Mai più tuttavia aveva tutto di un commovente miracolo. Ispirato al bestseller di Colleen Hoover, venduto 10 milioni di copie dalla sua uscita nel 2016, il film, girato per 25 milioni di dollari nel 2023, ha incassato 400 milioni dalla sua uscita nell’agosto 2024. Un montepremi inaspettato per i suoi produttori originali, Jamey Heath e Justin Baldoni, co-fondatore di Wayfarer, nonché regista e attore protagonista, insieme a Blake Lively, in il ruolo di Ryle Kincaid, il marito violento di Lily Bloom sullo schermo. Sony Pictures, responsabile della distribuzione, era entusiasta dell’idea di un sequel e di un franchise agrodolce, che sposasse l’acqua di rose con i temi dei diritti delle donne e della violenza domestica.
Martellando a fondo il tuo credo femminista
Ma strane voci circolavano già da Beverly Hills a New York. A metà agosto, poco dopo l’uscita del film, TMZ, leader dei tabloid su YouTube, rimase sorpreso dall’assenza di Justin Baldoni da molti eventi legati alla prima, e dalle sessioni fotografiche sempre separate dei due attori, fornendo presto un video clandestino girato durante le riprese nelle strade di Hoboken, vicino a New York, che sembrava mostrare una discussione accesa, quasi un alterco tra Lively e Baldoni. Litigio creativo tra un regista e la sua attrice?
Secondo loro, Blake Lively, diventata una celebrità tanto per il suo matrimonio con l’attore Ryan Reynolds quanto per le sue interpretazioni di adolescente stravagante in Gossip Girl et La Sorellanza dei Pantaloni da Viaggio (2005), avrebbe voluto annacquare il film per promuovere la trama romantica a discapito del sulfureo messaggio contro la violenza domestica, troppo inquietante per i suoi 45 milioni di follower su Instagram. Baldoni, da parte sua, ha intensificato i suoi interventi online, esplorando le fanzine di Hollywood da agosto per ricordare il doloroso destino delle vittime di relazioni violente e ribadire il suo credo femminista. Già nel 2017, l’attore aveva plasmato la sua immagine di uomo illuminato post #MeToo da a Ted Parla ribattezzato, intitolato “Man Enough”, esortando gli uomini a mostrarsi “abbastanza uomo” opporsi alla stupidità sessista e alle molestie sessuali e imparare a farlo “saper tacere per ascoltare la voce delle donne nella nostra vita”. Allo stesso tempo, l’attore-regista ha lanciato un talk show maschile trasmesso sulla sua piattaforma Wayfarer Entertainment, poi un podcast, Basta uomo decorato con tavole rotonde di macho pentiti.
“Mai più”: andate a vedere l’adattamento del best-seller di Colleen Hoover con Blake Lively?
Nel settembre 2024, fedele alla sua reputazione, ha pubblicato, a nome di Mai più sulla sua pagina Instagram, una missiva indirizzata a “sopravvissuti” di violenza sessuale, affitto “la loro resilienza e il loro coraggio” ; punto di partenza di una personale campagna a tema “bravo ragazzo” brevettata su tutti i media che gli è valsa, lo scorso 9 dicembre, “per il suo coraggio e la sua compassione nel difendere le cause delle donne”, il distintivo d’onore del premio “voce di solidarietà” dall’influente associazione Vital Voices di donne imprenditrici.
Denuncia di 81 pagine
Il contrasto con Blake Lively è sorprendente. Allo stesso tempo, l’attrice, che da allora ha giurato di aver seguito alla lettera il “piano media” dello studio, si limita a “eventi leggeri”, pieno di composizioni floreali che evocano il personaggio del film, interviste vivaci sul potere dell’amore “più forte di ogni ingiustizia e iniquità”. Mentre migliaia di internauti la giudicano “fuori dal comune” sui social network vari articoli beffardi o vachard nelle pagine di gossip del Posta quotidiana un te New York Post la descrivono come, nel migliore dei casi, sbadata, nel peggiore dei casi, motivata meno dalla causa delle donne che dalle sue attività collaterali, un’azienda di prodotti per capelli fondata sette anni fa, un’altra di bevande in lattina: Betty Booze per i cocktail, Betty Buzz per le bibite naturali. Su Insta e TikTok il suo rating è crollato, senza altra spiegazione se non la rabbia improvvisa di un pubblico fino ad allora devoto.
