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Fine degli accordi franco-algerini del 1968 e privilegi… Ecco le misure di emergenza che Gabriel Attal chiede siano prese contro il regime di Algeri

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Il giorno dopo l’arresto in Algeria di Boualem Sansal, che Gabriel Attal descrive nel suo articolo come “presa di ostaggi“, la tensione tra Algeria e Francia è salita di livello, esprimendosi sul suolo francese attraverso la predicazione dell’odio, con toni antisemiti, trasmessa da influencer algerini che invocano atti di violenza, omicidio, stupro e terrorismo sul suolo francese. Abusi che Gabriel Attal descrive come “tombe“, a cui si aggiungono anche “le provocazioni e gli insulti dei gerarchi del regime”.

Ma dal lato del regime di Algeri, non la pensiamo allo stesso modo, ed è rifiutando di accogliere sul suo territorio un influencer algerino espulso dalla Francia che il potere in carica ha deciso di rispondere. Un comportamento che, tutto sommato, non sorprende, perché, ricorda Gabriel Attal, “da diverse settimane, da diversi mesi, da diversi anni, il regime algerino ha spazzato via tutte le nostre mani tese e continua a mettere alla prova il nostro Paese».

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Di fronte a queste deviazioni”quale choc“, chiede l’ex premier”una risposta decisa“, perché l’ultima provocazione del regime di Algeri deve essere considerata come l’ultima spavalderia. “Di fronte al regime di Algeri, la Francia deve porre dei limiti e assumere gli equilibri di potere. Perché la Francia non è un paese qualsiasi: la Francia è una grande potenza e deve, come tutte le grandi potenze, essere rispettata. Non possiamo intimidire la Francia. La rispettiamo e non la provochiamo senza conseguenze“, scrive così.

Il ringiovanimento della classe politica francese suona la campana a morto per la rendita commemorativa

Gabriel Attal ne è convinto, è giunto il momento di cambiare. “È ora», ripete come preambolo a un elenco di azioni da intraprendere per ristabilire il rispetto dovuto alla Francia. Quello di cui l’ex primo ministro chiede di sbarazzarsi prima è “processi di colpevolezza e rendita commemorativa“, questa corda sensibile su cui il regime di Algeri cerca costantemente di giocare, ma anche”strategie di destabilizzazione», intrapresa dai gerarchi di Algeri in suolo francese.

E “manipolazioni ed eccessi» se queste ultime erano possibili fino ad ora in Francia, non sarà più così, ritiene Gabriel Attal, perché, ricorda, un’intera generazione di leader politici ed economici, «la mia generazione», precisa Attal, accede gradualmente alle responsabilità, con, a differenza dei suoi maggiori, il fatto di non aver vissuto «Algeria francese, guerra d’Algeria o decolonizzazione».

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In questo ringiovanimento della classe politica francese di fronte a un regime costretto a letto che opera attraverso il ricatto, Gabriel Attal vede quindi “un’opportunità storica per stabilire un rapporto normale e imparziale“. La chiave di questo nuovo rapporto franco-algerino è il rispetto reciproco, chiede l’ex primo ministro.

In un momento di fermezza, le misure necessarie

Oltre al rispetto dovuto alla Francia che deve essere ripristinato, Gabriel Attal dimentica tuttavia gli interessi economici e strategici del paese che costituiscono una dimensione essenziale delle relazioni franco-algerine. Per difenderli è essenziale la fermezza, che per essere applicata deve esprimersi in diverse misure emergenziali da adottare.

«La prima emergenza è avere il coraggio di denunciare l’accordo franco-algerino del 1968“, annuncia Gabriel Attal, unendosi così al parere di Bruno Retaillaud, ministro degli Interni, o a quello dell’ex primo ministro Edouard Philippe, per citare solo alcuni tra i tanti funzionari francesi che chiedono la rimozione di questo accordo sull’immigrazione,che aveva senso nel contesto della decolonizzazione e ha portato benefici a entrambi i nostri paesi».

Perché denunciare innanzitutto questo accordo al quale il regime di Algeri si aggrappa con le unghie e con i denti? Perché per Gabriel Attal questo accordo è “diventare un vero e proprio canale di immigrazione, consentendo il ricongiungimento familiare e l’insediamento delle persone, senza che queste debbano nemmeno conoscere la nostra lingua o mostrare la loro integrazione“. Senza contare, aggiunge, che “rende praticamente impossibile revocare il permesso di soggiorno ai cittadini algerini, anche per motivi di ordine pubblico“. Una situazione”ingiusto verso gli altri paesi e ingiustificabile verso i francesi», conclude l’ex premier.

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E Gabriel Attal non si ferma qui, invocando anche”ridurre il numero dei visti concessi», in risposta a questo Paese che “concede ancora meno di un lasciapassare consolare su dieci secondo l’OQTF“. Attal vede in questa riduzione del numero dei visti il ​​mezzo di pressione adeguato per ottenere una reazione da parte delle autorità algerine.

Alla fine, determinato a colpire dove fa male, Gabriel Attal crede che sia giunto il momento di “ritornare a un principio di buon senso: quando non rispettiamo la Francia, non beneficiamo della Francia“. Pertanto, l’efficacia di queste misure sarà pienamente efficace solo penalizzando”gerarchi che beneficiano della nostra generosità» e, per farlo, ritornare ad un accordo del 2007 che permette a tutti i titolari di passaporti diplomatici algerini di venire e viaggiare liberamente e senza costrizioni in Francia. Risultato di questa generosità, ricorda Attal, “è aperta la strada ai dignitari algerini, che disprezzano il nostro Paese, per correre lì per viaggiare o farsi curare, lasciandosi alle spalle un debito ospedaliero da ripagare».

Altre carte, infine, sono ancora da giocare secondo Gabriel Attal che considera così l’utilizzo, come mezzo di pressione, di “l’arma commerciale”, con l’obiettivo, a livello europeo, di aumentare le tariffe doganali con l’Algeria.

Alla base dell’attuazione di queste misure di emergenza, “una relazione diplomatica riequilibrata, che rispetti le nostre leggi, i nostri confini, i nostri interessi economici e strategici. Che rispetta i nostri due popoli perché aspirano solo a vivere in pace».

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