Finché ci sono film

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Una prigione, un college, un Paese: tre film in mostra, tre luoghi, tre modi di vedere il mondo. Il cinema non smette mai di mettere in discussione le nostre società, anche a costo di inventare una guerra civile. Ma la realtà gli si addice molto di più.


Tragico

Borgodi Stéphane Demoustier, nelle sale dal 17 aprile.

Avevamo già apprezzato le grandi qualità cinematografiche di Stéphane Demoustier in occasione dell’uscita del suo precedente e terzo lungometraggio, La ragazza con il braccialetto. Un “film di processo” molto efficace con Roschdy Zem e Chiara Mastroianni nei ruoli principali, senza dimenticare Anaïs Demoustier, la sorella del cineasta, più che perfetta nel ruolo di un avvocato generalista particolarmente spietato. La storia oscura di un’adolescente la cui innocenza o colpevolezza in un caso di omicidio viene messa in dubbio fino alla fine. La meccanica della storia si è rivelata formidabile e la produzione è stata estremamente manipolativa. Con Borgo, Demoustier sembra fare un ulteriore passo avanti nella maestria. C’è da dire che ha colto al volo una notizia incredibile, che si direbbe uscita direttamente dalla fantasia un po’ fantasiosa di uno… sceneggiatore. E invece no, il film ricalca fedelmente la realtà anche annacquandola un po’, il che è normale, dato che il caso in questione non ha trovato, ad oggi, la sua definitiva soluzione giuridica.

© Piccoli film

Il protagonista principale è in carcere e rischia di restarci per molti anni. Colpa sua ? Avendo designato un bersaglio per due sicari. Allora sapeva cosa stava facendo? Poteva davvero ignorarlo? Demoustier riprende qui la questione che già attraversava il suo film precedente. Ma questa volta il contesto è più sensibile e politico. Semplicemente perché il film, come la storia a cui è ispirato, è ambientato in Corsica, attorno al carcere di Borgo, a sud di Bastia, noto per la sua popolazione carceraria composta in gran parte da attivisti nazionalisti, e rinomato per un certo lassismo nella gestione quotidiana gestione.

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È quindi la storia di una sorvegliante di questo carcere piuttosto insolito che, proveniente dal continente con marito e figlio, si lascerà gradualmente avvicinare, dall’esterno, da un gruppo di attivisti politici armati determinati a eliminare un traditore”. Demoustier descrive questa manipolazione con grande finezza e intelligenza. Tutto è già cominciato male per la coppia in questione: il giorno dopo essersi trasferiti in una cittadina di Bastia, hanno scoperto un casco di banane posato sullo zerbino da un vicino “gentile”, ravvivato dalla pelle nera del marito della supervisore …

Questa allusione a un innegabile razzismo insulare non è piaciuta. Senza dubbio spiega che alla fine del 2023, una proiezione in anteprima del film a Bastia è stata interrotta da una minaccia di bomba. Agli occhi di alcuni corsi, questo film colpisce dove fa male.

Stéphane Demoustier dimostra quindi un vero coraggio nel descrivere una realtà da tutte le sue angolazioni, senza nascondere nulla dei suoi aspetti più crudi, anche più preoccupanti, mentre il doppio spettro della deriva mafiosa e della tentazione indipendentista sembra condurre al ballo di fine anno. Il film è portato anche dall’incandescenza della sua attrice protagonista, l’impeccabile Hafsia Herzi, scoperta a suo tempo a Il grano e il mulo dall’ormai proscritto e talentuoso Abdellatif Kechiche. È anche merito suo Borgo si distingue chiaramente dalla massa dell’attuale produzione francese offrendoci uno specchio senza compromessi.


Agghiacciante

Amal, uno spirito liberodi Jawad Rhalib, uscito il 17 aprile.

I film sull’educazione hanno invaso gli schermi nelle ultime settimane e, viste le loro qualità, ne siamo lieti. Con una o due eccezioni, tutti mettono le carte in tavola, come se l’assassinio di Samuel Paty e Dominique Bernard avesse aperto gli occhi a certi cineasti. Basta caricature, benvenuti nel dipinto complesso di un ambiente nel profondo della depressione. Amal, uno spirito libero ci arriva dal Belgio. Ci stropicciamo gli occhi, infatti, quando scopriamo la realtà del sistema educativo dei nostri vicini.

© Distribuzione degli UFO.

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Il film racconta la storia di un’insegnante molestata e minacciata all’interno del suo college. Lungi dal beneficiare della solidarietà dei suoi coetanei, deve al contrario confrontarsi con un’amministrazione quantomeno rassegnata e, soprattutto, con la presenza nel gruppo docente di un imam, insegnante di religione tra gli altri, e che si ferma alla nulla per compiere la sua missione di proselitismo. Assistiamo con sgomento a questa sconfitta del laicismo educativo che porta al peggio.


Sanguinoso

Guerra civiledi Alex Garland, uscito il 17 aprile.

DR

Il titolo di questo film mostra una grande promessa, Guerra civile (” Guerra civile “). Ahimè, non si tiene. Il regista prende la direzione troppo facile del cosiddetto survival film, ovvero quattro personaggi imbarcati su un veicolo nel mezzo dei tumulti di un paese, gli Stati Uniti, in preda a una guerra civile. Quattro reporter di guerra in più: il cinema americano adora queste figure eroiche di giornalisti di fronte al peggio e che dovrebbero incarnare la libertà… Che peccato trascurare fino a questo punto l’approccio politico a questo argomento: non sappiamo nulla delle basi di questo conflitto che riporta gli americani in una guerra civile. Niente sulle forze presenti. Niente sui discorsi sviluppati dai due schieramenti. Ci viene semplicemente offerta una visione banalmente paranoica della storia in movimento. Il regista sente la mancanza di quello che avrebbe potuto essere un grande film politico, un’ambizione sacrificata sull’altare dello spettacolo, e persino del sanguinoso stile tarantiniano, che qui rasenta l’indecenza.

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