Dopo la lettera di Olivier Grondeau, detenuto in Iran, non ascolteremo più Barbara allo stesso modo

Dopo la lettera di Olivier Grondeau, detenuto in Iran, non ascolteremo più Barbara allo stesso modo
Dopo la lettera di Olivier Grondeau, detenuto in Iran, non ascolteremo più Barbara allo stesso modo
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Il 34enne francese, detenuto a Teheran dal suo arresto nell’ottobre 2022, ha corso il rischio di rivelare la sua identità in un testo toccante pubblicato da “Le Monde”, dove cita una canzone del famoso cantante.

Nel 2020, Olivier Grondeau, appassionato di letteratura, ha attraversato la Francia a piedi, con un carretto pieno di libri. Libertà collettiva per Olivier

Di Valérie Lehoux

Pubblicato il 15 gennaio 2025 alle 16:59

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Et all’improvviso, una citazione di Barbara, dove non ce l’aspettavamo. Un estratto da Solitudine. “L’ho trovata fuori dalla mia porta una sera mentre stavo tornando a casa…” Per molto tempo Olivier Grondeau non avrà potuto ascoltare la canzone. Ma se lo ricorda. Forse la canticchia addirittura quando annerisce la sua pagina, paragonando la solitudine cantata da Barbara alla propria innocenza, che proclama da più di due anni. “La somiglianza mi ha colpito. È vero, l’innocenza, “con i suoi occhi grandi e cerchiati di scuro”, è legata a un certo tipo di solitudine. » Olivier Grondeau, francese di 34 anni, è rinchiuso nel penitenziario di Evin a Teheran, condannato dalla dittatura dei mullah a cinque anni di carcere per spionaggio. Attraverso i parenti, Inter ha diffuso lunedì un messaggio audio in cui rivela la sua situazione (sua madre e un suo amico erano ospiti dello show mattutino). Nella sua edizione di questo mercoledì, 15 gennaio, Il mondo pubblica un lungo testo di suo pugno.

In queste righe toccanti, Barbara ritorna più volte. Senza dubbio Olivier Grondeau avrebbe potuto citarne altri, tra questi poeti e scrittori le cui voci risuonano dentro di lui, nel silenzio della sua detenzione. I nostri colleghi di parigino ci raccontano che, durante la sua prima detenzione di settantadue giorni (!) senza poter comunicare con il mondo esterno, aveva scritto versi di Gérard de Nerval sulle pareti della sua cella. Altrove apprendiamo che questo pazzo amante dei viaggi, che ha dovuto abbreviare un soggiorno in Asia nel 2020 a causa della pandemia, ha poi percorso centinaia di chilometri a piedi attraverso la Francia, con un carrello pieno di libri come bagaglio. , 16 chili, che tirava a mano. Il carro gli serviva come posto per dormire. I libri erano il suo viatico.

Alla fine della forza e della speranza

Leggendo il suo bel testo, carico di angoscia quanto di urgenza, non possiamo che pensare ad altri imprigionati, altrove e ieri, anch’essi vittime di regimi repressivi. Questi prigionieri che, come Olivier Grondeau, si aggrappavano alle parole che continuavano a portare dentro di sé per non perdere l’equilibrio di fronte all’arbitrarietà. Charlotte Delbo, ovviamente, recitando tra sé, nell’orrore di Auschwitz, brani di opere teatrali che Louis Jouvet, di cui era stata assistente, aveva diretto. O lo scrittore polacco Józef Czapski, internato in un campo russo dopo l’invasione del suo Paese nel 1939, che attraverso conferenze improvvisate poté condividere con i suoi compagni di prigionia il suo amore per la letteratura francese – e prima di tutto, per Proust.

Oggi, parlando apertamente, Olivier Grondeau corre un rischio: che il governo iraniano inasprisca ulteriormente le sue condizioni carcerarie. Ad oggi si trova in una cella collettiva, con altri diciotto prigionieri, e gli sono consentite alcune chiamate settimanali, inclusa una ai suoi genitori. Ma il giovane, che riteniamo sia al limite delle sue forze e della sua speranza, aveva altra scelta se non quella di correre questo rischio? Non resta che sperare che le sue parole potenti mobilitino l’opinione pubblica, il potere politico e favoriscano la sua liberazione – così come quella di altri due francesi che non dimentica di citare, Cécile Kohler e Jacques Paris. Noi, in ogni caso, non potremo più sentire Solitudine di Barbara senza pensare a lui.

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