Il Film di Steven Spielberg affronta un episodio specifico della Seconda Guerra Mondiale: quello in cui un industriale membro del partito nazista salvò più di mille ebrei dai campi di sterminio assumendoli nella sua fabbrica. “Schindler’s List” ha segnato il suo tempo, suscitando riflessioni e controversie attorno alla rappresentazione dell’Olocausto nella narrativa. Spiegazioni.
Di Caroline Besse
Pubblicato il 20 gennaio 2025 alle 17:57
Di cosa parla “Schindler’s List”?
Il film racconta la storia di Oskar Schindler, industriale tedesco membro del partito nazista che, durante la seconda guerra mondiale, salvò più di mille ebrei dai campi di sterminio facendoli lavorare nella sua fabbrica di smalti. e munizioni. Questo personaggio ambiguo, noto come festaiolo, gaudente e approfittatore di guerra, aveva a sua disposizione soprattutto manodopera a basso costo. Ma mentre i “suoi ebrei”, come li chiamava lui, e come loro stessi si chiamavano, dovevano essere trasferiti nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, lui sfruttava i suoi legami con i notabili nazisti che finanziava, dilapidando il suo patrimonio con un sacco di mazzette. , per “comprare” i suoi operai e salvarli dalla morte.
Come è nato il film?
La lista di Schindler probabilmente non sarebbe mai esistito se lo scrittore australiano Thomas Keneally non avesse incrociato la strada di Leopold Page, il cui vero nome era Poldek Pfefferberg, un ebreo polacco sopravvissuto alla Shoah grazie a Oskar Schindler, divenuto commerciante di articoli da viaggio negli Stati Uniti. Quando la valigetta di pelle dello scrittore ha appena perso lo spirito, ne prende una nuova dal negozio di Leopold. I due uomini iniziano a parlare e quest’ultimo gli racconta l’incredibile storia di Oskar Schindler.
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Leopold Pfefferberg, un ex operaio, possiede dozzine di documenti, foto e articoli sull’uomo, che aveva raccolto mentre seguiva il produttore Martin Gosch. Era effettivamente riuscito a convincerlo a interessarsi a questa storia, ma alla fine il progetto del film era fallito. Da questo incontro e da questi tesori d’archivio, Thomas Keneally scrive un libro, L’Arca di Schindler (“L’arca di Schindler”), pubblicato nel 1982, e per il quale ha vinto il prestigioso Booker Prize. È da questo libro che Spielberg ha tratto la sceneggiatura del suo film, La lista di Schindler.
Cosa sappiamo delle riprese?
Le riprese del film, dal budget di 23 milioni di dollari, iniziarono il 24 febbraio 1993 a Cracovia e durarono fino a maggio, mentre contemporaneamente venivano completati gli effetti speciali del film. Parco giurassico erano in fase di definizione a Los Angeles. Le riprese coinvolgono 30.000 comparse e richiedono l’utilizzo di 18.000 costumi.
Steven Spielberg ha installato le scenografie di questa monumentale produzione a pochi passi dal campo, nel quartiere di Plaszów, in una cava, dove è stato ricreato il campo di lavoro forzato creato dopo la liquidazione del ghetto di Cracovia nel marzo del 1943. È qui che l’SS Amon Goeth, interpretato nel film da Ralph Fiennes, esprime tutto il suo sadismo, crudeltà e follia. Steven Spielberg ha anche girato scene vicino al campo di Auschwitz.
Come viene accolto il film dal pubblico?
Il film ebbe un grande successo di pubblico, incassando 321 milioni di dollari in tutto il mondo – da notare che Steven Spielberg rifiutò di ricevere uno stipendio, che secondo lui sarebbe stato “denaro insanguinato”. In Francia attira più di 2,6 milioni di spettatori nelle sale. Quando fu trasmesso dalla televisione americana, domenica 23 febbraio 1997, il film attirò un pubblico record di 65 milioni di telespettatori, il doppio delle persone in una serata rispetto a quando era uscito tre anni prima in territorio americano. La lista di Schindler ha ricevuto anche dodici nomination agli Oscar vincendone sette, tra cui Miglior Film e Miglior Regia.
Quali controversie circondano “Schindler’s List”?
