DayFR Italian

L’ultimo pasto, capolavoro di Maryse Legagneur

-

Racconta la fine della vita di Célestin, un eroe caduto interpretato da Fabrice Yvanoff Sénat nei numerosi flashback della sua giovinezza haitiana, e da Gilbert Laumord nella sua intensa presenza morente in un ospedale di Montreal; è morto davanti ai nostri occhi, non senza aver assaggiato diversi piatti haitiani preparati dalla figlia Vanessa che si era separata da lui giovanissima, vittima di alcune delle violenze subite ad Haiti. State tranquilli: questi piatti non contenevano né cani né gatti, come vergognosamente e fraudolentemente spacciati dal sinistro duo Trump-Vance, per conquistare voti americani anti-immigrati.

Preparati davanti ai nostri occhi dalla zia arrabbiata con il vecchio per aver distrutto la sorella (la madre di Vanessa), i piatti appetitosi – le cui ricette sono distribuite in cartoncini colorati al cinema – costituiscono un legame filiale miracolosamente restituito al padre, chiamato a sciogliere finalmente la lingua sul suo passato; ma sappiamo, fin dalla madeleine di Proust, come i sapori riportino alla luce ricordi sepolti.

Musicista imprigionato e condannato a morte per non aver suonato alla radio l’inno della nazione a padre Duvalier, il giovane disegnò con il gesso i tasti del pianoforte su un muro della sua prigione sul quale si esercitò, vulnerabile. La musicista Maryse Legagneur sa come utilizzare la fantasiosa colonna sonora di Jenny Salgado, che amalgama le favolose immagini di Mathieu Laverdière in un insieme che rimane coerente e teso, nonostante i numerosi avanti e indietro del passato.

Il calvario dei prigionieri è suggerito dalla Libera dal Requiem di Gabriel Fauré, in un arrangiamento sommesso che si adatta perfettamente all’atmosfera desiderata, del pianista Émile Naumoff. Fortunatamente, questo musicista è bulgaro e non russo, poiché abbiamo visto nel film italiano Il rapimento di Marco Bellocchio, sul rapimento di un bambino ebreo vilmente sottratto alla sua famiglia da Papa Pio IX, la principale sinfonia espressionista categoricamente censurata in recensioni, interviste e anche i titoli del film, perché è del russo Dimitri Shostakovich e interpretato senza dubbio da Valery Gergiev, del Mariinsky di San Pietroburgo.

Violento per l’autenticità che impone al regista di rispettare le testimonianze raccolte negli anni, l’ultimo pasto è addolcito grazie alla presenza di due donne, tra cui l’eroina principale, interpretate con molte sfumature da Marie-Évelyne Lessard e da sua zia personificata dal no meno eccellente Mireille Métellus. Tutti i volti esperti degli attori, inquadrati molto da vicino, alcuni reclutati dalla diaspora haitiana perseguitata nella Repubblica Dominicana, richiedono un’interpretazione di rara qualità da parte di questi attori immersi nelle angoscianti porte chiuse delle stanze d’ospedale, delle cucine intime o del carcere sovraffollato al sinistro ricostruito Fort-Dimanche.

Rimaniamo tuttavia colpiti dall’aspetto documentaristico dell’opera, aiutato da diversi dialoghi in creolo, senza paesaggio marino o vegetazione tropicale, a parte un immenso quennetier che inquieta nella sua solennità, perché tra le sue radici sono sepolti dei prigionieri. Mio figlio ed io siamo rimasti colpiti quanto il pubblico, riservando un rispettoso silenzio mentre scorrevano i titoli di coda e poi scoppiando in una standing ovation.

