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Repossi ovvero la rilettura in chiave moderna del saper fare orafo

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Pubblicato il 19 ottobre 2024 alle 05:42.

Un giorno del 2013, il maestro gioielliere italiano Alberto Repossi ha regalato a sua figlia un diamante incastonato da 23 carati. La interroga sull’interpretazione moderna che ne farebbe in alta gioielleria. Gaia, 27 anni, era allora direttore artistico di Repossi, brand italiano di gioielli fondato nel 1920, di proprietà di LVMH dal 2018. Ma la giovane non può accontentarsi di reinterpretare – anche con modernità – gli archivi. Ha un approccio da designer e apprende l’oggetto con i sensi: vista ma anche tatto.

A quel tempo, i maestri gioiellieri, per lo più uomini, progettavano da soli e lavoravano in armonia con i laboratori. Lei, che non necessariamente indossava gioielli prima di crearne alcuni, è più sensoriale. Quel giorno chiese che la pietra fosse smontata e la pose sulla pelle, sul dito. “Ho guardato l’eleganza di questa nuda pietra gialla, il suo fascino, e ne ho chiesto un’altra, questa rosa. Li ho posizionati sulla mano, “trattenuti” solo dallo scheletro immaginario di un futuro gioiello. Queste pietre, poste di lato come in equilibrio, tendevano la mano”, ricorda Gaia Repossi, incontrata nella boutique parigina del marchio, Place Vendôme.

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