“Grand Tour” di Miguel Gomes, coloni irritanti – Libération

“Grand Tour” di Miguel Gomes, coloni irritanti – Libération
“Grand Tour” di Miguel Gomes, coloni irritanti – Libération
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Critico

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Sulle orme di una donna abbandonata che rintraccia il suo promesso funzionario pubblico in tutta l’Asia all’inizio del XX secolo, l’epopea ibrida del regista portoghese è un triste fallimento.

Era stato previsto gran Tour ci accompagna e ci abbaglia. Una nostra prerogativa di spettatore di Cannes giunto a due terzi del percorso di una competizione ufficiale destabilizzante nell’alternanza di niente di grave e colpi nello stomaco, e di spettatore innamorato del cinema di Miguel Gomes – un pensiero lampo per le incredibili bellezze di Tabù o la proliferante odissea del trittico le mille e una notte bastò a riportare entusiasmo e impazienza all’avvicinarsi della proiezione. Ma gran Tour ci nega entrambi, un cambiamento di scenario e meraviglia. Forse per colpa della sua concezione ristretta, poiché il progetto iniziale di un film girato parallelamente sulla strada tra Birmania, Cina, Vietnam, Giappone, Singapore e Filippine e in studio a Lisbona e Roma, fu interrotto per due anni. dalla pandemia; sullo schermo, l’ibrido immaginato (“tipo filmato trovato del presente che ci servirà a stabilire collegamenti con quanto accadeva nel passato, nel 1918, in un’Asia immaginaria ricreata in studio”) non trova mai la sua forma né la sua coerenza, la mancata giunzione tra il diario di viaggio in 16 mm, nel presente, e il romanzo storico in costume come una cicatrice che non si rimargina

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