L’INGRANAGGIO, LE CADUTE, GLI STIPENDI, POGACAR, I FRANCESI…
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La migliore bici: Bernard sembra che l’epoca provenga da un certo ritorno al conservatorismo nel campo dell’attrezzatura utilizzata durante le gare professionistiche. Parliamo in particolare del ritorno ai freni a disco, alla forma e alle dimensioni dei manubri, ai gruppi elettronici, alle ruote in carbonio, ai pneumatici e perfino alla scelta delle bici da parte dei diversi team. Cosa ne pensi? Sarà necessario, come immagina in particolare Marc Madiot, ricorrere ad un unico fornitore di pneumatici eliminando la frenatura a disco?
Bernard Hinault: Siamo seri! Questo flashback menzionato da pochi è un po’ una sciocchezza. Innanzitutto la frenatura a disco. Questo è un innegabile elemento di sicurezza poiché la frenata diventa più potente e più facile. Abbinato a pneumatici della giusta sezione, cioè non inferiore a 25 mm, questo tipo di frenata rappresenta senza dubbio un progresso irreversibile. E non solo un argomento commerciale come sostengono gli pseudo-tradizionalisti. Ovviamente resta da capire come utilizzarlo. A partire dal controllo delle pressioni di gonfiaggio che dovrebbero essere più basse. Soprattutto sotto la pioggia.
Per quanto riguarda la scelta del produttore, imporre a tutti la stessa marca e la stessa tipologia sarebbe contrario al progresso. E naturalmente anche l’interesse dei brand. Ciò ristagnerebbe la ricerca.
Stessa cosa per gli imbecilli che immaginano una formula monomarca con una sola moto per tutti. Anche qui che dire del progresso e delle innovazioni.
Restano infine le trasmissioni elettroniche. Il progresso tecnologico ci incoraggia a optare per questo tipo di deragliatori. Sia più preciso che più efficiente. Ma posso capire che si possa restare fedeli a una meccanica che sia allo stesso tempo più leggera e più affidabile nel tempo.
La migliore bici: Non abbiamo ancora parlato dell’abitacolo e di certe mode come le pedivelle corte di Pogacar.
Bernard Hinault: Per quanto riguarda gli abitacoli ci sono sia aspetti positivi che negativi. Il meglio è ergonomia, comfort, adattabilità. La cosa peggiore è la follia dell’aerodinamica con manubri stretti fino all’assurdità. Come si può davvero padroneggiare una bici performante e quindi superveloce con un manubrio da 36 centimetri? Nulla ! Non dovremmo scendere sotto i 40 o 42 centimetri. D’altro canto, rimuovere gli schermi dei sensori di potenza sarebbe una buona cosa. Indubbiamente utili per l’allenamento, ma anche allora inutili e pericolosi nelle gare dove il corridore deve prestare particolare attenzione all’ambiente.
Per quanto riguarda le pedivelle ultra corte da 165, questa moda lanciata da Pogacar e copiata da molti corridori professionisti, a mio avviso si tratta di un’eresia tecnica. Per ottenere più potenza sono necessarie leve lunghe. Con 165 invece di 172,5 o 175 bisogna avvolgere di più per ottenere meno potenza. Quindi, a meno che non siate molto piccoli, dovete optare per un minimo di 170. Soprattutto perché con le marce di oggi bisogna riuscire a sviluppare sempre più potenza. 55 o 56 x 11 o 10 attualmente in media rispetto a 53 o 54 x 13 o 12 ai miei tempi.
La migliore bici: Con le nuove bici, le nuove ruote, le nuove bici sempre più aerodinamiche, le gare diventano sempre più veloci. È questo un pericolo?
Bernard Hinault: La velocità non è un problema in sé. Il problema è la mancanza di controllo. Troppi ciclisti non padroneggiano davvero le loro bici. C’è una mancanza di formazione tra i giovani. E a questa mancanza di controllo bisogna aggiungere la disattenzione generata da schermi e visori. Più andiamo veloci, più dobbiamo essere concentrati. Le corse ciclistiche non sono un gioco. È guerra.
La migliore bici: La stagione 2025 arriva con le sue domande esistenziali. Innanzitutto l’insolente supremazia dei big 4: Tadej Pogacar, Remco Evenepoel, Jonas Vingegaard e Mathieu Ven der Poel. E poi la presenza o meno dei corridori francesi tra i potenziali vincitori dei grandi eventi in calendario. A cominciare dal Tour de France.
Bernard Hinault: In Francia abbiamo la propensione a negare il campione. Vale a dire negare il fatto che nello sport non esiste uguaglianza fisica e psicologica. Ci sono e ci saranno sempre alcuni corridori più dotati di altri. E anche campioni eccezionali che dominano la loro epoca. C’erano Fausto Coppi, Louison Bobet, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Miguel Indurain e altri. Oggi c’è Pogacar e gli altri. Anche se anche Remco, Van der Poel e Vingegaard sono sopra gli altri. Campioni dotati e combattenti eccezionali. Come negarlo? Come possiamo dubitare del loro valore? Soprattutto di fronte ai nostri corridori francesi che attualmente non possono in alcun modo pretendere di evolversi a questi livelli. Non più Guillaume Martin che pretende senza ridere di puntare al podio, che il giovane e simpatico Martinez che non ha una cilindrata sufficiente. Ripeto, il prossimo vincitore francese del Tour non è attualmente nel gruppo. Forse dovremmo cercarlo tra i minori. Quindi per il Tour 2025 vedo solo Pogacar. Non è solo dotato, simpatico e spietato, ma anche esemplare e prepotente. L’unico che può seriamente mettere in discussione la sua vittoria al Tour è Vingegaard. Remco è eccezionale ma è ancora un po’ troppo pesante per seguire i due mostri in montagna. Magari perdendo due o tre chili…
La migliore bici: Si parla molto di stipendi professionali oggi. E critichiamo lo stile di vita di certi campioni. Ad esempio Van der Poel.
Bernard Hinault: Bernard Hinault: Per quanto riguarda gli stipendi, i ciclisti sono ancora lontani dai calciatori. Anche se alcuni campioni ci si avvicinano. Ad esempio Pogacar o Van der Poel. E anche Froome. Allora quali sono queste critiche? Pensieri di gelosia!
Froome, ad esempio, ha un track record eccezionale con 4 Tour de France. Che il suo stipendio sia all’altezza, anche se i suoi risultati non sono più quelli di una volta, non c’è nulla di scandaloso. Non dimentichiamo il suo terrificante incidente.
Poi citare la Lamborghini di Van der Poel significa dimenticare che è lui l’uomo immagine del marchio. Ed è bello per il ciclismo vedere un campione diventare una star. Ai suoi tempi Coppi guidava le auto più belle. Come più tardi Moser, Boonen o Wiggins. E Bobet aveva il suo aereo personale. Dov’è il problema? Altrimenti nell’assurdità dei lauti stipendi assegnati a corridori senza precedenti che non vincono mai o quasi mai. Una malattia franco-francese. Da direttore sportivo o da team manager dirò al pilota che mi chiede un grosso stipendio anche se non ha precedenti: tu ne vuoi 100, ti do 10! Ma se vinci ti darò 1000! E oggi in Francia l’unico pilota che secondo me giustifica il suo grosso ingaggio è Alaphilippe. Ha un track record ed è un vero campione.