I voli di un eterno viaggiatore di Lahcen Benaziza

I voli di un eterno viaggiatore di Lahcen Benaziza
I voli di un eterno viaggiatore di Lahcen Benaziza
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Come un’odissea cosmica, Lahcen Benaziza trasporta il lettore in un viaggio di 328 pagine esplorando il mistero di un personaggio mitico. La splendida vita di un grande viaggiatore è il titolo del viaggio di Ayoub Benaissa, ex professore di letteratura inglese, che vive in una tipica cittadina marocchina come un indigente recluso, senza voce e affetto da una zoppia molto marcata dopo il tragico incidente aveva qualche anno fa.

Pubblicato da Afrique Orient, questo romanzo in inglese La splendida vita di un viaggiatore frequente firmato da Lahcen Benaziza, professore in pensione di letteratura inglese all’Università Ibn Zohr. Il romanzo di 328 pagine si intitola La splendida vita di un viaggiatore abituale. La storia ruota attorno alla vita di un ex professore di letteratura inglese. Una somiglianza che suggerisce indizi autobiografici. L’autore si nasconde dietro il suo personaggio per rivelare frammenti della sua stessa vita? È necessaria un’attenta lettura per sollevare il velo su questo enigma.

Il protagonista, zoppo a causa di un misterioso incidente rivelato tardivamente, è spinto dalla compulsione a ” viaggiare “ogni sabato. I suoi mezzi finanziari limitati e la sua infermità lo precipitano in una serie di umiliazioni durante il tumultuoso viaggio verso l’aeroporto. Tuttavia, nel mezzo delle prove, fugge nel passato, rivivendo con vivido ricordo le tappe significative della sua vita. Nonostante i suoi limiti fisici, Ayoub conserva la mente acuta di un intellettuale, formulando riflessioni penetranti sulla sua realtà, su quella degli altri e su quella del suo Paese.

Attraversato da un soffio d’amore, il romanzo immerge il lettore in una relazione che tormenta la mente di Ayoub. Aprendosi in medias res, il primo capitolo evoca Sheryl, un’amante defunta che abita ancora nei suoi pensieri. Ayoub ricorda i loro anni condivisi ad Halifax, in Nuova Scozia, segnati da momenti squisiti e conflitti di identità.

Un incidente inquietante lo porta a ricordare la storia della sua famiglia e i guai che i suoi nonni ebbero con il colonizzatore francese e i suoi accoliti marocchini. Una cosa tira l’altra, Ayoub si è ritrovato concentrato su un evento significativo della sua infanzia: l’esodo dei suoi genitori dalla campagna alla città. Il narratore conferisce a questo estenuante viaggio su un carro traballante, trainato da un vecchio cavallo nel mezzo della stagione delle piogge, una dimensione epica. La graduale realizzazione da parte del bambino che la sua famiglia non sarebbe vissuta nelle case eleganti che attraversava, ma in uno slum, è fonte di dolore ma anche di toccante umorismo.

Attraverso i capricci della memoria, il narratore ripercorre l’educazione di Ayoub con le sue umiliazioni e le sue ricompense, così come la perplessità implicata da una presa di coscienza dolorosamente tardiva della sua grave miopia e delle sue disastrose conseguenze. Poi i suoi ricordi vaganti tornano all’anno trascorso negli Stati Uniti sotto l’egida di un programma di scambio. Ricordando quell’anno con tutte le sue contraddizioni, è portato a pensare alle periodiche visite che faceva da bambino a sua zia Khadija a Inezgan e alla profonda amicizia che univa questa donna musulmana a Zohra, la sua vicina ebrea. La storia di questa commovente amicizia è edificante.

L’incidente automobilistico a cui di tanto in tanto fa riferimento il narratore viene finalmente svelato verso la fine del romanzo. Sulla strada di casa, dopo un’escursione eccezionalmente idilliaca e senza conflitti attraverso un luogo naturale panoramico chiamato Paradise Valley, Sheryl, insistendo per guidare, perde il controllo dell’auto e finisce per schiantarsi in un ripido burrone. Sheryl muore e Ayoub finisce in una clinica, con un piede mutilato e un trauma mentale dal quale non si riprenderà mai.

L’ironia del titolo colpisce il lettore quando si rende conto che Ayoub è ben lungi dall’essere un viaggiatore assiduo: quando arriva all’aeroporto ogni sabato, si siede nella zona partenze, e in mezzo al flusso e riflusso dei passeggeri, si dà libero sfogo…ai voli della memoria.

I suoi ricordi, persistenti nonostante il tempo, prendono vita in un grosso taccuino che tira fuori furiosamente dal suo zaino trasandato. Quelli che sembrano scarabocchi insignificanti si rivelano un tour de force narrativo dopo la sua morte.

Malnutrito e affetto da bronchite, Ayoub viene trovato morto una mattina, con le dita serrate sul taccuino macchiato di sangue. Questo taccuino rivela finalmente la sua vera natura: un capolavoro narrativo, l’ultima traccia della vita tormentata ma riccamente vissuta di Ayoub Benaissa.

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