Il paria, però, rialza la testa il 20 dicembre. Blake Lively e la sua squadra di avvocati hanno depositato quel giorno davanti a un tribunale californiano, tra la sorpresa di tutti, una denuncia di 81 pagine contro il regista, attore e produttore Justin Baldoni, il suo partner Jamey Heath e il loro esercito di pubblicisti, accusandoli di “molestie sessuali e morali”, di ritorsioni e persecuzioni varie, tra cui la rovina degli affari dell’attrice. Soprattutto, la litania delle accuse solleva il velo sulla dura realtà delle riprese. Blake Lively assicura che nel gennaio 2024, al ritorno da una lunga fermata della produzione a causa di uno sciopero generale degli attori di Hollywood, convocò tutta la troupe, Baldoni compreso, per chiedere un nuovo accordo sulle condizioni di lavoro del film. L’attrice richiede la presenza sul set di un “coordinatore dell’intimità”, uno di quei consulenti molto richiesti dallo scoppio di #MeToo, incaricato di misurare la conformità delle riprese delle scene di sesso e limitare il disagio delle attrici.
“Coordinatore dell’intimità, non sono né un poliziotto né un terapista”
Baldoni, da attivista femminista quale è, aveva oltrepassato il limite durante baci troppo focosi, aveva fatto irruzione nel suo camerino quando era quasi nuda mentre si struccava o allattava la sua figlia più piccola, aveva urgentemente richiesto scene di sesso assenti dallo scenario. L’attore lo aveva pesantemente informato della sua passata passione per i film porno, invitandolo provocatoriamente a provare l’esperienza. Nel film, Lily Bloom dà alla luce suo figlio, e Baldoni ha costretto l’attrice, quattro volte madre in città, a guardare un video della nascita di sua moglie per incoraggiarla a spogliarsi un po’ di più durante la scena del film. girato peraltro senza il rispetto di una piccola troupe e con l’inutile presenza del coproduttore Jamey Heath. L’attore-regista lo critica anche per il suo peso e inconsapevolmente si rivolge al suo allenatore sportivo per assicurarsi che lo aiuti a perdere peso.
Contratto edificante
L’accordo sembra porre rimedio agli eccessi del passato. Comprendeva anche una clausola che vietava qualsiasi ritorsione per le critiche mosse dall’attrice. La clausola non è stata rispettata, tutt’altro. Secondo un articolo di New York Times pubblicata il giorno dopo la denuncia, Baldoni, vedendo con angoscia avvicinarsi la data di uscita del film e aumentare l’attenzione dei media, ha richiesto segretamente i servizi di una professionista della comunicazione di crisi, Melissa Nathan, nota a Hollywood per aver devastato la reputazione e la credibilità di Amber Heard durante la causa per diffamazione intentata contro di lei dal suo ex compagno Johnny Depp in risposta alle sue accuse di violenza domestica.
Anche in questo caso il contratto è edificante. Comprende la messa a disposizione di una squadra di crisi 24 ore su 24, di vario tipo “manipolazione sociale”, IL “diffusione di fili di teorie”, “attribuendo la massima importanza alla loro non rintracciabilità”. Jennifer Abel, abituale comunicatrice di Wayfarer, propone di diffondere sulla stampa e su Internet una narrazione che attribuisce a Blake Lively intenzioni vili e mercantili, come quella di assumere pieni poteri sulla produzione del film denigrando l’attore-regista. Baldoni, secondo la denuncia, vuole andare oltre, e pretende un’offensiva quella “gli permetterebbe di sentirsi maggiormente tutelato”. Lo scambio di messaggi tra Nathan e Abel delinea poi una fredda strategia di distruzione dell’avversario. “Se vuole seppellirlo, distruggerlo, non possiamo lasciare la minima traccia scritta, dice Melissa Nathan. Ma possiamo seppellire chiunque”.
