Alla fine degli anni ’70, il grande intellettuale palestinese-americano Edward Said pubblicò un libro che ancora oggi ha avuto un impatto clamoroso: orientalismo. In quest’opera, che in origine è un’opera di letteratura comparata, Edward Saïd dimostra che l’Oriente, essenzialmente arabo e musulmano, non è solo una località geografica, una storia e una civiltà, ma anche un oggetto di fantasie e di rappresentazioni mentali e culturali sull’uomo. la parte del suo alter ego, l’Occidente.
In primo luogo, attraverso la pittura e la letteratura, l’Occidente ha creato il proprio Oriente, proiettando in sé, come in uno specchio rovesciato, tutto ciò che pensava di non essere: magico, fanatico, irrazionale e sensuale. È questo mondo che troviamo ad esempio nei dipinti di Ingres o Delacroix, o nei testi di Flaubert, Nerval o Kipling.
Queste opere non sono semplici e innocui dipinti, romanzi o raccolte di poesie, serviranno successivamente a nutrire un’immaginazione dominante e un discorso scientifico e politico per giustificare la colonizzazione e lo sfruttamento della terra e delle persone. Con chiarezza ed erudizione, spiega Edward Saïd orientalismo la capacità delle idee e dell’immaginazione di creare un “altro”, affascinante e allo stesso tempo ripugnante, sul quale possiamo legittimamente esercitare il nostro potere e dominio.
Ma dall’altra parte dello specchio c’è anche un Occidente o più precisamente degli “Occidentali” creati e fantasticati in Oriente. Esiste ovviamente un Occidente tra conservatori e islamisti che, alla luce della moralità religiosa, vede solo dissolutezza, decadenza e “bestialità”; c’è anche l’Occidente visto dai liberali e dai modernisti, affascinati dalle sue istituzioni democratiche e dal suo modello sociale e culturale, ma anche un Occidente caro ai tecnocrati, che aspirano solo a duplicare la sua razionalità economica e i suoi progressi tecnologici. Ognuno rappresenta l’Occidente secondo la propria sensibilità ideologica, il proprio posizionamento e il proprio rapporto con gli altri. Ma in tutte queste tendenze c’è unanimità su un Occidente detestabile, la cui immagine è al centro di tutti i rifiuti attuali.
“L’Occidente che odiamo è quello che è estasiato da una donna iraniana che si toglie i vestiti e giustamente si ribella contro il regime teocratico in Iran, ma distoglie lo sguardo dallo spettacolo di migliaia di donne assassinate o deportate in Palestina”
Abdellah Tourabi
L’Occidente che tutti odiamo è quello dei doppi standard, dei doppi discorsi e dell’umanità dalle diverse “facies”. Quello che grida di orrore e indignazione quando l’Ucraina viene invasa dall’esercito russo, ma moltiplica le precauzioni retoriche quando Israele massacra gli abitanti di Gaza e rimanda vigliaccamente vittime e autori del genocidio. L’Occidente che odiamo è quello che è estasiato da una donna iraniana che si toglie i vestiti e giustamente si ribella contro il regime teocratico in Iran, ma distoglie lo sguardo dallo spettacolo di migliaia di donne uccise o deportate in Palestina e in Libano. Probabilmente sarebbero dovuti morire in minigonna per valere la pena dare un’occhiata!
L’Occidente che detestiamo è quello che lotta per far trionfare al suo interno la democrazia e le libertà, ma sostiene, arma e tribunali gli Stati che assassinano e mandano in esilio i loro oppositori o coloro che osano avere un’opinione divergente. L’occidente detestabile è quello che premia, protegge e gratifica impostori e opportunisti che lo rassicurano nella sua presunta superiorità morale e sussurrano sciocchezze culturaliste, ma ostracizza o scredita chi ha un percorso iconoclasta o dissonante.
L’Occidente che tutti detestiamo è quello del paternalismo e della condiscendenza, del discorso sui valori umanisti che tace quando cominciano a parlare gli interessi economici e politici, che tradisce i propri fondamenti filosofici e morali e “cornifica” chi ci crede. Questo Occidente non è fantasticato, ma anzi reale e pericoloso, per sé e per “l’altro”.