l’essenziale
Morad Cherchari, giornalista fotografo e artista nell’animo, e Annie T. Lormonth, fotografa visiva, espongono fino al 31 gennaio ai Montreurs d’images i loro diari di viaggio e linguaggi provenienti da altri luoghi. Emozioni e parolacce tradotte in immagini. Due serie molto belle intitolate “Moments prolongés” e “Enguirlander”.
Le immagini della serie “Prolonged Moments” del nostro collega Morad Cherchari, giornalista del gruppo Dépêche du Midi e fotografo itinerante, rivelano vibrazioni argentate per le quali la luce non era sempre offerta, ma casuale, crepuscolare, ai limiti della notte.
Catturate in condizioni di scarsa illuminazione, catturate a bassa velocità, queste fotografie ci offrono poi fibrillazioni cromatiche, vibranti, racchiudendo al loro interno ciò che resta segreto nelle piccole luci del giorno. Tante le luminose reminiscenze delle sue peregrinazioni dal 1991 al 1998 in Pakistan, Nepal e soprattutto in India. A Calcutta, Agra, Lahore, Bombay, Srinagar nel Kashmir, Kerala e Dharamshala. “Un giorno la mia macchina fotografica si è bloccata, la velocità era troppo lenta, non c’era abbastanza luce”, confida come punto di partenza di questo esperimento. Ma da questo incidente, una volta sviluppata la pellicola, sono emerse alcune immagini interessanti che lo hanno incoraggiato “a superare i limiti della pellicola, attraverso pause lunghe che ne hanno cambiato il cromatismo”.
Armato di una Minolta 300, poi 500 e 700 durante i suoi viaggi, “sempre una macchina fotografica a portata di mano”, lavora su pellicola e i personaggi rimangono cruciali nella sua ricerca fotografica. “Mi muovo contemporaneamente al soggetto, lo seguo o resto fermo. A volte la luce è sovrapposta in più punti”, creando una sfocatura abilmente estetica. “Ho quindi scansionato le mie diapositive a colori. Ogni fotografia racconta una storia al volo. Il soggetto è anche immancabilmente il colore che si impone al mio sguardo e il blu della prima serata che sovraespongo un po’”. Ama il tramonto, l’ora blu, l’atmosfera tra cane e lupo, immortalando per questa serie di 22 opere, una spiaggia del Kerala, le reti cinesi dei pescatori, i monaci tibetani che tengono nelle loro mani preziosi come offerte, le lettere di posta AIR ricevute da famiglie sulla remota collina di McLeod Ganj nel distretto di Kangra… La serie è un’ode al malva, al blu notte, al rosso robbia con una portata onirica.
Questo fotografo che racconta immagini nella vita, apporta valore aggiunto attraverso il prisma della sua sensibilità artistica a un “reportage sempre insolito”, afferma, avendo occhio per i dettagli, la poesia delle cose, i riflessi, dando forza, bellezza e grazia all’immagine. immagini. È anche un amante della Garonna e della passerella catturata da ogni angolazione nel giorno che tramonta o sotto il sole cocente. Ha esposto alla Florida, al Martrou per Exposante Fixe, all’Odac, all’Artothèque e nell’ambito del laboratorio Photapie. Anche i viaggi in Libano, Norvegia, Algeria, Marocco, Capo Verde e Portogallo sono stati fonti di storie fotografiche.
Parolacce illuminate, fotografate e colorate
Dopo aver presieduto otto edizioni dei “Rendez-vous Photographiques d’Agen”, una serie di mostre sparse per la città tra cui la cappella Martrou, Annie T. Lormonth ha firmato una mostra “L’essere della mia macchina” a Les Montreurs nel gennaio 2024 . Fotografie in bianco e nero catturate dalla sua Leica, con l’unico oggetto che diventa il “soggetto principale”, la sua macchina da scrivere Brunsviga.
Questa volta, l’artista di Passage, che ha incontrato Dieuzaide allo Château d’eau di Tolosa, riporta dai suoi viaggi nella camera oscura una raccolta di insulti internazionali. “Che provengano dall’Albania, dalla Corea del Sud o dal paese Zulu, le parolacce formano una poetica di maleducazione che getta scintille esplosive nelle nostre lingue legate. A questi proletari del discorso, dice, offro un’illuminazione di distinzione. Ghirlande natalizie che formano sotto le sue dita le parole “fiori” che illuminano per gli scatti in bianco e nero, prima di colorare le foto con pastelli a olio. I supporti (carta, tessuto, ecc.) delle parole sono sempre legati al paese del giuramento e la serie si chiama “enguirlander”. “Il tentativo era di accentuare il contrasto tra il contenuto del messaggio non proprio carino derivato da “fuck” in diverse lingue e la sua resa gonfia, addirittura rococò. C’è anche il tentativo di far diventare una parola un’immagine. Svolgo ricerche in ambito linguistico e amo la lingua verde”.
Dal 9 al 31 gennaio al bar Montreurs – Ingresso gratuito