Straordinaria povertà haitiana, una punizione razzista globale

Si possono fare dei parallelismi con le informazioni attendibili dell’esemplare giornalista Marie-Ève ​​​​Bédard, distorte in diretta da Radio-Canada, che riassume le sue storie dell’orrore in “Conflitti di Israele contro Hamas e Hezbollah”, negando la volontà del genocidio palestinese (i ) di Netanyahu che bombarda Gaza, la Cisgiordania e i profughi palestinesi in Libano. No, non piangerò la morte dell’islamista Hassan Nasrallah (ii), leader del Partito di Dio (quale pretesa: è andato a unirsi a lui con le cento vergini promesse?). Allo stesso modo, il capolavoro cinematografico descritto rievoca il destino degli haitiani, con l’indifferenza occidentale nei confronti delle comunità bombardate o affamate (Libia, Sudan, Yemen, Kurdistan ecc.) e di quelle condannate alla miseria dittatoriale per essersi liberate fin dall’inizio dal razzismo e dal colonialismo francese. del XIX secolo, con il grande Toussaint Louverture.

Alcuni osservatori preferiscono vedere Haiti come una tragedia autoinflitta, poiché i suoi quasi 4.000 morti dall’inizio del 2024 sono il risultato di bande armate incontrollate, proprio come le migliaia di martiri sono avvenuti per mano dei Tonton-Macoutes statura umana che questo film ripristina. Ma la maggiore responsabile non è forse la comunità internazionale, che oggi ignora le ammonizioni di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, sospettato di voler riprodurre l’infelice intervento dei Caschi Blu chiamati a chiedere rinforzi dopo il terremoto del 2010? Senza preparazione, queste truppe importate dal Nepal avrebbero diffuso il colera? Poiché il Primo Ministro Harper si era rifiutato di inviare forze di pace canadesi ben preparate che era impegnato a smantellare, proprio come Trudeau avrebbe continuato questa demolizione in opposizione alle Nazioni Unite: dobbiamo capire che i nostri politici approvano gli insulti contro le Nazioni Unite dei loro l’alleato genocida di Netanyahu?

Haiti è aiutata dall’UNESCO, dall’UNICEF e dall’UNHCR che il Canada dovrebbe finanziare, invece di spendere più di trenta miliardi di dollari all’anno per la bellicosa NATO. Leggeremo The Big Truck That Went By: How the World Came to Save Haiti and Left Behind a Disaster di Jonathan Katz, che calcola che dei 657 milioni di dollari sborsati dal Canada in aiuti post-terremoto fino a settembre 2012, circa il 2% è arrivato agli haitiani governo. Allo stesso modo, con 500 milioni di dollari di aiuti da parte della Croce Rossa americana, rimarrebbero in piedi solo sei case permanenti. Considerando il governo Préval troppo inaffidabile perché democratico e contrario all’estrema destra haitiana, il Canada (tramite il ministro Lawrence Cannon), la Francia e gli Stati Uniti hanno manovrato (informazioni di Wikileaks riportate da Yves Engler) per insediare al potere Michel Martelly, un adolescente coinvolto dapprima nei Tontons Macoutes di Bébé Jean-Claude Duvalier, divenuto poi famoso nei colpi di stato anti-Aristide del 1991 e del 2004. Il film “Haiti tradita” di Elaine Brière lo racconta nei dettagli, come denunciato anche in un recente Appello dell’APLP cofirmato da più di un centinaio di persone contattate in gran parte da Bianca Mugyenyi e dal suo compagno Yves (iii).

Meritano infine di essere letti i bellissimi discorsi di solidarietà con Haiti pronunciati all’ONU (anche l’altro ieri) dal Primo Ministro delle Barbados (iv) che liberò il suo Paese dalla Regina d’Inghilterra, così come il riferimento in questo articolo alla mia collega uqamiana Martine Delveaux.

*****

Iscriviti alla nostra newsletter settimanale – per ricevere tutti i link per accedere agli articoli pubblicati ogni settimana.

Ogni settimana PTAG pubblica nuovi articoli nelle sue diverse sezioni (economia, ambiente, politica, movimenti sociali, notizie internazionali, ecc.). La lettera settimanale ti invia via email i link che ti permettono di accedere a questi articoli.

Compila il modulo sottostante e clicca su questo pulsante per iscriverti alla newsletter PTAG:

Iscriviti alla lettera

Conosci il programma PAFI? PAFI per il programma di assistenza finanziaria agli investimenti.

Related News :