I forti impegni che caratterizzarono i legami tra il Fnac e la fotografia – opere e artisti – segnano da decenni la società francese. Dal 1966, dopo aver consentito ai dilettanti di prendere in mano una macchina fotografica, la Fnac trasforma i suoi negozi in gallerie espositive, rafforzando ulteriormente la democratizzazione della fotografia.
A testimoniare questo particolarissimo rapporto tra la Fnac e la fotografia, un libro di 300 pagine “Saluti. Un secolo di fotografia, da Brassaï a Martin Parr. Capolavori della collezione Fnac” edito da Gallimard, che mette in evidenza 250 immagini di Berenice Abbott, Robert Capa, Henry Clarke, Philippe Halsman, André Kertész, William Klein, Inge Morath, Man Ray… sotto la direzione di Quentin Bajac.
Queste opere sono state scelte tra le 1.800 fotografie della collezione Fnac. Questo insieme unico è stato affidato per la conservazione, nel 2014, al museo Nicéphore Niépce di Chalon-sur-Saône.
Laura Serani scritto:
Saluti, pubblicato in occasione del settantesimo anniversario della Fnac, ricorda il ruolo pionieristico che la Fnac ha svolto, attraverso le sue gallerie fotografiche e una delle prime collezioni private dedicate, nella diffusione e nel riconoscimento della fotografia in Francia, per più di trent'anni.
Se l'invito a scrivere un testo per questo libro mi ha fatto molto piacere, i due aggettivi che specificano “breve e personale” mi hanno un po' spaventato, il primo per la difficoltà di riassumere un'esperienza così importante come quella della Fnac, il secondo per la carattere personale della mia storia con la Fnac e con la raccolta, di cui finora non ho mai scritto.
L'impresa doveva rivelarsi ancora più ardua, ma… ecco la storia.
All'origine della Fnac due amici, brillanti e visionari, André Essel e Max Theret che si dichiararono trotskisti senza imbarazzo mentre si lanciavano in un originale sistema di vendita di elettrodomestici e macchine fotografiche.
All'inizio del boom economico difendevano il diritto di tutti ai beni di consumo e alla cultura, mentre altri, con la creazione del Club Med, difendevano l'accesso per tutti alle vacanze in luoghi da sogno.
Era un'epoca che permetteva successi e utopie, commistioni disinibite, progetti generosi e ambiziosi, che lasciavano grande libertà e spazio alla fantasia.
È questo spirito, rimasto a lungo alla base della Fnac, che mi ha conquistato al punto da farmi restare per più di vent'anni, mentre quando sono arrivato alle Gallerie Fotografiche, nel maggio del 1983, pensavo di commuovermi lontano dal mio corso orientato alla letteratura e al cinema, giusto il tempo per un lavoro estivo.
1983, la partenza di André Essel, il fondatore, coincide con quella di Gjl Mijangos, altra figura leggendaria della casa Fnac, ideatore dopo Jacques Cherix della brillante idea di installare gallerie fotografiche nei negozi e di aiutare i fotografi acquistando da loro le stampe a un prezzo conveniente. tempo in cui l’idea di “collezionismo” non era molto diffusa. A quel tempo, il dipartimento delle comunicazioni fu riorganizzato; un giovanissimo, François Hébel, assume la direzione delle Gallerie accompagnato per due settimane da Claude Nori, anch'egli pioniere dell'editoria. È in fase di creazione una posizione di assistente. Per nulla intimoriti dalla mia inesperienza, hanno accettato la mia candidatura e mi sono ritrovato a lavorare per la prima volta in un ufficio, in un'azienda dall'identità molto particolare, al loro fianco. Claude Nori dovette ritornare molto presto alla sua casa editrice, retroilluminazione, e François Hébel, dopo progetti noti come Precipita e il lancio di una collezione di cofanetti/cataloghi di mostre – tra gli altri di Erwin Blumenfeld, David Bailey o dell'Agenzia Sipa – sarà chiamato, due anni dopo, da Lucien Clergue a dirigere i Rencontres d'Arles. Così in breve tempo mi ritrovai a capo di un dipartimento che, all’epoca, ricopriva un ruolo abbastanza unico, con un proliferare di mostre ed eventi attorno alla fotografia, inizialmente nelle grandi città poi in tutta la Francia, Europa e altrove. Il mio primo giorno di lavoro è iniziato alla Fnac Montparnasse con Edouard Boubat, per l'allestimento della sua mostra; la sua discrezione, i suoi modi signorili e la sua dolcezza, pari a quella delle sue immagini, hanno senza dubbio segnato le mie prime impressioni e il resto del racconto.
