Non corre per le strade, ma raramente passa inosservata, questa Bluecub, una variante locale della Bluecar. Falsa apparenza di una carretta senza patente, livrea in alluminio, e non sempre giovanissima, come il pimpante modello di Jean-Yves Deveaux. “Quando è stata noleggiata, sono stati maltrattati… Ma rifare la carrozzeria significherebbe portargli via una parte della sua storia”, dice questo 56enne di Bordeaux, davanti a una stazione di ricarica, in Place de la Victoire .
Una “storia”, addirittura epica non così lontana, quella del car sharing introdotto a Bordeaux, poi ad Arcachon, sulla scia della celebre Autolib di Parigi. Il servizio del gruppo Bolloré, che contava fino a 5.500 abbonati e 80.000 affitti annuali, ha calato il sipario all’inizio dell’anno scolastico di settembre 2020.
Alla famigerata assenza di redditività, gravata dalla cessazione del servizio parigino che costituiva il contingente principale di Bluecar, si sono aggiunte le restrizioni legate alla crisi sanitaria. Un colpo fatale, appena sei anni dopo il clamoroso lancio, alle Allées de Tourny, il 9 gennaio 2014, della flotta di city car elettriche. Sotto gli occhi dell’industriale bretone Vincent Bolloré, che non ha bisogno di presentazioni, il sindaco Alain Juppé e Vincent Feltesse, presidente della Comunità urbana di Bordeaux (Cub), ex Bordeaux Métropole, hanno fatto un giro al volante, fino a Place de la Bourse.
Ex abbonato
La vicenda non è costata un centesimo alle comunità: investendo 20 milioni di euro nella creazione del servizio di car sharing, Bolloré intendeva fare di Bordeaux una città all’avanguardia per le sue batterie LMP (litio-metallo-polimeri). L’inizio è “promettente”, si diceva allora, e Jean-Yves Deveaux è uno di questi nuovi convertiti. “Il prezzo era buono [99 euros à l’année et de 5,5 à 7 euros la demi-heure]. c’era una stazione giù da casa mia, rue Bouquière. Mi ha davvero seccato l’interruzione del servizio…”
Nel 2020, i 147 veicoli della Gironda (compreso Arcachon) sono stati rilevati da Autopuzz, la filiale bretone di un gruppo di concessionari di automobili specializzati in pezzi di ricambio. Spetta a lui effettuare la revisione generale prima di rimettere sul mercato i modelli non difettosi.
Legata contrattualmente a Bolloré, la società lo mantiene ancora nel suo garage di Bordeaux, vicino alla base sottomarina, dove Jean-Yves Deveaux ha cercato di acquistarne uno l’anno scorso. Ahimè, “non ce n’erano più in vendita”. Beneficiario di una pensione d’invalidità dopo diversi attacchi cardiaci, questa ex infermiera ha fatto i suoi calcoli: tra il bonus di conversione legato alla permuta del suo vecchio Espace V6 e il bonus ecologico, l’acquisto di un Bluecub di prima generazione gli procurerebbe valeva la pena pagare “un euro, più la carta di circolazione”.
Per “300 euro”
“Quando a settembre un amico mi ha proposto il suo non ho esitato un secondo, abbiamo sbrigato subito le pratiche. », continua Jean-Yves Deveaux. Annata 2013, 80.000 chilometri percorsi, 200 chilometri di autonomia, affare concluso per “300 euro”. Al volante del suo Bluecub fa le consegne per sbarcare il lunario. Cioè “da 500 a 600 chilometri” al mese per “100 euro di ricarica” a 38 centesimi al kilowattora. Il costo non sembra poi così lontano dal consumo urbano di un veicolo a benzina, ma il suo proprietario, assicura il suo proprietario, “è molto più economico”: “un cavallo di tasse e nessuno spreco di carburante negli ingorghi. »
Jean-Yves Deveaux sospetta che non partirà per dieci anni con la sua Bluecar e non investirà molto, è d’accordo, in caso di problemi. L’affidabilità dell’auto rimane discutibile, leggi i forum su Internet. “Dipende anche da come lo manteniamo”, mette in prospettiva il proprietario di Bordeaux. Aveva semplicemente bisogno di un adattatore, a buon mercato, per collegarsi alle stazioni di ricarica che non hanno più il connettore di tipo 1. E la sua Bluecar potrebbe graffiarsi su entrambi i lati, si diverte Jean-Yves Deveaux: «Scivola ovunque, parcheggia ovunque. .” Meglio ancora, da automobilista non proprio pentito, elogia i dettagli, dall’onesto equipaggiamento alla firma Pininfarina apposta sul lunotto: “Un artigiano mi ha preso in giro. Pensava che l’avessi bloccato. E invece no, è stata Pininfarina a disegnare la Bluecar”.
Senza dimenticare, un piccolo trucco, un secondo clacson, per pedoni o ciclisti, che riproduce il…. canzone del grillo. “La gente si sorprende, si chiede da dove venga e alla fine capisce. Non c’è mai alcuna aggressione in cambio. »
Una simpatia capitale che si misura anche tra i possessori di Bluecub, specie evidentemente rara, per non dire in via di estinzione: “Un automobilista ne ferma uno a lato del percorso Victor-Hugo. Gli ho parlato una volta. Con gli altri guidatori è come con i motociclisti: un rapido lampo di fari e un saluto. C’è una cortesia fenomenale. »