l’essenziale
Originaria di Agen, la regista Isabelle Cottenceau presenterà il suo ultimo documentario venerdì 17 gennaio alle 20,30 al Montreurs d’Images, alla presenza di David Llamas, presidente del bar di Agen.
Isabelle Cottenceau ha diretto il film “God Can Defend Himself” uscito nelle sale nell’agosto 2024 e la cui sinossi è la seguente: “Il 7 gennaio 2015, dodici persone sono state assassinate nei locali di Charlie Hebdo. Richard Malka, avvocato della parte civile, si prepara ad un processo movimentato. Nel corso della sua argomentazione, ripercorre la storia della libertà di espressione, facendo eco all’ascesa dell’intolleranza. Un manifesto toccante ed essenziale per la libertà e la laicità”.
Trasmesso entro sei mesi su Canal +, «è idoneo all’Accademia César e quindi potenzialmente selezionabile», sottolinea il regista.
Il suo marchio di fabbrica
Con solide radici ad Agen, ma stabilita a Parigi, Isabelle Cottenceau è una giornalista, autrice e regista freelance “impegnata” di reportage e documentari in aree delicate che esplora con finezza e sincerità. È specializzata in questioni sociali, diversità e frange invisibili. “Sono il mio marchio di fabbrica, parto dall’umano, attraverso i ritratti, e sollevo questioni”.
Anche i produttori pensano a lei spontaneamente: “Sto ancora navigando nelle stesse acque. Le persone mi conoscono e si fidano di me per affrontare alcune questioni con tatto, senza sensazionalismo e dedicando tempo alle persone intervistate. È un enorme lavoro di preparazione, di indagine, non appena mi avvicino a un argomento e lo considero da vari punti di vista.
Quest’ultimo documentario è stato prodotto da Upside, oltre che da La Famiglia, che ha avviato questo tema ispirandosi agli attentati di Charlie e al processo: “Il produttore mi ha chiesto di lavorare su questo progetto cinematografico. Conoscevo già Richard Malka, avvocato di Charlie Hebdo”. Il documentario si ispira al libro “The Right to Annoy God” di Richard Malka che ripercorre il 2 settembre 2020, al momento dell’apertura del “processo Charlie” davanti alla corte d’assise speciale di Parigi.
La supplica, l’elemento centrale
Costruito come filo conduttore attorno alla sua impressionante supplica, il film segue le lotte di Richard Malka che vive sotto stretta scorta di polizia, allo stesso tempo fervente difensore dei diritti umani, della libertà di espressione e della laicità, ma anche carico degli affetti che lo legavano ai suoi compagni a Charlie.
Isabelle Cottenceau spiega il processo creativo: “Mi affido alla sua supplica ricostruita in studio. Lui è il narratore e noi raccontiamo la difesa di un’idea, delle nostre libertà, della laicità e della libertà di espressione. È un universalismo che noi sosteniamo. Ho cercato di creare una sinfonia, un dialogo tra la sua supplica che seguiamo nel film e gli archivi che evocano la storia: dalla Rivoluzione francese, alle caricature di Maometto, la matrice degli attentati, all’ondata di antisemitismo, la l’ascesa dell’estremismo… E abbiamo filmato Richard Malka nei corridoi del tribunale, mentre scriveva nell’intimità del suo ufficio o chiacchierava. Un approccio molto vivace sotto forma di digressioni catturate sul momento. Lo spettatore viene preso in apnea sul treno della storia.
Un atto civico di pedagogia
Nel film, l’intensità delle parole di questo tenore del bar, la sua eloquenza riecheggiano la lotta che sembra condurre anche interiormente con il passare dei giorni, vissuta fisicamente ed emotivamente. L’uomo delle tonache appare pienamente impegnato in quella che equivale alla supplica di una vita. L’approccio del regista è sottile, modesto nelle cose non dette, nella fatica leggibile e nei sorrisi che questo combattente non perde mai. Non trascura nulla, mentre guadagna altezza. Isabelle Cottenceau lo vede come un atto civico di pedagogia al di là delle controversie. Elogia l’osmosi con le sue squadre: “Scrivo, dirigo le sequenze, un’orchestrazione all’unisono. Poi ci sono le fasi di postproduzione, color grading, musica, a cui intervengo per dare un colore, un’atmosfera”.