lla scrittura come via di consolazione. Due testi sull’unica via che valga la pena: quella dell’amore, solare e redentrice. Questo sabato pomeriggio alle 37e Festival della letteratura europea a Cognac (LEC), due bellissimi libri per il rientro a scuola hanno trovato una risonanza sensibile: “11, quai Branly”, un racconto intimo dell’autrice e professoressa di filosofia Mazarine Pingeot (Éditions Flammarion), e “Le Bastion des lacrime”, romanzo autobiografico dello scrittore marocchino Abdellah Taïa (Éditions Julliard, prezzo dicembre 2024).
Questi autori hanno la stessa età, circa cinquant’anni. Per molto tempo hanno dovuto nascondere parti essenziali della loro vita. Infine, osano staccarsi dai segreti dell’infanzia e dai lividi dell’adolescenza.
Un dibattito toccante
Mazarine Pingeot tornò dove viveva quasi da reclusa, nel gelido comfort di una residenza repubblicana. “Sono rimasto lì per 24 ore, per gli scopi del libro […]. È stata un’esperienza quasi psicoanalitica. I posti erano vuoti ma il passato era lì, sospeso, pronto per essere colto al minimo rumore di chiave, al minimo scricchiolio del palazzo”, ha detto sabato pomeriggio, durante un commovente discorso davanti a più di 250 spettatori. .
Al suo fianco c’era Abdellah Taïa, prima attento e premuroso, poi loquace e focoso, in un dibattito durato un’ora che rimarrà uno dei più toccanti di questo 37e edizione. Con “Il Bastione delle Lacrime”, ha esplorato con forza il suo passato di bambino povero e maltrattato, in una famiglia numerosa e in un paese dove l’omosessualità è ancora vietata. Certamente le 213 pagine sono scritte come una finzione. “Ma questo Youssef che deve tornare a Salé, vicino a Rabat, per vendere l’appartamento di famiglia dopo la morte di sua madre; questo Youssef che ritrova le sue sei sorelle, passeggia nel suo vecchio quartiere e va a regolare i conti, questo è un po’ di me”, ha detto l’autore.
“La nascita di un libro”
Come possiamo trascrivere qui gli scambi più forti? Potremmo moltiplicare gli aneddoti. Cita Mazarine Pingeot che spiega che 11 quai Branly era “un indirizzo che non esisteva” e dove “non doveva esistere”, prigioniero di una “vita monastica dove l’esterno non entrava”. Si racconta che Abdellah Taïa ha avuto l’idea di questo romanzo sui bastioni in rovina, con il desiderio feroce di “rinegoziare l’amore”, di “piangere e poi ridere senza dimenticare la tragedia”…
Faremo piuttosto eco a questo momento luminoso, quando lo scrittore dichiarò che la testimonianza di Mazarine Pingeot gli aveva fatto pensare a un paradiso familiare perduto, El-Jadida, una città portuale a un centinaio di chilometri a sud di Casablanca. “Non vivevo lì. È qui che i miei genitori si stabilirono molto prima che io nascessi. Sono cresciuto nella mitologia di questa felicità sconosciuta, di questa città dell’abbondanza! Il ricordo degli altri ti possiede. Questa è la prima volta che ne parlo. »
Mazarine Pingeot ha sorriso e si è rivolta al pubblico: “Forse stai assistendo alla nascita di un libro! » Una storia liberata dai fantasmi del passato?