Back to Black dimostra che dobbiamo (temporaneamente) vietare i film biografici nel cinema

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La stessa Marisa Abela interpreta le canzoni di Amy Winehouse nel film. L’unica assunzione di rischi Ritorno al nero.© Dean Rogers/StudioCanal

Fino alla fine della sua vita, l’interprete di “Rehab” ha visto la sua vita quotidiana deliziare la stampa scandalistica inglese, trasformando ogni suo errore in argomento di discussione globale. A quattro anni dalla sua scomparsa, un bellissimo documentario di Asif Kapadia, Amy, era venuto a riportare un po’ di ordine nel caotico romanzo del londinese. Ha anche esposto la pressione di coloro che lo circondavano, più concentrati sull’appropriazione dei benefici della sua celebrità che sulla protezione di questa fragile vita esposta agli occhi di tutti. Tra le sequenze più memorabili, ricordiamo quella in cui suo padre, Mitch Winehouse, si è preso la libertà di invitare una troupe televisiva a filmarla durante un ultimo ritiro familiare a St Lucia, mentre lei fuggiva da giornalisti sempre più violenti e determinati a filmare il suo declino.

Ovviamente, Ritorno al nero non ritorna su questo sfortunato episodio, né si dà i mezzi per mettere in discussione il ruolo interpretato da tutti gli attori della galassia Winehouse (compreso il suo manager, determinato a portarla sul palco anche quando era prossima alla morte). , che è il posto dei media, che si sono divertiti molto a sminuirlo). Raccontato sotto forma di fiaba che si trasforma in una zuppa di smorfie, il film preferisce concentrarsi sulla sua grande e turbolenta storia d’amore con Blake Fielder-Civil, mettendo in secondo piano il suo lavoro musicale e i suoi successi, o riducendoli a dei segnalibri. per aiutare lo spettatore a situarsi nel tempo e a ricordare la bellezza senza tempo di queste canzoni, che si precipiterà ad riascoltare quando lascerà la stanza sulla sua piattaforma di streaming preferita.

Irragionevolmente blanda, la vita di Amy Winehouse si trasforma in una storia di resilienza apatica, priva di qualsiasi rabbia o nemico concretamente identificabile (eccetto l’industria musicale, nel suo insieme), quando avrebbe dovuto raccontare molto di più, così come la cultura banalizzata del voyeurismo. (Che cosa Capelli biondi, lo stupefacente film di Andrew Dominik su Marilyn Monroe, getta una luce vertiginosa sul vampirismo dello star system, dove l’artista diventa una risorsa che non ha altra funzione se non quella di essere spogliato della sua linfa creativa. La sceneggiatura è invece di Matt Greenhalgh, che si è occupato della sceneggiatura di Magnifico Controllo nel 2007, privilegia il sentimentalismo, mantiene la nauseante ambiguità sull’origine delle dipendenze di Amy Winehouse da alcol e droghe (che, secondo il film, nascevano da un desiderio inappagato di maternità). Mette anche suo padre nella posizione di un benefattore impotente, sempre al capezzale di sua figlia, che combatte come meglio può contro i suoi demoni, arrivando al punto di nascondere una pipa di eroina che trova nel suo appartamento.

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