L’inquadratura offre una scelta di angoli di attacco: Blake Lively non coglie il vero tema del film, la violenza domestica; oppure cerca cinicamente di adornarsi di femminismo per i suoi interessi personali. Ha una cattiva reputazione nella troupe cinematografica; i suoi metodi sono brutali… Non è così gentile. Tanti “punti di forza” distillati goccia a goccia, tra due sguardi o sms ascoltati, allo sciame di giornalisti dello spettacolo in cerca di un biscotto sul film. Il ritmo aumenta con l’uscita di Mai più. La stampa non sa che l’intera troupe cinematografica ha cancellato l’iscrizione ai social network dell’attore per esprimere la propria insoddisfazione per il suo atteggiamento durante le riprese. Senza capire che l’attore-regista è una persona non grata negli eventi promozionali, i media credono che abbia creato una missione su misura, quella di promuovere il tema molto doloroso della violenza inflitta alle donne.
L’inferno di Hollywood
Dietro le quinte, Melissa Nathan ha contattato anche Jed Wallace, capo di Street Relations, un’agenzia texana specializzata in campagne di pubbliche relazioni. “tutti i terreni”, rotto nell’arte diastroturfingla diffusione attraverso eserciti di troll o influencer di voci specifiche su “definire una personalità o un attore” e progettati per apparire come commenti spontanei da parte degli utenti di Internet. Dall’account di un giornalista svedese a Hollywood trapelano video di interviste di otto anni fa, ritenute poco lusinghiere per Blake Lively. IL Posta quotidiana mette a dura prova l’attrice, elencandole i suoi presunti errori e rimproverandole perfino la location del suo matrimonio nel 2012, in un’ex piantagione del sud anch’essa legata alla storia della schiavitù, mentre Nathan e Abel si congratulano per la carneficina, vera, inflitto alla sua reputazione sui social network.
La denuncia di Blake Lively, accompagnata da decine di copie di messaggi di comunicatori, suscita stupore e rimorso nei media. IL Custode si scusa per essersi innamorato dei suoi commenti negativi sull’attrice Mai più. In Disco, L’editorialista Matthew Belloni definisce le comunicatrici del film le cattive dell’anno, incolpando un’industria delle pubbliche relazioni riciclata in una guerriglia sanguinosa e popolata. “Operatori politici pronti a distruggere se il prezzo viene pagato.” Evoca anche la vulnerabilità delle star di oggi, a “complesso industriale delle celebrità” dalla cui fortuna, spesso effimera, dipende più che mai marchio personali e qualità difficili da definire “immagine pubblica, buone intenzioni e, per alcuni, talento”.
Justin Beloni, per tutta risposta, ha scelto di continuare… il New York Times di diffamazione per aver pubblicato la denuncia di Blake Lively senza verificare le accuse e chiede 250 milioni di dollari (242 milioni di euro) di risarcimento. La sua rabbia nasce anche da un dettaglio: una delle curatrici dell’articolo, Megan Twohey, è la coautrice dell’inchiesta che ha svelato le accuse di stupro e violenza sessuale contro Harvey Weistein nel 2017. Blake Lively, lei, risponde con un nuova causa in un tribunale federale di New York, questa volta sostenendo le ritorsioni illegali commesse dal suo partner sullo schermo. La vicenda di Mai più forse un giorno diventerà una serie legale frenetica e redditizia. Nel frattempo, la dice lunga sull’acqua di rose di Hollywood e sul suo universo spietato.
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