieme storie spesso complesse con ottimi attori”. E Il dipinto rubato non fa eccezione alla regola: gli attori sono tutti eccellenti.

Sola eccezione: “La gente di Mulhouse – la gente semplice, come si dice – non è molto ben caratterizzata. Non molto interessante. E in realtà non esistono”, si rammarica di Marie Sauvion. E per aggiungere un altro difetto: in 1h30 – «ma che cosa aveva Bonitzer, un treno da prendere? ! » –, ci stanno derubando “una visita approfondita al mondo dei banditori, tempo per guardare questo dipinto e il romanticismo”.

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