Cortometraggio: Aïta, la nota giusta

-

L’aitagioiello del patrimonio marocchino, risuona da secoli come la voce delle pianure, talvolta levandosi in un grido di resistenza – “Ecco la parola: siamo con Dio» –, talvolta per celebrare l’amore – «Ah sì, Lasmar» – ovvero esaltare la bellezza – “awinatek bhira, miha safia“. Quest’arte popolare e poetica raggiunge anche dimensioni spirituali, come testimonia l’invocazione: “Moulay Abdellah l’lwali, che Dio ci protegga“. Preservare questo patrimonio vivente è essenziale per evitare che cada nell’oblio.

Una varietà di iniziative testimonia questo desiderio di trasmissione, in particolare lo studio di Hassan Najmi, Ghinaa al aïta (Al-Aïta, poesia orale e musica tradizionale in Marocco, edizioni Toubkal, 2007), o la serie Polvere Oujaâdiretto da Chafiq Shimi e Noereddine Kacimi, un vibrante omaggio a quest’arte ancestrale. Più recentemente, l’antologia Chikhates e Chioukhs de l’Aïtaprodotto nel 2017 dall’associazione marocchina Atlas Azawan sotto la direzione di Brahim El Mazned, ha completato il puzzle. In questa stessa dinamica è parte Chikhail cortometraggio di Ayoub Layoussifi e Zahoua Raji, che porta una nuova pietra nella costruzione di questo mosaico.

“Chikha”: Tra due mondi

Chikhadiretto da Ayoub Layoussifi e Zahoua Raji, è stato recentemente insignito del Premio Baobab per il miglior cortometraggio al Africa Festival di Londra. Questo premio riconosce un lavoro che unisce impegno e celebrazione culturale con finezza.

In 25 minuti, il film approfondisce il viaggio di Fatine, una ragazza di 17 anni divisa tra il suo amore per Youssef, che rifiuta la sua eredità familiare, e il suo profondo attaccamento ad Aïta, una canzone tradizionale incarnata dagli Shikhati. Questo dilemma d’identità, esacerbato da un ultimatum inaspettato, spinge Fatine a farsi strada con determinazione, lasciando così un segno potente nell’intero film.

Una scena del film.

I registi, guidati da influenze cinematografiche ancorate al realismo sociale, adottano uno stile intriso di autenticità. Ayoub Layoussifi, ispirato al cinema iraniano di Abbas Kiarostami, attinge a questa estetica per illustrare l’identità culturale. Segnato anche dai cineasti sudcoreani Park Chan-wook e Bong Joon-ho, dichiara: “Mi piace il cinema in movimento, uno stile d’autore che riflette la mia identità, la mia cultura e il mio background“. Layoussifi, attore di formazione, ha arricchito la sua regia anche osservando registi come Werner Herzog e Mohamed Mouftakir.

Zahoua Raji, dal canto suo, trova un’affinità nel cinema sociale di Ken Loach, dove l’autenticità flirta con il documentario. Questa impronta realistica si trova in Chikharafforzato dal suo amore per il cinema iraniano e coreano, apprezzato per il ritmo e la profondità dei dialoghi.

Una scena del film.

Il personaggio di Fatine è interpretato da Rita L’Oujdia, scoperta dai registi sui social un anno prima del casting. Rita, descritta da Layoussifi come “forte, audace, intelligente», ha immediatamente incarnato questa giovane donna intrappolata tra due mondi. Il processo di selezione ha comportato un vero e proprio sforzo collettivo, riunendo i direttori del casting e le persone vicine ai registi per trovare questa gemma rara.

Il mondo degli Shikhate è trattato con una sensibilità che traspare in ogni scena. I registi, cresciuti con queste figure emblematiche in occasione di matrimoni e feste, sono rimasti affascinati dalla loro paradossale emarginazione negli anni ’90.Volevamo mostrare queste donne forti e libere, spesso sottovalutate. Tutti vogliono la propria azienda, ma la loro reputazione rimane contaminata», confida Layoussifi. Per Raji i chikhate simboleggiano la resilienza di un popolo e la permanenza della sua arte nell’immaginario collettivo.

Nel cuore del film, Fatine, appartenente a una stirpe di artisti, deve scegliere la propria strada. Layoussifi sottolinea l’importanza di questa prospettiva femminile: “È soprattutto il punto di vista di una donna, di una giovane ragazza che rifiuta di farsi dettare le regole… Diventare una chikha è motivo di orgoglio, non di vergogna.». Chikha diventa così un ritratto di emancipazione, celebrando un’arte ancora stigmatizzata.

Per creare dialoghi autentici, gli autori Yamina Zarou, Zahoua Raji e Layoussifi hanno collaborato strettamente, sviluppando il testo iniziale in francese prima di affidare la traduzione a Hatim Seddiki. Layoussifi spiega che l’approccio preferito ha dato agli attori libertà di adattamento, permettendo a ogni personaggio di appropriarsi dei dialoghi in modo naturale. Questo processo ha rafforzato l’autenticità del discorso, conferendo agli scambi profondità e una certa risonanza.

Con ChikhaAyoub Layoussifi e Zahoua Raji realizzano un lavoro intenso che combina impegno sociale ed esplorazione intima, mettendo in discussione le scelte di vita all’intersezione tra tradizione e modernità. Attraverso il ritratto di un’eroina in cerca di libertà, il cortometraggio celebra Aïta mettendo in discussione le norme che gravano sull’espressione delle molteplici identità in Marocco.


Consacrazioni!

Nell’ottobre 2024, Chikha ha iniziato il suo viaggio internazionale venendo selezionato nella competizione ufficiale del prestigioso Film Africa di Londra, dove ha fatto un notevole debutto in anteprima mondiale ed è stato incoronato con il Baobab Award per il miglior cortometraggio. Questa distinzione segnò l’inizio di una serie di partecipazioni a numerosi festival in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, il cortometraggio è stato proiettato per la prima volta all’Arab Film Festival di San Francisco, dove è stato nominato per il premio come miglior film narrativo. In America Latina, Chikha è stato anche presentato in concorso al Festival Internazionale del Cortometraggio di Belo Horizonte, in Brasile, dove ha avuto una première locale.

Nel mese di novembre, Chikha ha debuttato negli Stati Uniti in concorso al Miami Short Film Festival, dove è stato nominato per il premio come miglior film straniero. In Francia, il film viene presentato fuori concorso al Festival europeo del cortometraggio di Brest, nell’ambito del programma TV. Ancora a novembre Chikha è in selezione ufficiale all’Ale Kino! Festival internazionale del cinema per il pubblico giovane a Pöznań, Polonia.

Infine, nel dicembre 2024, il film è atteso in due importanti festival del mondo arabo: sarà proiettato in concorso al Red Sea International Film Festival in Arabia Saudita, poi al Carthage Cinematographic Days (JCC) in Tunisia, evento emblematico del cinema arabo e africano.

-

PREV un vincitore della lotteria parla della sua nuova vita da milionario su TF1
NEXT A Design Miami, l’immancabile impegno di Fendi