Arrivederci La lista di Schindler, si tratta, inevitabilmente, di rituffarsi nella polemica lanciata da Claude Lanzmann: da lui pubblicata nell’edizione di Mondo del 3 marzo 1994, in occasione dell’uscita francese del film, un articolo intitolato “Olocausto, la rappresentazione impossibile”. Il direttore di Shoah (1985) hanno chiesto in particolare: «Commento [Steven Spielberg] può dire cos’è stato l’Olocausto raccontando la storia di un tedesco che salvò 1.300 ebrei, dal momento che la stragrande maggioranza degli ebrei non fu salvata? »
Il regista prosegue inoltre: “L’Olocausto è anzitutto unico in quanto costruisce attorno a sé, in un cerchio di fiamme, il limite da non oltrepassare perché un certo assoluto di orrore è intrasmissibile: pretenderlo è rendersi colpevoli della trasgressione più grave . La finzione è una trasgressione, penso profondamente che esista un divieto di rappresentazione. » Il giorno dopo, sulle colonne di FigaroLo storico israeliano Tom Segev concorda: “La mia più grande critica è etica. Penso che l’Olocausto non abbia bisogno di essere drammatizzato, è una tragedia in sé e questo ci basta. Qualsiasi trattamento artistico dell’Olocausto è quindi destinato al fallimento. A parte il documentario, non vedo cosa possa essere utile e giusto. »
Un’altra controversia riguarda la rappresentanza della popolazione polacca. Il documentario di Claude Lanzmann la mostrava già complice o indifferente al genocidio. Nel film di Spielberg, viene nuovamente rappresentata come crudele, in particolare mentre insulta gli ebrei quando entrarono nel ghetto di Cracovia.
Infine, una scena è stata ampiamente criticata, quella della “doccia” e l’insopportabile incertezza di questo convoglio di donne (operaie di Schindler) erroneamente diretto verso Auschwitz. Guardano con terrore i soffioni da cui finalmente uscirà l’acqua benefica. Abbiamo il diritto di fare delle camere a gas una fonte di suspense?
Quali altri film di finzione affrontano l’Olocausto?
Prima e dopo Spielberg, altri registi si cimentarono nella rappresentazione dell’Olocausto. A partire da Far fronte, di Gillo Pontecorvo, accolto molto duramente da Jacques Rivette nel I Quaderni del Cinema, il quale, in un articolo intitolato “Abiezione”, pubblicato nel 1961, criticava in particolare una scelta di allestimento “L’uomo che decide, in quel momento [celui où Emmanuelle Riva se suicide en se jetant sur des barbelés,ndlr], fare una carrellata in avanti per inquadrare il cadavere da un angolo basso, avendo cura di registrare la mano alzata esattamente in un angolo dell’inquadratura finale, quest’uomo ha diritto solo al più profondo disprezzo. »
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La vita è bella, di Roberto Benigni, Gran Premio a Cannes nel 1998, è stato recentemente ricevuto anche da alcuni titoli (non da telerama). Versare Liberazione : « La vita è bella appare come un film paralizzato da un soggetto che lo trascende del tutto” ; secondo Il mondo : “Difficile perdonare a Benigni diversi suoi giochi di prestigio. Il regista cerca di sostituire la Storia con la memoria » ; e infine per I quaderni del cinema : La vita è bella lo è “un film innocuo e irrilevante”. Più recentemente, c’è stato Il pianista, diretto da Roman Polanski e incentrato sulla vita di Wladyslaw Szpilman, famoso pianista ebreo la cui musica è apprezzata da un ufficiale tedesco che lo aiuta a sopravvivere. Il film ha ricevuto la Palma d’Oro a Cannes nel 2002 ed è stato generalmente acclamato dalla critica. E infine, a Cannes nel 2015, László Nemes ha lasciato il segno con il suo film Il figlio di Saulo, la cui telecamera segue da vicino un Sonderkommando, convinto di aver trovato il figlio morente tra i cadaveri. Il film ha vinto il Gran Premio della Giuria ed è stato qualificato, dallo stesso Claude Lanzmann, d’«anti-La lista di Schindler.
Claude Lanzmann: “’Son of Saul’ è l’anti-‘Schindler’s List’”