Possiamo dire che io e la Fnac siamo cresciuti insieme… In una sorta di comunità, con grandi personaggi del secolo scorso, che spesso sono diventati amici, come Cartier-Bresson, Martine Franck, Inge Morath, Ronis, Riboud, Burri, Klein, Jean-François Bauret, Sabine Weiss, Larry Fink, Sarah Moon, Malick Sidibé, Plossu, Depardon o Salgado… con i quali ho imparato molto, a livello professionale e umano; con altri amici come Paulo Nozolino, Gérard Rondeau, Max Pam, Stephane Duroy, Machiel Botman… abbiamo vissuto insieme l'evoluzione della fotografia e della scena fotografica, condiviso domande, cercato nuove risposte. Con lo sviluppo della Fnac e il passaggio da cinque a centocinque negozi, in Europa poi in Brasile e in Asia, gli orizzonti si allargano presto.
Agli inizi degli anni 2000, con un team di una decina di persone, entusiasta e talentuoso, con sede a Parigi, progettavamo e realizzavamo cinquanta nuove mostre ogni anno, che giravano ogni due mesi in tutte le gallerie, avvalendoci dei responsabili della comunicazione di ogni negozio, nonché una rivista audiovisiva Sequenza Fnac dedicato alle arti visive, ai cortometraggi e alla musica.
Mostre di artisti riconosciuti, come Brassai, Berenice Abbot, Man Ray, Duane Michals, si alternavano nelle gallerie – in uno spazio non sempre ideale – con quelle di artisti importanti ma non ancora molto conosciuti in Francia come Ugo Mulas, Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Chris Killip, o con le prime mostre di fotografi africani come Seydou Keïta, Malick Sidibé, Samuel Fosso, Santu Mofokeng, o dell'America Latina, come Sergio Larrain e Alberto Korda, del Medio Oriente con Malekeh Nayiny e Shirin Neshat ma anche artisti di altri mondi, come Pedro Almodovar, Wim Wenders, Allen Ginsberg, Jonas Mekas, Stanley Kubrick, oltre a giovani fotografi.
Se qui parlo tanto delle mostre è perché senza di esse è impossibile parlare della Collezione.
La Collezione nasce come memoria e specchio delle mostre temporanee presentate nel tempo nelle gallerie. Nato negli anni '70, si è sviluppato notevolmente negli anni '90 e 2000. La varietà degli scritti e dei temi trattati corrisponde alla scelta di restaurare lo stato della creazione oltre a testimoniare lo stato del mondo, da qui, ad esempio, a presenza significativa della fotografia documentaria e del fotogiornalismo, genere che altrove sulle pareti trovava poco o nessun posto.
Durante i vent'anni in cui ho gestito mostre e acquisizioni, è emersa una linea editoriale in cui ogni immagine è stata scelta come testimonianza documentaria o atto poetico, come espressione delle preoccupazioni del mondo e del linguaggio fotografico in un dato momento, per la sua messaggi o dalle sue metafore, dalle emozioni o dai ricordi che potrebbe suscitare. Come il programma delle mostre, la collezione si è costituita in modo naturale, guidata dalla mia curiosità e dai miei eclettici centri di interesse, letteratura, musica, cinema, temi sociali, senza confini tra le discipline e sempre con uno sguardo focalizzato verso l'altrove e le altre realtà.
Frequentata da un pubblico ampio ed eterogeneo, la Fnac ha così svolto il ruolo di un vero e proprio media che ha permesso di sensibilizzare clienti e visitatori tanto sui temi culturali quanto su quelli sociali: la situazione degli ospedali psichiatrici in Europa, la prima ondata di AIDS , la povertà, la sicurezza stradale, le realtà delle periferie, i ripetuti conflitti in Medio Oriente, la complessità dell'Africa…
Ad ogni cambio di proprietà, sotto ogni “regno”, lo spirito e la generosità dei fondatori sono rimasti i principi della politica fotografica. Dopo André Essel, le Coop, poi la Gmf – con la creazione della Fondazione Fnac che ha permesso di sostenere grandi progetti, come quello serale Roccia e foto O Album immaginari ai Rencontres d'Arles o al Mois de la photo a Parigi — e poi PPR, con l'attenzione e la sensibilità di François Pinault e François-Henri Pinault verso la collezione, che ha consentito un numero significativo di acquisizioni.
