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quando le donne discutono delle rivolte in Nuova Caledonia

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A Tadine, nel corso di una tavola rotonda organizzata dalla FIFO hors lesmurs, le donne hanno fornito testimonianze sorprendenti sui recenti disordini sociali in Nuova Caledonia. Educazione, struttura familiare, responsabilità politica: i loro sguardi, carichi di dolore e di speranza, mettono in luce le fratture e i percorsi per ricostruire il “vivere insieme”.

“FIFO fuori le mura, non sono solo le immagini, sono anche le parole”, È consuetudine dire Walles Kotra. Uno dei cofondatori dell’Oceanian International Festival ha ospitato la prima delle tre tavole rotonde, martedì 19 novembre a Tadine. Gli è stato servito. Previsti per due ore, i dibattiti sulle parole delle donne e delle madri per raccontare e spiegare il 13 maggio e le sue conseguenze sono andati ben oltre i tre giri di manopola.

“Ho sanguinato. Ero scosso. esordisce Bouraillaise Sonia Barket, riassumendo ciò che ciascuno dei relatori, con le proprie parole, esprimerà successivamente. “La domanda che ci pongono gli eventi è: ci eravamo concentrati su ciò che ci accomuna e ci somiglia e siamo ancora lì? Ci sono così tante cose da rivedere?”

A 80 anni, Weane Wadrawane”che aveva anche tante difficoltà” ricorda il tempo “in cui bastava avere il titolo di studio per avere un lavoro”. La responsabile delle donne protestanti di Maré per nove anni ritiene con la sua voce sottile che i giovani rivoltosi si interrogassero sul loro posto nella società. “Se potrà servire a trovare soluzioni, sarà almeno un punto positivo. Ma l’istruzione non è solo un problema delle mamme”.

“Non incolparci!”risponde come se facesse eco a Christiane Trémari, rappresentante eletta del comune di Maré. Colei che sta completando il suo 43° anno di insegnamento fa fatica a trattenere le lacrime. “La morte del giovane di La Roche… A Maré, la scuola ha accolto bambini dagli 11 ai 15 anni che avevano partecipato agli abusi. Bisogna essere pazzi per dire che educhiamo male i nostri figli. Educhiamo con il cuore , aiutaci!”

Responsabile della Commissione Gioventù e Sport della Provincia delle Isole, Isabelle Bearune parla con franchezza degli abusi commessi nelle isole. “Aziende distrutte a Lifou. Abusi a Ouvéa come a Maré, spari vicino al dispensario. Cosa abbiamo fatto e cosa non abbiamo fatto come leader politici? Dopo 40 anni di riequilibrio, ciò che è accaduto solleva la questione del nostro modello di vita.” si chiede la donna che, abitando a Mont-Dore, parla di lei “paura dei giovani tatuati”.

Omeyra Naisseline, eletta UC-FLNKS e Nazionalisti della Provincia delle Isole al Congresso, condivide ampiamente le domande della sua collega su ciò che lei chiama “una responsabilità condivisa”. Fin dai primi giorni è stata integrata nell’unità di crisi che cercava di organizzare i rimpatri di bambini e malati verso le isole, “queste famiglie che dormivano all’ingresso del medipole con bambini piccoli”. Di più “conserviamo la speranza. È molto importante mantenere e continuare questi legami, già tra di noi, e anche con gli altri”.

Originaria di Voh, Léonie Warnier impiegava fino a poco tempo fa più di un centinaio di donne a Vavouto. “La fabbricaassicura oggi, è stata una grande innovazione ma non siamo riusciti a sostenerne lo sviluppo. Vavouto ha sviluppato l’alcol”. Una timida speranza non l’ha lasciata però: “Ciò che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni forse ci aiuterà ad agire secondo modelli che possiamo mettere in atto. Siamo condannati a vivere insieme”.

Inizialmente discrete, le mani si alzano. Molte mamme di Maré gradualmente hanno alcune cose da dire. A turno si lanciano. Un relatore mette in dubbio la crescente difficoltà nell’educare, rammaricandosi del fatto di non poter più “ccorreggere fisicamente i bambini, che ne traggono beneficio. La struttura familiare è al centro delle discussioni pubbliche. L’osservazione di Sonia Barket: “la struttura familiare delle isole non è necessariamente così forte sulla terraferma”.

Chiede a sua volta la parola Danielle Guaenere. Il consigliere del presidente del governo, Louis Mapou, stabilisce l’implacabile bilancio e la valutazione materiale degli abusi, prima di lanciarsi in un’analisi più personale. “Va detto che vivevamo al di sopra delle nostre possibilità. E cosa abbiamo fatto da allora? Ci troviamo con un modello sociale che non ci somiglia. Per quanto riguarda il sistema educativo non si può buttare tutto, bisogna continuare a lavorare.”

Chiede a sua volta la parola Danielle Guaenere. Il consigliere del presidente del governo, Louis Mapou, stabilisce l’implacabile bilancio e la valutazione materiale degli abusi, prima di lanciarsi in un’analisi più personale. “ Va detto che vivevamo al di sopra delle nostre possibilità. E cosa abbiamo fatto da allora? Ci troviamo con un modello sociale che non ci somiglia. Per quanto riguarda il sistema educativo non si può buttare tutto, bisogna continuare a lavorare. D’altra parte, quando ci presentiamo davanti a giovani che non sono consapevoli dei solgan estremi dobbiamo assumerci la responsabilità”.

D’altra parte, quando ci presentiamo davanti a giovani che non sono consapevoli dei solgani estremi dobbiamo assumerci la responsabilità” dice Danielle Guaenere).

Farah Caillard ritorna “l’assenza dei padri” e richiama per spiegare cosa lei “non invoca una crisi, ma un’evoluzione logica” della colonizzazione secondo cui “il 33% dei Kanak vive al di sotto della soglia di povertà rispetto all’8% degli altri. Dov’è il riequilibrio?”

Intervenendo alla fine della sessione, Océanue Trolue accompagna il pubblico nel suo ufficio. “Quando li vedo arrivare con i tatuaggi sui volti,” disse in tono serio quello che non si vanta di essere “il secondo giudice Kanak”Lo prendo su di me.” “Quando guardo intorno a ciascuna persona, capisco. Le persone che incontro lì siamo noi. Dobbiamo tutti lavorare dove siamo, per costruire noi stessi”.

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