– Il cambiamento globale nell’invecchiamento
La rubrica del lunedì di Marian Stepczynski.
Marian Stepczynski
Pubblicato oggi alle 9:51
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In precedenza, ad esempio negli anni Cinquanta, la maggior parte dei paesi aveva avuto una tregua di circa sessant’anni prima di passare dalla fase di invecchiamento demografico a quella di popolazione anziana permanente. Ora, se dobbiamo credere all’OMS, molti di loro possono contare solo su circa vent’anni*.
Già nel 2020 l’ONU aveva riferito che, per la prima volta nella storia, il numero delle persone di 60 anni e più aveva superato quello dei bambini sotto i cinque anni. E si prevede che questa cifra raddoppierà entro il 2050 arrivando a quasi 2,1 miliardi. Al di là delle cifre, che di per sé non dicono molto, sono le conseguenze economiche e sociali del fenomeno a preoccupare. Considerate nel complesso, queste conseguenze probabilmente non sono né buone né cattive, ma hanno comunque effetti macroeconomici profondi e significativi, in quanto influenzeranno la produttività, la distribuzione del reddito tra lavoro e capitale da un lato, e la sua condivisione tra patrimonio e pensionati dall’altro. . Il tema è inoltre sufficientemente importante perché l’Ufficio federale di statistica gli dedichi un vasto dossier dal titolo «Invecchiamento in Svizzera»**.
Più proattiva, si direbbe oggi, l’OCSE ha appena pubblicato un documento di lavoro intitolato “Migliorare la produttività e la crescita in una società che invecchia: meccanismi chiave e opzioni politiche”***.
Attraverso una di queste deviazioni di cui gli esperti di macroeconomia hanno il segreto, è l’impatto dell’invecchiamento sul tasso di interesse, questa variabile centrale del funzionamento economico, ad attirare l’attenzione qui. Se aumenta, la crescita rallenta, con i conseguenti inconvenienti: disoccupazione, impoverimento, carestia. Al contrario, se lo abbassa, si avranno effetti opposti.
Tuttavia, in termini concreti, e previa verifica empirica, ci sono buone ragioni per aspettarsi che il rialzo dei tassi che sembra iniziato continuerà, non solo per effetto del peggioramento dei disavanzi pubblici (in Francia ma anche altrove), o per gli investimenti resi necessari dalla transizione energetica e ora dagli sforzi bellici, ma anche, e forse soprattutto, per questo passaggio dall’invecchiamento alla vecchiaia, molto semplicemente, che porta ad una diminuzione del risparmio e ad un aumento della il carico fiscale.
Nel suo ultimo studio economico sulla Svizzera (marzo 2024), l’OCSE ha osservato la stessa cosa: “L’invecchiamento crea tensioni di bilancio”. Infine, se dovessimo sostenere il ragionamento, citeremmo il caso del Giappone, il primo al mondo ad essere arrivato alla fase finale della vecchiaia, quella della riduzione della popolazione (iniziata nel 2005), che fatica ancora riconnettersi con la crescita, e non ha altra scelta che aprirsi all’immigrazione per compensare il calo accelerato della sua popolazione attiva, che altrimenti rischia, confermano tutte le simulazioni, di ridursi di un buon quarto da qui al 2050. Avviso a tutti coloro che, altrove nel mondo e anche qui, immaginano di trovare la salvezza nella chiusura delle frontiere ai migranti.
* In particolare nell’Asia del Sud-Est. Cfr. Transizioni da una società che invecchia a una società invecchiata (OMS, Western Pacific Health Data Platform)
** https://www.bfs.admin.ch/bfs/fr/home/statistiques/themes-transversaux/vieillir-suisse.html
*** Migliorare la produttività e la crescita in una società che invecchia: meccanismi chiave e opzioni politiche, documento di lavoro n. 1807
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