Chiaramente, misurare la velocità di espansione dell’Universo è un mistero che gli astrofisici non sanno risolvere. Questo effettivamente cresce in tutte le direzioni e ovunque allo stesso tempo, anche se, poiché la gravità fa il suo lavoro localmente, questa espansione non è notevole. Storicamente questa scoperta è stata attribuita all’astronomo Edwin Hubble nel 1929. Ma seguendo come i cosmologi (fisici specializzati nella struttura e nella storia del cosmo) misurano questa velocità grazie alle loro osservazioni, i risultati divergono, da qui una “tensione di Hubble”. E agli scienziati questo non piace… per niente!
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Non è più una semplice “tensione”, è una crisi
Qualche settimana fa vi abbiamo presentato le misurazioni del telescopio spaziale James-Webb che hanno confermato quelle del suo omologo Hubble, e quindi la cosiddetta “tensione di Hubble”. Un nuovo studio oggi chiarisce il punto, lo annuncia il suo autore principale Dan Scolnic “La tensione ora si sta trasformando in crisi“. Il suo coautore non manca di dare una certa credibilità a questa affermazione poiché si tratta di Adam Riess, Premio Nobel per la fisica 2011 per la scoperta dell’accelerazione dell’espansione, appunto. Vediamo perché, e soprattutto come, sono arrivati alla conclusione che la cosmologia è in crisi.
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La velocità di espansione – che in realtà è più una velocità che una velocità fisica reale – ci dice fondamentalmente che ogni “X” chilometri, lo spazio stesso cresce di “Z” metri. Si chiama costante di Hubble e viene indicata con H0. Tuttavia, per misurare questa espansione, abbiamo bisogno di parametri di riferimento, una sorta di scala cosmica. Furono così effettuate le primissime misurazioni utilizzando stelle di cui si conosce la luminosità assoluta, le “Cefeidi”, ma i risultati non furono molto precisi. Poi abbiamo utilizzato le supernovae (tipo 1a), queste esplosioni di stelle perfettamente calibrate, la cui luminosità massima è sempre rigorosamente identica.
Una scala cosmica di 320 milioni di anni luce in mezzo a 1000 galassie
Il team dietro il nuovo studio voleva adottare la scala cosmica più precisa e neutrale possibile. Ha quindi utilizzato il lavoro di un gruppo indipendente, DESI, noto per scansionare fino a 100.000 galassie in una sola notte. L’ammasso di galassie all’interno del quale sono state effettuate le misurazioni è chiamato Coma, o Capelli di Berenice.
In precedenza, le misurazioni effettuate dai telescopi spaziali e quelle effettuate sull’immagine più antica che abbiamo dell’Universo, chiamata Fondo Cosmico a Microonde (CMB), divergevano dell’8% rispetto ai metodi menzionati in precedenza. Era già troppo considerare che il problema non fosse grave.
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La misurazione FDC indica un’espansione di 67 chilometri al secondo per megaparsec (km/s/Mpc), dove un megaparsec equivale a circa 3,26 milioni di anni luce. Quella effettuata dai telescopi spaziali e basata sulle supernove dà circa 73 km/s/Mpc, mentre la stima dell’ultimo studio DESI dà 76,05, addirittura 76,5 km/s/Mpc, ovvero una deviazione dal 13 al 14% rispetto alla FDC , troppo significativo per essere rifiutato in nome delle incertezze di misurazione.
La dinamica dell’Universo in parte ci sfugge
Qualcosa non va. Le nostre teorie, in mente il modello cosmologico standard, sono disfunzionali? O ancora più emozionante, esiste una fisica che ci sfugge completamente? Perché dobbiamo riconoscere che l’intera dinamica dell’Universo pone oggi un problema, quello della materia con la misteriosa materia oscura e quello dello spazio-tempo con la sua espansione, perfino la sua accelerazione attribuita all’enigmatica energia oscura. Molti team stanno cercando di capirlo meglio, compresi quelli della collaborazione Euclid (ESA) i cui risultati dovrebbero arrivare nei prossimi mesi. Esistono anche diversi approcci su cosa possa essere l’energia oscura.
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