Perché “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi è diventato il più grande successo della musica classica

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300 anni! Questa è l’epoca della “Primavera” di Vivaldi e di altre stagioni. L’occasione, per il Concert de la Loge e il coreografo Mourad Merzouki, di una serie di “concerti danzati”, a partire dal 5 dicembre. E tocca a noi decifrarne il folle successo.

I concerti di Antonio Vivaldi (1678-1741) furono pubblicati nel 1725. Nel 1728 “Le Quattro Stagioni” erano già famosissime. Illustrazione Immagini di Tallandier/Bridgeman

Di Sébastien Porte

Pubblicato il 2 dicembre 2024 alle 14:52

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IOSi dice che ne esistano un migliaio di versioni registrate. Le quattro stagioni, di Antonio Vivaldi (1678-1741), è il massimo successo dell’intera storia della musica classica. Durante la vita del compositore veneziano, questi quattro concerti per violino furono eseguiti con successo in tutta l’Europa musicale. Li abbiamo ascoltati al Concerto Spirituale di Parigi dall’inizio del 1728, dove furono elogiati dalla critica, meno di tre anni dopo la loro pubblicazione ad Amsterdam, alla fine del 1725. Nel XIX secolo caddero nell’oblio – insieme al progetti mostruosi di un Bruckner o di un Wagner, il barocco appariva pallido… Fino ad essere riscoperto negli anni ’20, per poi sperimentare una moltitudine di avatar, dalla pubblicità alla musica d’attesa. In occasione del loro 300° anniversario, Julien Chauvin e il suo Concert de la Loge, in associazione con la compagnia del coreografo Mourad Merzouki, offrono una versione vivace del musical Senna, sotto forma di concerto di danza. L’occasione per provare a capire perché queste pagine sono rimaste così intramontabili e popolari.

Canta la tempesta, gli uccelli, i ruscelli

Prototipo di musica a programma, Le quattro stagioni si basa su una serie di poesie descrittive che mettono in risalto le diverse caratteristiche di ogni stagione. Testi anonimi, senza valore letterario, ma che tutto fa pensare siano di mano di Vivaldi. Costituiscono altrettante istruzioni, cioè indicazioni per gli esecutori, invitati a imitare di volta in volta gli uccelli, un ruscello, il fruscio delle foglie (“Primavera”), i latrati e i richiami dei cani (“Autunno”), il battito dei denti e orme sul ghiaccio (“Inverno”). E per farlo utilizzare un’infinità di timbri, ritmi e modalità esecutive. Grandi variegazioni violinistiche abbinate a rapide scale ascendenti e discendenti scimmiotteranno così la tempesta, mentre per le mosche (adagio da “L’été”) o la pioggia (largo da “L’hiver”), le frizioni dell’arco sul ponticello (vicino al cavalletto) e pizzicati (corde pizzicate con le dita) faranno il trucco. In alcune partite di ping-pong tra violinisti troveremo addirittura effetti “stereofonici”.

Un approccio cinematografico ante litteram

Profondamente suggestiva, la musica sembra la colonna sonora di un film naturalistico. E per quanto anacronistico possa sembrare, questo approccio cinematografico ha funzionato meravigliosamente ai tempi di Vivaldi, un mondo non ancora saturo di immagini, dove la proiezione di rappresentazioni della natura nell’immaginazione attraverso altri mezzi, quello degli occhi – qui, in questo caso , lo strumento del violino – ha suscitato sorpresa e fascino. Stessa emozione, senza dubbio, quando il cinema riproponeva sullo schermo le immagini della realtà sotto lo sguardo stupito dei primi spettatori, alla fine dell’Ottocento. “Il fatto che ci sia una narrazione ha contribuito molto alla popolarità di questi pezzi, conferma Julien Chauvin. È stato un enorme colpo commerciale. »

Miniature varie, come canzoni

Tre minuti: questa è la durata media di ciascuno dei dodici movimenti. Quasi un formato FM. Siamo lontani dalle ricche produzioni di Mahler. Nel loro susseguirsi, queste miniature alternano la malinconia più lugubre alla gioia più improvvisa. Come in un album di canzoni. Come nei mutevoli umori delle nostre vite. In questo, al di là delle sue atmosfere rurali, della profonda visione ecologica che nasconde, l’opera di Vivaldi evoca la storia stessa della nostra umanità: parla di amore e di guerra, di dolore e di festa. Queste sono “le quattro stagioni della vita”.

