Jean-Christophe Grangé è uno degli autori di thriller francesi più letti da oltre 30 anni e ha pubblicato una ventina di romanzi. Occupa un posto speciale nell’universo oscuro, nelle storie sordide e nelle scelte machiavelliche. La maggior parte dei suoi romanzi, compresi i famosi I fiumi violaè stato adattato per il cinema. Oggi pubblica due nuovi romanzi: Sans soleil, tomo 1: Disco Inferno et Sans soleil, volume 2: Il re delle ombread Albin Michel. Due volumi per un unico assassino con quella che doveva sembrare una festa, durante la quale la gente balla, si trasforma in una caccia frenetica, esilarante, a volte insopportabile, condotta magistralmente da un assassino a cui piace spartire le sue vittime.
franceinfo: Più vai avanti, più sembra che tu voglia metterci a confronto con noi stessi, perché questa fascinazione per il male ci riguarda. E’ questo quello che volevi fare?
Jean-Christophe Grange: In ogni caso cerco sempre di raccontare una sorta di viaggio a ritroso alle origini del male o alla fonte che ho nella mente. Un’indagine di polizia è sempre un cacciatore in una foresta e mi piace questa idea di tornare alla sorgente di un fiume. Nel primo volume siamo a Parigi, nel secondo volume viaggeremo davvero in Africa, ad Haiti e lì, abbiamo davvero la sensazione che gli investigatori stiano tracciando un filo e che questo filo ci porterà al origini del male che spesso sono legate a traumi e storie antecedenti ai delitti. Ecco perché dico sempre che un romanzo poliziesco è pur sempre una storia al contrario. Il delitto è la fine della storia e poco a poco torneremo al movente, all’assassino e ai suoi traumi che lo hanno fatto impazzire.
Hai l’impressione di immergerti sempre, un po’ come chi ha paura del fondo e che va sul fondo per domare ciò che abita in lui e nei suoi demoni. Scrivere ti aiuta ad alleviare questo, a farti sentire meglio?
Tendo a dire sempre che i libri non sono la risposta, sono la domanda. Sei perseguitato da una domanda, da qualcosa che non sopporti e talvolta c’è un malinteso sui miei libri. La gente pensa che io sia compiacente nei confronti della violenza o che mi piaccia, ma è esattamente il contrario. Scrivi sempre di ciò che non sopporti, di ciò con cui hai un problema. Ricordo le prime immagini che vidi delle guerre del Biafra o di Notte e nebbia e non passai.
“In modo del tutto naturale quando scrivi, vengono fuori le cose che non sopporti e che vuoi mettere in discussione.”
Jean-Christophe Grangesu franceinfo
È come se gratti un po’ una ferita, questa deve sanguinare.
Tutti questi personaggi che sono i tuoi eroi, si prendono ancora cura delle persone che sono ai margini, delle persone diverse e riteniamo che questo sia un vero argomento per te?
Man mano che invecchi, ti rendi conto che le differenze in realtà diventano minori. Ciò che sembrava molto lontano è in realtà molto vicino. Mi interessava descrivere la comunità omosessuale di allora, che conoscevo un po’ perché all’epoca avevo tra i 17 e i 18 anni e io stesso cercavo di inserirmi in questi palchi spettacolari con musica straordinaria, era l’ascesa di discoteca. Cerco sempre contesti particolari, comunità specifiche in cui i lettori viaggeranno.
Dopotutto non sei un po’ un outsider?
Completamente marginale, completamente fuori luogo! Ma sempre. Ho avuto la fortuna di riuscire nella mia scrittura letteraria, ma ci penso spesso e molti artisti ci pensano. Se non ci fossi riuscito mi chiedo dove sarei finito perché davvero non rientravo bene negli schemi che mi erano stati proposti all’inizio quando ho lasciato gli studi. Fortunatamente, con volontà e determinazione, sono riuscito a scrivere i miei libri. Ma sono del tutto marginale.
“Penso di essere del tutto normale, ma tutti mi dicono lo stesso che sono mezzo pazzo.”
Jean-Christophe Grangesu franceinfo
Questi due volumi non sono in definitiva un inno alla vita, per dimostrare che la luce può contrastare l’oscurità?
Sempre. Spesso si è detto che i miei libri sono pessimisti, molto oscuri. Se li guardi da vicino, questo non è vero. Il bene vince sempre ed è sempre il cavaliere che riesce a sconfiggere il drago. Questo è l’ottimista. Ci sono due ottimisti: primo, il bene vince sempre, spesso in condizioni molto buie, ma vince. L’altro ottimismo, un po’ paradossale, è che scopriamo sempre che l’assassino, il cattivo, aveva ragioni personali per diventare cattivo, cioè traumi che lo hanno spezzato e che lo hanno cambiato. Dietro questa idea c’è l’idea ottimistica che se non ti spezziamo, se ti cresciamo con amore, beh, non c’è motivo. L’unica cosa che accomuna tutti i serial killer è un’infanzia disastrosa. Non tutti i bambini non amati diventano assassini, ma tutti gli assassini sono bambini non amati. Ho questa idea un po’ banale e, credo, universale, cioè che è durante l’infanzia che bisogna nutrirsi di amore ed equilibrio. Ti impedisce di scivolare nel buco nero del male e questa è un po’ la mia filosofia.