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Oliver e soci, l'ultima speranza per rimettersi in carreggiata

Oliver e soci, l'ultima speranza per rimettersi in carreggiata
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Con Oliver and Company, la Disney reinventa il classico di Charles Dickens seguendo le sue istruzioni, e lo fa in modo molto intelligente.

Anche i più coraggiosi tra noi hanno i loro momenti di debolezza, questo è un dato di fatto, e per la ditta dalle grandi orecchie, era a metà degli anni '80. Prima la tempestosa accoglienza di The Fox and the Hound, poi il turbo-flop di Taram and the Magic Cauldron, per non parlare del fallimento di Tron nel mezzo… Vi lasciamo immaginare l'atmosfera da fine del mondo negli uffici dello studio americano. Fortunatamente, un nuovo progetto di animazione chiamato Oliver and Company è poi venuto alla ribalta.

Diretto da George Scribner, che ricopre questo ruolo per la prima volta sotto il gigante dell'intrattenimento, il film riesce a far uscire la Disney dall'impasse, dopo un'iniziale ripresa di speranza consentita dal relativo successo di Basil, Private Detective. Ma con Oliver and Company, lo studio cambia davvero marcia e negozia senza dubbio una delle svolte artistiche più pericolose dalla sua creazione.

Un vero yankee

IL GATTO È MALATO

Un po' come il piccolo Oliver all'inizio del film, il reparto animazione degli studi Disney si avvicina agli anni '80 senza bussola né punti di riferimento. Dopo le partenze di Don Bluth nel 1979 e Wolfgang Reitherman nel 1980, sembra che si stia voltando pagina. Tuttavia, nessuno sembra pronto a scrivere il sequel. Sospinti a prua di una nave che imbarca acqua da tutte le parti, Michael Eisner e Jeffrey Katzenberg, pur destinati a odiarsi, uniscono le forze per rimettere le cose in carreggiata. E per aiutarli, hanno bisogno di un progetto in cemento armato. Bene, perché Oliver e compagnia promettono un'avventura nel mezzo della giungla urbana.

Il via libera fu quindi dato da Katzenberg durante un incontro in stile pitch-dating nel 1985: “Cani. New York. Mi piace. Questa è una versione moderna di un classico indiscusso. E c’è una divertente piroetta con i cani e il gatto. Forza, mettiamoci al lavoro”. Ma ecco che inizia la fase di produzione, e anche il gioco delle sedie musicali, al punto che tutti sembrano essere sulla graticola, indipendentemente dal livello di responsabilità occupato all’interno del progetto (un’oasi di pace insomma).

“O si !”

L'intero team creativo è sul piede di guerra, a partire da Peter Young, il supervisore della sceneggiatura. Ma gli incessanti cambiamenti di trama stanno logorando il morale, soprattutto perché alcune delle idee suggerite, tutte abortite sul nascere dal duo Eisner-Katzenberg, sembrano essere state tirate fuori dal cilindro. Da una parte, Roy E. Disney, nipote di Walt, si mette in gioco proponendo di integrare un'intera sequenza attorno al rapimento di un panda allo zoo, poi Scribner fa di meglio volendo fare di Oliver un gatto asiatico di inestimabile valore (che idee eccellenti, vero?).

Steve Hulett, all'epoca sceneggiatore del progetto, racconta tutta questa storia…

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