Avevamo lo spazio e la libertà di “fare cultura” in autonomia e spesso nonostante obiettivi commerciali, con un'ampia area dedicata a gallerie fotografiche e forum proprio nel cuore dei negozi. A volte la pubblicazione di un libro coincideva con una mostra, nell'interesse dei suoi autori quanto della Fnac, ma la stragrande maggioranza delle mostre erano il risultato di progetti originali, fossero essi quelli di Berenice Abbott, di Man Ray, Allen Ginsberg o progetto avviato con MSF e Reporter Senza Frontiere per inviare Yann Morvan e Reza in Burundi e Ruanda per testimoniare il genocidio in corso in una mostra e in un giornale pubblicati d'urgenza, mentre la stampa francese non ne parlava quasi.
La collezione riunisce tutte queste storie, capolavori e testimonianze del nostro tempo. Storie di incontri, come l'amicizia con Gilberte Brassai che, con una donazione, lasciò alla Collezione le ottanta stampe della mostra di Brassai della notte che aveva vinto il Premio del Pubblico durante il Mese della Fotografia del 1988; o con Lucien Treillard, che negli anni ’90 donò le due mostre di Man Ray della sua collezione, presentate insieme alla Fnac, o Benedict Fernandez che lasciò in eredità un numero significativo di stampe, testimonianze preziose delle lotte negli USA per i diritti civili e contro la guerra del Vietnam.
Le immagini che costituiscono la collezione sono, per la maggior parte, acquisizioni parallele alla produzione delle mostre, piuttosto che annate. Si tratta di stampe moderne, prodotte sotto il controllo degli autori o dei loro beneficiari, firmate o autenticate ma non numerate. Questo pregiudizio corrisponde da un lato alla realtà della fotografia dominante all'epoca, ampiamente rappresentata nella collezione, secondo la filosofia di Henri Cartier-Bresson sostenitrice del principio della riproducibilità dell'opera, ma anche alla scelta di essere in grado di acquisire un maggior numero di immagini in una logica didattica e di divulgazione della fotografia, piuttosto che in un'ottica patrimoniale o speculativa, lontana dai criteri del mercato dell'arte.
Nel 2004, in occasione del cinquantesimo anniversario della Fnac, abbiamo pubblicato il libro La fotografia tra storia e poesia, titolo suggerito da Gabriele Mazzotta, grande editore d'arte italiano, che ben rispecchiava lo spirito della raccolta. Allo stesso tempo, una mostra nella sala degli uomini d'armi della Conciergerie di Parigi raccontava la storia del secolo in quattrocento immagini, e una mostra, sulle porte del Jardin du Luxembourg, presentava un centinaio di fotografie che segnavano la storia della fotografia del XX secoloe secolo. Vent’anni dopo, è un piacere rivedere la Collezione fruibile al grande pubblico grazie a questo bel libro, agli eventi in programma a Parigi in autunno e alla mostra che la Fnac mi ha affidato di curare, per la quale ho proposto una selezione tematica sotto il titolo Il secolo delle vacanze. La preparazione di questo progetto, presentato a Deauville in occasione del Festival Planches Contact, mi ha permesso di immergermi in questa collezione che ha risvegliato tanti ricordi e che, spero, susciterà tante riscoperte e sorprese tra i visitatori e le emozioni. Buon viaggio attraverso le immagini.
Laura Serani
“Sembra. Un secolo di fotografia, da Brassaï a Martin Parr. Capolavori dalla collezione Fnac. »
sotto la direzione di Quentin Bajac, pubblicato da Gallimard.
262 x 290 mm, 304 pagine, 250 illustrazioni.
ISBN 207310066X
45 €
https://www.fnac.com/a20755604/Quentin-Bajac-Regards-Un-siecle-de-photographie-de-Brassai-a-Martin-Parr