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I primi anni di Jackson Pollock, mentre lavorava sull’ossessione di Picasso

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«La lupa» (1943), di Jackson Pollock. FONDAZIONE POLLOCK-KRASNER / ADAGP, PARIGI 2024

Secondo il pittore Lee Krasner (1908-1984), compagno di Jackson Pollock (1912-1956), un giorno, intorno al 1942-1943, disse: “Maledetto Picasso!” Ogni volta che sento che sto arrivando da qualche parte, mi rendo conto che quel bastardo è arrivato prima di me. » Ora ecco Pollock invitato a questo “bastardo” e, inoltre, per i suoi primi anni, fino al 1947: periodo in cui Pablo Picasso (1881-1973) fu il suo costante nutrimento e tormento. Il viaggio inizia quindi con il confronto delle opere su carta di entrambi che mostrano, attraverso la loro vicinanza, la forza dell’ossessione picassiana del giovane americano. Lo scopo della mostra è mostrare come quest’ultimo se ne estrae poco a poco, fino a diventarne il pittore gocciolamenticoreografie di linee di colore collocate sulla tela appoggiata a terra.

Sono riuniti una quarantina dei suoi dipinti, il che è notevole perché la difficoltà di ottenere il prestito delle sue opere è direttamente proporzionale alla sua fama e al suo valore economico, entrambi molto elevati, poiché Pollock è stato elevato al rango di artista americano. eroe . A ciò si aggiungono circa il doppio dei disegni e alcune opere di confronto, tra cui un ammirevole Arshile Gorky del 1936-1937 e una non meno interessante Janet Sobel del 1943. Il tutto costituisce una mostra di qualità, organizzata in ordine cronologico. Avremmo fatto a meno di una grande stanza con le pareti nere, ma il colore di Pollock è abbastanza forte da resistere. Risalta oggi, come lo è stato per coloro che hanno assistito alla fuga di Pollock dai riferimenti di cui era prigioniero.

Nella sua testa, nei suoi sogni, nelle sue dita

Picasso era quindi ovunque fino al 1943 circa, soprattutto nei disegni, negli inchiostri e nelle matite. Pollock lo conosce molto presto e molto bene. Vide le sue opere in mostre, tra cui la retrospettiva “Picasso: Forty Years of His Art”, al MoMA di New York, inaugurata nel novembre 1939, che ne riunì 364 e che fu preceduta, a maggio, da una presentazione di Guernica (1937) in una galleria di New York. Li vede in collezioni private e in riviste che arrivano da Parigi, Quaderni d’arte et Minotauro. Ascoltò il suo amico e mentore John Graham (1886-1961) parlarne. Risultato di questa overdose: anche quando disegna nel modo più automatico possibile per lo psichiatra junghiano dal quale si rivolge nel 1939 per cercare di porre fine al suo alcolismo e al suo malessere, crea Picasso, Guernica. Ce l’ha nella testa, nei suoi sogni, nelle sue dita. Frammenti di corride, parti di corpi, teste urlanti, mostri metà bestia e metà uomo, grandi occhi sbarrati: non smetteremmo mai di individuare le citazioni.

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