“Vivaldi, Four Seasons Danced”, a cura del Concert de la Loge (violino e direzione: Julien Chauvin) e della Compagnia Käfig (Mourad Merzouki).

“Vivaldi, Four Seasons Danced”, a cura del Concert de la Loge (violino e direzione: Julien Chauvin) e della Compagnia Käfig (Mourad Merzouki).

“Vivaldi, Four Seasons Danced”, a cura del Concert de la Loge (violino e direzione: Julien Chauvin) e della Compagnia Käfig (Mourad Merzouki). Foto Rozec Ludovic

Rusticità e raffinatezza

Tre note: è questa la materia base del tema in gesso con cui attacca “Autunno”. Facile fischiare, quindi, per il gondoliere del 1724 come per l’autista Uber del 2024. Ma se la partitura è piena di motivi che restano bloccati in testa – “earworms”, come direbbero i ricercatori di musicologia cognitiva –, il talento di Vivaldi risiede nella sua capacità di reiterare questi temi semplici fino a scomporli con variazioni complesse, introdotte al momento opportuno (allegro da “Inverno”). Dietro un’apparente accessibilità, il virtuosismo resta l’elemento forte del dialogo strumentale. Questa dualità tra freschezza rustica e raffinatezza erudita è ciò che costituisce l’essenza e il successo dell’opera.

Concerti come nessun altro

Nel suo senso classico o romantico, il concerto si presenta come un’alternanza di passaggi solistici e passaggi orchestrali, i primi sono spesso brani coraggiosi destinati a mettere in risalto uno strumentista. Qui il violino solista suona (quasi) per tutto il brano. E l’orchestra, in dialogo permanente con lui, assume un ruolo centrale, soprattutto negli effetti di imitazione del rumore. “Tutto è intrecciato, riassume Julien Chauvin, non ci sono separazioni in blocchi e la musica è sempre legata alla narrazione. » Questo è ciò che rende l’opera un oggetto unico e compatto, facilmente afferrabile dalla mente, e non più un complemento per un virtuoso.

Energia della roccia

Infine, l’ultima garanzia di successo, e non meno importante: la ritmicità. Gli staccati taglienti ricordano gli effettivi colpi di chitarra elettrica di certi successi pop-rock, o addirittura punk rock – Antonio, esci dal corpo di questi Clash! E chi dice ritmo, dice danza. Anche se queste “stagioni”, fino alla creazione di Chauvin-Merzouki, non si riferiscono in alcun modo, sulla carta, alla musica del balletto, sono interamente intrise di arte coreografica. Normale, siamo in età barocca. Un’epoca in cui i compositori, prima ancora di apprendere i codici della scrittura musicale, padroneggiavano quelli della danza. “Ogni persona istruita aveva ricevuto lezioni di danza, sapeva saltare, camminare, conosceva i ritmi forti e quelli deboli”, ricorda ancora Chauvin. E poi c’è il grande mistero di cosa costituisca la dimensione “hit” della musica, di cui nessuna intelligenza, neanche artificiale, è mai riuscita a formulare la ricetta.

Vivaldi, “Four Seasons Danced”, del Concert de la Loge (violino e direzione Julien Chauvin) e della Compagnia Käfig (Mourad Merzouki); il 5, 6 e 7 dicembre 2024 alla Seine musicale, Boulogne-Billancourt (92).

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