JCC, un’odissea senza bussola – Nawaat

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La stanza era piena di eccitazione, familiare ai Carthage Cinema Days (JCC). Ma appena inizia il film non compaiono i sottotitoli. Il proiezionista annaspa, il pubblico si spazientisce, ed è infine la sala stessa a dettare, con grida e gesti, la procedura da seguire, fino a trovare il formato giusto. Questa scena, comica e angosciante, cristallizza lo stato attuale del JCC: un evento adorato da un pubblico fervente, ma corrotto da un’organizzazione disordinata e da una visione andata perduta.

Tra disorganizzazione e nostalgia sterile

Dal momento della sua adesione al Centro Nazionale del Cinema e dell’Immagine (CNCI), il festival non è riuscito a stabilire un quadro giuridico solido. Resta governato da nomine opache, spesso attribuite a direttori anziani più attaccati alla nostalgia che all’innovazione. Di edizione in edizione, queste figure invitano altri veterani, ripetendo la stessa routine, lontani dalle aspirazioni di un pubblico e di giovani professionisti desiderosi di rinnovamento e nuove idee.

In questo contesto non emerge alcuna strategia chiara: nessun piano a lungo termine, nessun percorso definito. Il progressivo abbandono dei fondamentali lascia una sensazione di incoerenza. Quel che è peggio è che la JCC a volte si accontenta di tributi convenzionali e di vecchie discussioni sterili, senza rispondere alle sfide contemporanee.

I team logistici e artistici del JCC, spesso formati in base a nomine ministeriali o scelte di direttori disconnessi, operano in un clima di cronica insicurezza. Stanchi dei continui cambiamenti e dell’assenza di opportunità di formazione professionale o di partecipazione a festival internazionali, questi membri spesso si sentono ridotti a semplici interpreti. Questa situazione crea un’atmosfera di sconforto in cui qualsiasi iniziativa sembra impossibile, lasciando spazio a un’esecuzione meccanica dei compiti piuttosto che a una dinamica di innovazione.

Sul piano finanziario persiste la vaghezza: nessuna pubblicazione di indicatori numerici affidabili, partenariati privati ​​opachi, bilanci raramente dettagliati. Tante lacune che alimentano una spirale di dilettantismo.

Il JCC: un festival di protesta indebolito dal potere

Il JCC è orgoglioso di essere uno spazio di protesta, impegnato nel cinema arabo e africano. Tuttavia, questa vocazione vacilla sotto la pressione politica. Poiché il festival è sovvenzionato, i ministri si arrogano il diritto di imporre la loro agenda. I direttori si sottomettono o vengono sostituiti e la programmazione ne risente. Figure come Férid Boughedir a volte sono state nominate non per la loro visione audace, ma per la loro fedeltà ai poteri costituiti.

Inoltre, la concorrenza regionale si sta intensificando. Altri festival arabi e africani, con risorse finanziarie importanti o con maggiore regolarità, attirano i film più attesi e ospiti prestigiosi. Risultato: le JCC si ritrovano spesso con una scelta ridotta. Questa situazione costringe a ripensare l’obiettivo stesso del festival: anziché voler “brillare” a tutti i costi, deve soprattutto imporsi come riferimento internazionale per il cinema del Sud, portatore di un impegno umanista e di una forte identità.

I pilastri di un festival da reinventare

Di fronte a questa deriva si levano diverse voci che chiedono riforme profonde. In primo luogo, la necessità di uno status autonomo: sottrarre le JCC alla supervisione diretta del ministero e dare loro uno status giuridico che ne garantisca l’indipendenza. Poi, lo sviluppo di una governance trasparente: amministratori, produttori, operatori e tecnici devono partecipare alle decisioni, attraverso organi elettivi o un consiglio di rappresentanza.

Dal punto di vista organizzativo, il passaggio a strumenti di gestione moderni come piattaforme integrate di gestione della pianificazione, sistemi di monitoraggio delle proiezioni, soluzioni di gestione collaborativa dei progetti e software specializzati per l’analisi finanziaria e di bilancio. A ciò si aggiunge l’urgenza di formare regolarmente le squadre secondo gli standard internazionali. Ampliare la cerchia dei leader artistici integrando giovani professionisti consentirebbe di rinfrescare la programmazione e rispondere ai desideri di un pubblico sempre più attento ai nuovi format e alle produzioni emergenti.

Anche la questione del finanziamento rimane cruciale. Per riconquistare la fiducia, la direzione della JCC deve dimostrare trasparenza sull’uso dei sussidi, incoraggiando al contempo partenariati privati ​​e istituzionali rigorosamente supervisionati. La definizione di indicatori chiave di prestazione (presenza, soddisfazione, copertura mediatica, diversità di selezione) faciliterebbe la gestione e l’attuazione di miglioramenti concreti.

Verso stati generali per ricostruire la JCC

Non è possibile reinventare il festival senza una riflessione collettiva. L’organizzazione delle assemblee generali della JCC finanziate dal CNCI appare una necessità per mobilitare tutte le professioni del cinema tunisino e ripensare le basi di un festival al passo con i tempi. Questi stati generali avrebbero l’obiettivo di ridefinire le missioni del festival, stabilire una governance trasparente e democratica e proporre soluzioni concrete ai problemi strutturali, organizzativi e finanziari.

Questa iniziativa permetterebbe inoltre di includere una varietà di attori, in particolare giovani registi, tecnici emergenti e distributori in cerca di modernità. Mettendo attorno ad un tavolo tutte le parti interessate, queste dichiarazioni generali potrebbero gettare le basi di un festival veramente collettivo, rappresentativo delle aspirazioni del cinema tunisino alla ricerca dell’eccellenza e dell’influenza internazionale. È solo attraverso questo approccio inclusivo che la JCC potrà riconquistare il suo ruolo di faro culturale per il mondo arabo e africano.

Rimanere un luogo di intraprendenza o diventare un modello di coerenza ed eccellenza

Se non vogliono sprofondare nell’aneddotico, le Giornate Cinematografiche di Cartagine devono tornare a quello che avrebbero dovuto essere: un faro culturale per il mondo arabo e africano, uno spazio di scoperta e di dibattito, libero dal controllo politico e amministrativo. Il pubblico tunisino è sempre lì. Ma fino a quando continuerà a perdonare le false partenze e le proiezioni improvvisate? Solo una riforma coraggiosa, portata avanti da tutti coloro che sono coinvolti nel cinema, potrà far uscire il JCC dalla routine e ripristinarne il rango, quello di un grande festival riconosciuto a livello internazionale per i suoi standard elevati e la sua identità unica.

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