Morte di Françoise Choay, teorica dell’architettura, del patrimonio e della città

Morte di Françoise Choay, teorica dell’architettura, del patrimonio e della città
Morte di Françoise Choay, teorica dell’architettura, del patrimonio e della città
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Françoise Choay, a Parigi, nel 2017. DIDIER GOUPY / FIRME

Françoise Choay ha vissuto un secolo di “rumore e furore” prendendo posizione nel campo, poco aperto alle donne, dell’architettura, dell’urbanistica e del patrimonio. Nato il 29 marzo 1925, il giornalista, critico d’architettura e d’arte (in lOcchio, La revisione estetica, Prova, Critica, Pianificazione urbana…), professore, teorico, traduttore ed editore, è morto l’8 gennaio a Parigi.

I suoi contributi sono considerevoli in molti ambiti e ancora troppo poco conosciuti. È a lei che dobbiamo, in particolare, la formula di “gabbie per conigli”utilizzato per la prima volta in Osservatore della Francia nel giugno 1959, per designare i grandi complessi. Avrà anche sviluppato un certo numero di nozioni strutturanti, tra cui “il regno dell’urbano”, la denuncia del “connection urbanism”, il rifiuto della “musealizzazione del patrimonio”, la critica della “rivoluzione elettrotelematica”. Era adorata dai suoi alunni, rispettata dai suoi coetanei e temuta da molti, come ogni persona esigente.

Françoise Choay eccelleva, come testimoniano le sue opere: La Regola e il modello. Sulla teoria dell’architettura e dell’urbanistica (1980), L’Allegoria del Patrimonio (1992), La Terra che sta morendo (2011). Nata da una famiglia benestante e colta, ebrea protestante ed repubblicana, ebbe due zie illustri, la giornalista e femminista Louise Weiss (1893-1983) nonché la pediatra e psicoanalista Jenny Aubry (1903-1987). Durante la guerra, Françoise si unì alla madre nella macchia mediterranea da lei guidata, mentre suo padre, avvocato, fu attivo a Parigi contro il regime di Vichy e divenne, alla Liberazione, prefetto dell’Hérault.

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