L’
anno scorso a Varsavia, e c’era l’Atalanta, quest’anno a Udine. Dove l’Atalanta ci sarà comunque in questo secondo sabato del 2025 ma a cercare tre punti fondamentali per restare in vetta. E lo farà proprio nello stadio appena designato come sede della prossima Supercoppa europea ad agosto, la numero 50 della storia: una scelta anche abbastanza sorprendente considerato che quello friulano ha una capienza abbastanza limitata, poco più di 25mila posti, ma che premia sicuramente la serietà di una società capace di mettere mano al proprio impianto, farne una casa solo per il calcio e modernizzarlo il giusto. In Italia solo l’Atalanta ha fatto altrettanto, la Juve ha invece fatto tabula rasa del “Delle Alpi” (che facciamo fatica a definire vecchio visto che è di fine anni ’80, diciamo semplicemente sbagliato dal punto di vista concettuale) per poter poi costruirci sopra la sua nuova casa. Oggettivamente bella. Come ordine di difficoltà l’intervento di casa nostra è stato di gran lunga il più complesso, stante i vincoli architettonici su un impianto del 1928 con annessi e connessi. Di certo la necessità di conservare la facciata della fu Giulio Cesare ha impedito uno sviluppo più armonico dell’impianto e in parte penalizzato la sua fruibilità. A Torino zero problemi vista la giovane età del precedente stadio, a Udine nemmeno visto che la struttura è dei primi anni ’70 come progettazione e della seconda metà come realizzazione. In tutti gli altri stadi d’Italia siamo a livello dei prodromi delle premesse, da Bologna a Cagliari passando per Parma e Verona per fare qualche esempio. Dove i lavori sono cominciati sono arrivate a braccetto le brutte sorprese e le conseguenti incertezze su tempi, modi e costi, vedi Firenze. A Milano si brancola nel buio sul futuro di San Siro o di un eventuale nuovo impianto, a Roma il progetto su Pietralata è atteso a settimane (ma è così da mesi…) mentre Lotito ogni tanto butta giù qualche idea sul fu Flaminio.
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