Michel Polnareff, l’ex ribelle diventato zio reazionario con “Sexcetera”

Michel Polnareff, l’ex ribelle diventato zio reazionario con “Sexcetera”
Michel Polnareff, l’ex ribelle diventato zio reazionario con “Sexcetera”
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Non pensavamo che Michel Polnareff, paladino dell’androginia, un giorno avrebbe espresso la sua opinione sulla transitorietà. Purtroppo è un affare fatto.

In un certo periodo, l’umanità è debole, abbiamo potuto lasciarci sedurre da Michel Polnareff, soprattutto negli anni ’70, quando, voce affettata, capelli lunghi, occhiali a moschettone e cappello di rafia alla Michel Serrault La Gabbia Aux Follesha disturbato il pop al pianoforte, come la nozione di mascolinità, in una Francia allora corsa dal moralismo. Quando la sua androginia e le sue allusioni sessuali occuparono i titoli dei giornali e lo resero un simbolo di decadenza per i giovani.

E poi il successo, l’egomania spinta all’estremo, le manie di grandezza, il trasferimento a Los Angeles e il bodybuilding eccessivo, hanno avuto la meglio sull’uomo che ha incassato una multa di 60.000 franchi per atti osceni dopo aver mostrato il culo sulle locandine del suo concerto Polnarevoluzione all’Olympia nel 1972.

Addio al mondo dello spettacolo

Dopo un lungo periodo di assenza, Polnareff, che si diceva si trasferisse sempre più in Occidente, era purtroppo tornato a fare notizia, pubblicando vite e inutili rivisitazioni del suo repertorio, senza riscoprire i fasti del suo passato, i suoi ammiratori. dell’epoca senza dubbio ha passato l’arma a sinistra. Lì, apparentemente senza nulla, è tornato Sesceteraprimo singolo estratto dall’album che annuncia il suo addio al mondo dello spettacolo. Una sorta di pop-rock pigro, composto su intelligenza artificiale dove, con parole facili e giochi di parole tra IT e LEI, il ribelle si crede ancora sulfureo con le sue parole da boomer in caduta libera: “Le ho detto cosa, chi me lo ha detto? Lui mi ha detto che non era lei, lei mi ha detto che non era lui, ho rotto con lei, e lei mi ha detto che sono quasi “lui e mi è stato detto che sono quasi lei”.

Lo avremo capito, Polnareff ha deciso di entrare negli schemi di genere, e di far emergere tutti i cliché di Uncle Reac, o TERF (possiamo facilmente immaginare Dora Moutot e Marguerite Stern che ridono del pezzo), il tutto punteggiato da “Ma dove siamo, siamo a casa?” Slogan che risuonano perfettamente con il tono del discorso di RN, ma che tradiscono il panico di Polnareff di non riuscire più ad abitare il suo genere, circondato dall’ideologia transfobica. Mentre la sua mascolinità, che apprezza, sembra più minacciata dal cancro alla prostata!

Michel Sardou si frega le mani

Ricorderemo poi Polnareff, profondamente ferito, quando nel 1970, durante un concerto a Rueil-Malmaison, uno spettatore salì sul palco e picchiò copiosamente il cantante, dandogli del frocio. Un incidente che lo aveva traumatizzato e lo aveva spinto a chiedere al suo fedele Pierre Delanoé di scrivergli Sono un uomouna canzone metà fico e metà uva, in cui denunciava il conformismo mascolinista dell’epoca rivendicando una certa beauferie etero, lontana dal suo eroe David Bowie. “La società si è arresa – A trasformarmi – A mascherarmi – A somigliargli – La gente che mi vede passare per strada – Chiamami frocio – Ma le donne che ci credono – Devono solo mettermi alla prova.

Che Polnareff, avvicinandosi all’età della casa di cura, si schieri dalla parte dei carnefici del suo tempo, lui che era il paladino della libertà sessuale, dell’androginia e di una certa bisessualità di facciata, in fondo non sorprende affatto. Infine, diciamo a noi stessi che Michel Sardou ha trovato un nuovo amico e questo è sempre un bene!

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