“Absalom, Absalom!”, resta una questione: Libération

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Critica

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Séverine Chavrier va oltre il romanzo mostruosamente americano di William Faulkner in una produzione in cui lo spettatore aggiusta costantemente il suo sguardo.

Abbiamo lasciato Séverine Chavrier con Thomas Bernhard e Ci hanno dimenticato il suo adattamento del romanzo il Stuccatore ; sul palco, una trappola nascosta nel bosco nasconde una coppia nei segreti della loro guerra coniugale. Lo ritroviamo con William Faulkner, la sua visione del romanzo Absalon, Absalon (1936), ed è una nuova casa sull’altopiano, un’enorme residenza in stile coloniale impiantata su un terreno acquistato (o rubato?) nel 1833 da un nativo del Mississippi, tre anni di lavoro, con il nome del proprietario Sutpen che viene visualizzato monumentale in maiuscolo. Una casa-schermo di cui si vedono alcune stanze, camere da letto, l’inizio di una scala, forse un ufficio, ma totalmente opaca al primo piano oscurata da teli per una videoproiezione continua che rappresenta in alto ciò che accade ovunque altro . Lo spettacolo quindi sembra un drive-in, tranne per il fatto che le macchine sono sul palco.

Differenza di scala

Riassumere Absalon, Absalon ? non ci proveremo nemmeno, Séverine Chavrier va oltre il romanzo mostruosamente americano di Faulkner senza mai tentare di illustrarlo. E se all’inizio non capiamo nulla di queste folli storie familiari di fratricidi e incesti di diverse generazioni, dell’identità di questo Sutpen che scopa tutte le ragazze della regione per assicurarsi un erede maschio, se ci perdiamo nel il tempo salta tra il periodo della Guerra Civile, le storie confessionali dei discendenti e una presentazione universitaria sul

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